È morto ieri pomeriggio a Roma Armando Cossutta. Aveva 89 anni, ex partigiano, storico dirigente del Pci. Con lui scompare una delle figure che più plasticamente ha incarnato le contraddizioni culturali e politiche del movimento comunista italiano del dopoguerra, o perlomeno della sua parte maggioritaria.
“Filosovietico” per antonomasia, è stato spesso definito anche “il custode dell’ortodossia”. Definizione abbastanza problematica, visto che sul piano teorico si è limitato a sostenere le varie svolte del Pcus, senza alcun approfondimento particolare, discostandosi progressivamente dalla ben più radicali svolte revisioniste del Pci (particolarmente rumorosa fu la rottura con Enrico Berlinguer, quando quest’ultimo – alla fine degli anni ’70 – dichiarò di sentirsi molto più a suo agio sotto “l’ombrello della Nato”).
Al momento della “svolta della Bolognina”, voluta dall’allora segretario del Pci, Achille Occhetto, uscì dal partito che cambiava nome e identità fondando – con Garavini, Libertini e molti altri – Rifondazione Comunista.
In estrema sintesi, la sua storia politica rappresenta al meglio una figura particolare del modo di essere “comunisti” nell’Italia del dopoguerra, caratterizzato dalla scissione totale tra asserita “fedeltà ai princìpi” e realpolitik dettata dalla contingenza, con contraddizioni e incoerenze decisamente clamorose. Significativa, in questo senso, una delle ultime prese di posizione, durante la guerra della Nato contro la ex Jugoslavia. Da un lato ruppe con la Rifondazione di Bertinotti che faceva cadere il primo governo Prodi sulla “legge finanziaria” (ora chiamata “di stabilità), fondando con Diliberto e altri il Partito dei Comunisti Italiani, che invece restava nel governo (a quel punto presiduto da Massimo D’Alema), impegnato di lì a poco nei bombardamenti sulla Serbia. Dall’altra, si recava a Belgrado a testimoniare la solidarietà del partito a Slobodan Milosevic, presidente “socialista” del paese bombardato dal “suo” governo.
In precedenza, si era distinto spesso per la intransigente battaglia contro le varie “dissidenze di sinistra”all’interno del Pci, tanto da essere protagonista – per esempio – dell’espulsione del il gruppo de il manifesto o ancora prima della normalizzazione della federazione milanese guidata da dirigenti comunisti di rilievo come Pietro Secchia e Alberganti. Dopo Ingrao, Cossutta, due volti diversi delle contraddizioni interne del Pci e della sua storia.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa