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Napoli. Nasce il Laboratorio “Kamo” a Marano

Kamo inforcò la bicicletta. Passò da Attarbertzkov, il capo della Ceca, poi si avviò per la strada di Vejris che scende bruscamente verso il ponte sul Kura. Il ciclista prendeva le curve strette e spingeva sui pedali con tutte le sue forze. Aveva quarant’anni, ma la velocità lo inebriava sempre. L’aria della sera era di una tenerezza materna. La terra era felice di portarlo e gli rideva perché sapeva ancora amarla. Quando l’automobile nera comparve, a fari spenti, né il ciclista né lei cambiarono direzione. Era come se avessero un vecchio appuntamento. Erano le undici di sera. Il sangue sprizzò dalla gola e stillò dalle orecchie. Onde di luce danzavano davanti agli occhi di Kamo. Incomprensibili brusii arrivavano alle sue orecchie. Aveva freddo. L’ospedale Mikhailovskij, ancora una volta. L’ultima. Alle tre del mattino fu la fine. Il 18 luglio 1922 all’estremità di Piazza Erivan, in quel giardino Puskin che aveva risuonato per le esplosioni del leggendario colpo del giugno 1907, le corone si accumulavano. Quella di Lenin diceva semplicemente: “All’indimenticabile Kamo” da “Kamo – L’Uomo di Lenin” 

Kamo era un rivoluzionario bolscevico, un uomo di fiducia di Lenin, che ha dedicato tutta la vita alla causa della liberazione dell’umanità dalla barbarie capitalistica. Ispirandoci alla sua militanza abbiamo deciso di intitolare il nostro Laboratorio Politico proprio a lui, uomo d’azione che seguì sempre il solco tracciato del leninismo. 

Siamo un collettivo di Compagni che vivono nella periferia a nord di Napoli, un’area devastata da inquinamento e disagio sociale. Stato, padroni e camorra ci rubano la vita per i loro profitti. Palazzoni di cemento (frutto di anni di speculazione edilizia) tolgono l’aria, discariche (abusive e non), inceneritori, sfruttamento, disoccupazione, nessun servizio sociale e mancanza di qualsiasi prospettiva. Il proletariato, che vive sul nostro territorio, affronta quotidianamente tutto questo. 
Abbiamo deciso di fondare il Laboratorio Politico Kamo proprio per combattere questa situazione, per organizzare la rabbia e per cercare di iniziare processi ricompositivi (sia dei rivoluzionari che della classe). Veniamo tutti da esperienze di militanza diverse ma siamo tutti convinti che non è più il momento di aspettare, che i dubbi e i tentennamenti vadano lasciati alle spalle e che nessuno possa tirarsi indietro e non fare la propria parte nella battaglia contro questa società. Non è facile ma bisogna organizzarsi, scontrandosi con padroni e repressione, e lottare per un mondo diverso; un mondo dove si produca non per il profitto di qualcuno, ma per soddisfare i bisogni dell’umanità, un mondo senza classi, senza sfruttamento, senza miseria né galere. 
Legare il lavoro territoriale di aggregazione e conflitto con un lavoro più generale di aggressione alla principale contraddizione di questo sistema che per noi resta quella tra capitale e lavoro è fondamentale ed è quello che abbiamo provato a fare, nel nostro piccolo, in questi primi mesi di vita. Provando a superare i nostri limiti continueremo a muoverci in questa direzione. Tutto questo, però, non può bastare! Avvertiamo l’esigenza di un’organizzazione rivoluzionaria degna di questo nome, capace di rappresentare realmente gli interessi della classe. Infatti, nonostante il buon lavoro militante di diverse strutture e di tanti compagni è innegabile che vi sia una dispersione di forze, di energie intellettuali e spesso una sovrapposizione degli ambiti di lavoro e delle iniziative, che favoriscono solo la controparte. Per evitare ogni tipo di equivoco, ci teniamo a precisare che noi non ci sentiamo né l’organizzazione futura né tanto meno il suo embrione. Semplicemente vogliamo dare un contributo alla sua costruzione rifuggendo da logiche settarie e da “gruppettino”. 

Naturalmente siamo consapevoli che questo processo non può essere costruito a tavolino ma che va sviluppato mettendo in piedi percorsi di lotta e di conflitto sociale. Non è semplice ma riteniamo che sia l’unica strada percorribile se vogliamo provare a mettere in piedi un’opzione politica capace di rispondere all’attacco padronale e di rilanciare un’offensiva che miri ad abbattere il sistema capitalistico.

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