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Ankara: la violenza della polizia contro gli insegnanti

Per i ‘grandi’ quotidiani internazionali la notizia non c’è. O al massimo quanto è accaduto ieri nella capitale turca ha permesso oggi di riempire le sguarnite prime pagine domenicali di servizi fotografici corredati da poche e superficiali descrizioni. “Scontri tra insegnanti e polizia” scrive ad esempio La Repubblica. Scontri? Al massimo qualche colpo inferto alle prime file dei celerini con le inoffensive aste di plastica delle bandiere dei sindacati…
In realtà si è trattato di violente cariche da parte di centinaia di agenti in tenuta antisommossa contro qualche migliaio di insegnanti, letteralmente bombardati dall’acqua sparata a pressione dagli idranti, dai letali gas lacrimogeni che in un anno hanno ammazzato diversi manifestanti e, come se non fosse già sufficiente, anche dai tremendi spray urticanti. Le immagini che riportiamo mostrano addirittura un poliziotto mentre colpisce alcuni dimostranti con il suo casco.
Certamente i docenti scesi in piazza hanno dimostrato determinazione e coraggio, tentando di resistere alle cariche, di rimanere compatti e di non sciogliere l’ennesima manifestazione attaccata dalla polizia.

Non sono più i tempi della repressione selvaggia contro il movimento di Gezi Park (per ora scomparso dalla scena), e la repressione altrettanto selvaggia contro i lavoratori non sembra interessare più di tanto i media, neanche molti di quelli alternativi a caccia di ‘grandi narrazioni’. Gli insegnanti, almeno quelli aderenti ai sindacati di sinistra e di classe, protestano da tempo contro la pressione che il governo liberal-islamista dell’Akp sta esercitando contro la scuola pubblica e laica. Di pochi giorni fa gli strali di alcuni rappresentanti in parlamento del partito di Erdogan contro le classi miste, accusate di scopiazzare il modello occidentale ed arrecare danni ai giovani turchi distratti dalla presenza di compagni dell’altro sesso (!). Da tempo i presidi delle scuole pubbliche, scelti spesso in maniera clientelare esercitano pressioni sui docenti affinché adottino piani di studio confacenti alla morale islamica. Numerosi i professori sospesi o licenziati all’interno di una vera e propria campagna di pulizia etnica nel corpo docente alla quale alcuni sindacati stanno cercando di rispondere come possono.

Ieri alcune migliaia di insegnanti erano scesi in piazza ad Ankara per protestare, per l’ennesima volta, contro la cosiddetta ‘riforma dell’istruzione’ del governo di Recep Tayipp Erdogan, rispondendo all’appello dei sindacati Kesk (Confederazione dei dipendenti del settore pubblico) e Egitim-Sen (Unione del Personale della Pubblica Istruzione). Ad accrescere la rabbia dei lavoratori della scuola l’annuncio da parte del premier che presto verranno chiuse migliaia di scuole che preparano i giovani all’ingresso nelle università (conosciute come dershane) e che altre verranno trasformate in istituti privati, naturalmente regalate agli ambienti economici che sostengono l’Akp. In conseguenza della controriforma 4000 insegnanti potrebbero essere licenziati.

Ma quando maestri e professori – alcuni dei quali erano arrivati da altre città della Turchia – sono giunti davanti al ministero dell’Istruzione in Piazza Kizilay si sono trovati davanti un vero e proprio muro composto dai reparti antisommossa e dai Toma e dagli Skorpion, le camionette sulle quali sono montati gli idranti. Il centro di Ankara si è riempito di gas tossico e un’insegnante è stata gravemente ferita alla testa dalla spoletta di un lacrimogeno sparata dalla polizia ad altezza d’uomo. Aslı Akdemir, questo il nome della docente, è stata ricoverata in ospedale con un serio trauma cranico.
Altri sette manifestanti sono stati feriti e due persone sono state arrestate.

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