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La morte di Carlo Picchiura

Si è spento ieri a Bologna il compagno Carlo Picchiura, nato a Brescia. Militante delle Brigate Rosse fin dall’inizio degli anni’70, era stato arrestato a Padova nel 1975 dopo un conflitto a fuoco con una pattuglia della polizia in cui rimase ucciso un agente.

Una malattia cattiva, la sla, se l’è portato via in pochi mesi. Schivo, quasi timido nei modi, tanto che non sembra possibile trovare una sua foto in Rete, ma dotato di grande determinazione, appassionato naturalista ed etologo, aveva dato un grande contributo al libro Polirica e rivoluzione, uscito nel 1983 dal processo di Torino, firmato – come si usava allora – dai militanti presenti nel processo (Prospero Gallinari, Bruno Seghetti, Francesco Piccioni, Andrea Coi), ma opera collettiva con cui le Br prendevano le distanze teoriche dalle teorie del “Partito Guerriglia”.

Una vita in carcere, anche per lui, che lo aveva visto tornare in libertà solo negli anni ’90, quando una classe politica incapace di chiudere quella stagione con l’unico strumento giuridico all’altezza dello scontro – l’amnistia – scelse di aprire le porte ai prigionieri politici con la “legge Gozzini”; ovvero uno alla volta, in tempi quasi individualizzati, senza alcuna riflessione pubblica

Ciao Carlo, che la terra ti sia lieve.

 

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1 Commento


  • luca

    La vita degli oppressori capitalisti pesa quanto una piuma……a differenza di chi tenta in buona fede e donando la sua intera vita,
    per costruire una piu’ giusta umanita’.

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