Sono migliaia gli agricoltori e allevatori chiamati dalla Coldiretti che dalle prime ore della mattina, hanno invaso la frontiera del Brennero tra Italia e Austria per la mobilitazione “La battaglia di Natale: scegli l’Italia”. L’obiettivo dichiarato è quello di difendere il settore dalle importazioni di bassa qualità spacciate come italiane. Nell’area di parcheggio “Brennero” al km 1 dell’autostrada del Brennero – direzione sud (Austria-Italia) scelta come campo base della protesta, con tanto di megatenda per preparare pasti e bevande calde, ci sono trattori e decine di pullman che nella notte hanno portato al valico gli imprenditori agricoli provenienti da tutta Italia. Gli allevatori si sono schierati attorno al tracciato stradale e hanno iniziato a fermare i camion per sapere quale merce arriva e dove va a finire. La proposta è quella della etichettatura obbligatoria per tutti i prodotti alimentari. Gli striscioni sono piuttosto espliciti: “615mila maiali in meno in Italia grazie alle importazioni alla diossina dalla Germania”, “1 mozzarella su 4 è senza latte”, “Il falso prosciutto italiano ha fatto perdere il 10% dei posti di lavoro”, “Fuori i nomi di chi fa i formaggi con caseine e cagliate”. Quasi un terzo della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio Made in Italy, contiene materie prime provenienti da altri paesi. La Coldiretti ha elaborato per l’occasione un dossier. “Gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali – denuncia il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo – riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani ma fatti con maiali allevati all’estero. Inoltre tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro sono stranieri senza indicazione in etichetta; oltre un terzo della pasta è ottenuta da grano non coltivato in Italia e la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere”. La presenza di ingredienti stranieri nei prodotti alimentari realizzati in Italia – spiega Coldiretti – è dovuta alla ricerca del rifornimento a basso costo e senza preoccupazioni per le conseguenze sulla salute: perciò finisce nel piatto dal concentrato di pomodoro cinese all’olio di oliva tunisino, dal riso vietnamita al miele cinese. Solo nell’ultimo anno – cita tra i vari esempi l’organizzazione agricola – sono scomparsi in Italia 615mila maiali per lasciare spazio alle importazioni di carne di bassa qualità dall’estero. “E’ anche necessario – conclude il presidente Moncalvo nel richiedere la completa attuazione delle leggi sulla etichettatura obbligatorie d’origine – che sia resa trasparente l’indicazione dei flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero, venga bloccato ogni finanziamento pubblico alle aziende che non valorizzano il vero Made in Italy dal campo alla tavola e diventi operativa la legge che vieta pratiche di commercio sleale, tali da permettere di pagare agli allevatori e agli agricoltori meno di quanto spendono per produrre”.
In una manifestazione della Coldiretti non potevano però mancare presenze sgradite – e contraddittorie viste che è parte del problema – come quella del ministro Di Girolamo. “Il made in Italy è la grande occasione per il nostro Paese per uscire dalla crisi” ha detto il ministro delle politiche agricole, dunque un esponente del governo.
In Italia in questi anni hanno chiuso i battenti quasi 140mila (136.351 per l’esattezza) stalle ed aziende anche a causa della concorrenza sleale dei prodotti di minor qualità importati dall’estero che vengono spacciati come Made in Italy. Oggi l’Italia, anche a causa delle importazioni di minor qualità – sottolinea la Coldiretti – produce appena il 70 per cento dei prodotti alimentari che consuma ed importa il 40 per cento del latte e carne, il 50 per cento del grano tenero destinato al pane, il 40 per cento del grano duro destinato alla pasta, il 20 per cento del mais e l’80 per cento della soia. Rimane da capire bene quanto ci sia di sbagliato in una giusta protesta, e quanto ci sia di giusto in una battaglia sbagliata. I soggetti promotori e gli ospiti governativi ad esempio
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