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Il Vicariato di Roma mobilita gli insegnanti di religione contro i diritti dei gay

«Si tratta dell’ennesima conferma della contraddizione di un sistema – quello degli insegnanti di religione pagati dallo Stato ma scelti, ed in caso rimossi, dalle Curie – che andrebbe riformato alla radice, come l’Uaar dice da sempre». Ha commentato così il segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar), Raffaele Carcano, la notizia, diffusa dal settimanale Adista, che il Vicariato di Roma, nella persona di don Filippo Morlacchi, direttore dell’Ufficio per la pastorale scolastica, ha scritto ai docenti di religione cattolica della diocesi, che insegnano (anche e soprattutto) nella scuola pubblica statale, per invitarli a prendere parte alla manifestazione del 20 giugno prossimo contro il ddl Cirinnà.
Nella tradizionale lettera di fine anno scolastico don Morlacchi scrive infatti esplicitamente: «Desidero ancora comunicarle che sabato 20 giugno, alle ore 15.30, è stato organizzato un corteo da piazza della Repubblica a piazza san Giovanni in Laterano per contestare il disegno di legge Cirinnà (su matrimonio e adozioni di coppie omosessuali) e il disegno di legge Fedeli (che, nonostante l’apparenza di doverosa tutela delle “pari opportunità”, mira ad introdurre organicamente nelle scuole l’educazione sessuale secondo la gender theory). Il Vicariato di Roma non è tra i promotori ufficiali dell’iniziativa, ma la appoggia, conoscendo bene il significato dei disegni di legge ricordati: perciò, anche a nome del cardinale Vicario, vi esorto a partecipare a questa mobilitazione, quantomeno per esprimere che i temi sensibili dell’educazione non possono essere imposti dall’alto. È giusto che il coinvolgimento pubblico degli insegnanti non si limiti a contestare scelte di natura amministrativa o economica, come recentemente è accaduto, ma si manifesti anche quando si tratta di temi squisitamente educativi, certamente non meno importanti».
«I profili da considerare sono diversi», prosegue Carcano: «Prima di tutto l’opportunità che il “datore di lavoro” convochi i propri “dipendenti” a iniziative, non partecipando alle quali magari si rischia una penalizzazione della propria situazione lavorativa. In secondo luogo ci sarebbe da domandarsi se in questo caso non valga quella, in altri casi, tanto decantata “libertà di coscienza” che appare sempre più un principio ritenuto applicabile a intermittenza». Infine, prosegue Carcano, «non si capisce perché la diffusione degli ormai celebri opuscoli dell’Unar contro l’omofobia siano stati considerati una indebita ingerenza, al punto che alla fine il Ministero li ha messi al bando, mentre nessuno dice niente su queste iniziative del Vicariato!».
«Non c’è da stupirsi, non si tratta neppure del primo caso di questo tipo: solo qualche settimana il vescovo di Verona ha preso carta e penna per suggerire ai docenti di religione chi votare alle elezioni regionali che ci siamo appena lasciati alle spalle. Per non parlare poi della lettera scritta nel novembre scorso dalla diocesi di Milano agli insegnanti di religione per chiedere loro di segnalare colleghi o progetti scolastici che trattassero con gli alunni temi legati all’omosessualità e all’identità di genere. Ma allora: se i docenti di religione cattolica sono, oltre che scelti, anche agli ordini dei vescovi per attività extrascolastiche che siano i vescovi a pagarli, visto che costano circa un miliardo alle esauste casse pubbliche! Di fatto si tratta della conferma – se ancora ne avessimo bisogno – che il Concordato va superato e che si dovrebbe procedere speditamente a una riforma della scuola, questa buona per davvero, che preveda la cancellazione dell’’insegnamento della religione cattolica».

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