Questa mattina l’anagrafe del Comune di Bologna è stata presidiata e poi simbolicamente occupata per chiedere un incontro che riapra la trattativa con le istituzioni sulla questione delle occupazioni in città.
Da alcuni mesi, infatti, le occupazioni abitative di Bologna hanno perseguito la “stabilizzazione” di centinaia di nuclei familiari, migranti, disoccupati e sfrattati.
Non è certo una novità purtroppo quella di elencare gli effetti della crisi: la chiusura delle possibilità lavorative amplifica il problema della disoccupazione, i tagli e la privatizzazione del welfare rendono i servizi sociali sempre più escludenti, e le politiche di “tolleranza zero” nei confronti delle occupazioni trasformano l’unica possibilità di trovare un tetto per migliaia di persone in una condizione di quotidiana precarietà.
Nel silenzio delle istituzioni il movimento di lotta per la casa però resiste, e rilancia in avanti, chiedendo conto a chi per anni ha usufruito del lavoro di queste persone per fare “grande questo Paese”.
I palazzinari e i costruttori fanno da capofila nel macabro gioco della speculazione edilizia e nel proficuo mercato dell’affitto, ma anche chi gestisce i progetti emergenziali legati all’accoglienza e all’assistenza di profughi e migranti si arricchisce sulle spalle delle prime vittime della crisi. Per non parlare della criminalizzazione costruita ad hoc e scatenata a tempo debito per favorire una o l’altra campagna politica.
“La popolazione colpita da questo attacco, tutti coloro che si trovano privati del fondamentale diritto a una casa, non ha potuto che organizzarsi e reagire, e così da anni in città sono nate numerose occupazioni, grazie anche all’azione di sindacati e gruppi politici”. Le occupazioni che sono nate in questi mesi a Bologna hanno dimostrato la capacità di riappropriazione degli spazi vuoti, e di rappresentare una vera soluzione per molte famiglie altrimenti senza alternative. Ma non possono essere l’unica soluzione in campo: il Piano Casa approvato dal PD nazionale prevede infatti che chi vive in occupazione non abbia diritto di residenza, e priva così i cittadini in stato di necessità del diritto alla partecipazione elettorale, ma soprattutto all’assistenza del servizio sanitario nazionale e all’accesso alla scuola pubblica per i loro figli e, nel caso di migranti, al permesso di soggiorno.
Per questo oggi ASIA USB e ADL COBAS, insieme a una cinquantina di attivisti e occupanti, hanno occupato simbolicamente l’ufficio anagrafe del comune di Bologna: per chiedere (e ottenere) un primo incontro con gli assessori alle politiche demografiche, abitative e sociali (Monti, Malagoli e Frascaroli) e con il prefetto e con loro avviare una trattativa sulla questione della stabilizzazione delle occupazioni e delle residenze per tutti gli occupanti degli stabili restituiti alla città.
Per trovare una soluzione per tutti quelli che non hanno delegato la lotta per la difesa e la conquista dei propri diritti, e che hanno avuto il coraggio di scelte radicali per la propria sistemazione.
L’occupazione ora è diventata la loro casa, e va regolarizzata.
Di seguito, il testo del volantino distribuito da ASIA USB e ADL COBAS questa mattina:
Da troppo tempo a Bologna assistiamo a una situazione di stallo assurdo per quanto riguarda una reale emergenza cittadina e nazionale: l’emergenza abitativa.
La crisi, l’aumento della disoccupazione, la diminuzione dei salari e del loro potere d’acquisto, l’assenza di qualsiasi forma di reddito di base producono sempre più persone che non sono in grado di sostenere a_tti o mutui che stanno raggiungendo costi enormi.
Questo anche a causa del fenomeno ormai incontrollabile della speculazione edilizia, in un mercato dominato da grandi proprietari, pubblici e privati, che volutamente mantengono sfitta una parte consistente del proprio patrimonio immobiliare. Così, una maggiore “competizione” tra gli acquirenti permette di mantenere alti i prezzi.
A tutto questo il governo nazionale, e di conseguenza le istituzioni locali, non danno soluzioni e risposte adeguate, facendo finta di non vedere la nuova composizione delle città: l’aumento di persone che perdono lavoro e si ritrovano quindi a non poter più sostenere il costo di un atto e di migranti che non hanno un vero percorso d’accoglienza, essendo i centri di accoglienza luoghi dove di fatto vengono parcheggiati’ fino alla fine dei progetti, facilitandone la ghettizzazione e la discriminazione.
La popolazione colpita da questo attacco, tutti coloro che si trovano privati del fondamentale diritto a una casa, non ha potuto che organizzarsi e reagire, e così da anni in città sono nate numerose occupazioni, grazie anche all’azione di sindacati e gruppi politici.
In contrasto con la retorica di criminalità, tali occupazioni rappresentano realmente esperienze di solidarietà popolare, con un ruolo attivo nella vita dei quartieri circostanti, di incontro e costruzione di un’alternativa.
Non sono tuttavia una reale soluzione, essendo costantemente in condizioni di precarietà e privazione di diritti.
Il Piano Casa, di recente attuazione da parte del governo PD, prevede infatti che chi vive in occupazione non abbia diritto di residenza, venendo così privato del diritto di partecipazione elettorale, all’assistenza del servizio sanitario nazionale e all’accesso alla scuola pubblica, e, nel caso di migranti, al permesso di soggiorno.
Per quanto una recente circolare del Ministero degli Interni abbia ricordato ai Comuni l’inammissibilità di cancellare completamente le residenze ai cittadini, ingiungendo di concederle almeno in vie “fittizie”, è stata applicata solo a Padova e Roma, in questo caso su pressione dei movimenti di lotta per la casa.
Noi oggi vogliamo dal comune una presa di responsabilità, nel dare una soluzione a quelle persone che per tanto tempo ha lasciato, appunto, in una situazione di stallo negli stabili occupati che con fatica hanno rimesso in condizioni abitabili.
Chiediamo quindi un tavolo di trattativa con le istituzioni per trovare soluzione a
• RESIDENZA, PER TUTTI GLI OCCUPANTI, NEGLI STABILI ABITATI
Perché quella, anche nell’attesa di regolarizzazione, è la loro casa, è il posto in cui vivono,
perché dovrebbero essere registrati come senza fissa dimora quando non lo sono?
• LA STABILIZZAZIONE DI TUTTE LE OCCUPAZIONI ABITATIVE
trovando una soluzione del problema, così come l’hanno assunta finora le persone che hanno avuto il coraggio di lottare per i propri diritti, e non delegando all’eventuale beneficienza dei proprietari che è sempre risultata mancare.
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