Era stato arrestato a maggio su segnalazione della polizia tunisina per la strage al Museo del Bardo
5 mesi per concludere una vicenda a tratti kafkiani, 5 mesi per rendere definitivo quello che dopo pochi giorni era già chiaro, che Touil non c’entrava niente con la strage del Bardo.
Senza nessuna indagine, e solo su richiesta del governo di Tunisi, il 20 maggio Touil, 22enne da poco arrivato in Italia dal Marocco, veniva arrestato dalla polizia italiana con la spaventosa accusa di terrorismo internazionale: avrebbe preso parte, secondo l’accusa, a un’azione jihadista che il 18 marzo aveva provocato 24 morti.
Alfano e le forze dell’ordine festeggiavano “un arresto tanto tempestivo”, e il governo Renzi cercava di accumulare fiducia per le azioni militare “contro gli scafisti” che, secondo la narrazione di quei giorni, portavano terroristi oltre che profughi. La realtà faceva però capolino dalle tante incongruenze sui presunti spostamenti del ragazzo, e soprattutto attraverso le testimonianze delle insegnanti di italiano che certificavano la sua presenza in Italia nei giorni intorno all’attentato.
La successiva virata nelle accuse della polizia tunisina (da “partecipazione attiva” a “supporto logistico”), avvenuta già dopo pochi giorni l’arresto, faceva aumentare i dubbi sulla loro validità; ma la custodia in carcere era rimasta attiva.
Oggi, però, non viene solo sancita l’impossibilità dell’estradizione a causa della possibile condanna a morte che Touil rischierebbe in Tunisia. I pm milanesi hanno chiesto l’archiviazione di tutte le accuse, mentre la Corte ha sancito la revoca automatica delle misure cautelari.
Ancora tanti complimenti per la “tempestività” di Alfano e della Digos.
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