Sabato 14 aprile le cittadine e i cittadini dei Castelli Romani sono nuovamente scesi in piazza ad Albano per manifestare il loro dissenso alla costruzione di un impianto di incenerimento recentemente approvato dal Consiglio di Stato, con una sentenza nettamente politica che non si è nemmeno curata di esaminare le numerose criticità tecniche ed amministrative confermate anche dal TAR del Lazio nell’autunno 2010.
Un corteo numeroso, circa 3000 persone che hanno affrontato il maltempo per rispondere alla chiamata del Coordinamento contro l’inceneritore di Albano, tra cui i comitati locali, quelli che si battono contro le nuove discariche a Fiumicino, l’assemblea NoTav e gli aderenti alla campagna Rivoltaildebito.org e al Comitato No Debito.
Giunti alla fine della manifestazione il corteo ha cercato pacificamente di proseguire il percorso, uscendo dalla centrale Piazza Mazzini. La polizia ha cercato senza successo di fermare i manifestanti lanciandogli contro una camionetta, rischiando di investire un attivista che solo grazie alla propria agilità ha evitato il peggio, e successivamente è riuscita a rompere il corteo bloccando un consistente gruppo di compagni su Via Olivella. Preso atto dell’impossibilità di continuare il percorso i manifestanti hanno cominciato a confluire a Villa Doria allo scopo di ritornare con gli altri e tenere il comizio conclusivo. A quel punto la polizia in tenuta antisommossa ha eseguito una violenta carica a freddo contro il cordone che stava proteggendo il rientro dei compagni, riuscendo poi ad entrare nella Villa e provocando il panico tra gli avventori del parco pubblico. Una signora di passaggio, per fuggire dai manganelli, è caduta provocandosi una grave lesione alla caviglia, venendo poi soccorsa dai compagni e portata via con l’ambulanza.
Al termine della seconda aggressione poliziesca il corteo si è ricompattato in Piazza Mazzini.
L’operato delle forze dell’ordine non era però terminato: mentre i manifestanti tornavano alle loro case sono iniziati i rastrellamenti per la città. Un gruppo di attivisti, pedinato dalla DIGOS, è stato fermato in Via Aurelio Saffi per l’identificazione. Dopo aver spontaneamente dato i documenti, gli agenti hanno palesato la volontà di trattenere un giovane compagno minorenne di Genzano, accusandolo di aver ferito un poliziotto. Subito i suoi amici ed i cittadini di Albano hanno cominciato a protestare contro questa misura vessatoria, trovandosi di fronte al muro di gomma opposto dalle forze dell’ordine che hanno fatto chiudere le strade da 4 camionette, due volanti e richiesto l’intervento del reparto celere, riuscendo infine a portare via il giovane compagno.
Immediatamente una trentina di compagni hanno dato il via ad un presidio pacifico sul marciapiede vicino al locale commissariato, ritrovandosi per tutta risposta nuovamente accerchiati dal reparto celere che ha sigillato per più di due ore la via Appia, identificando (e riprendendo) i presenti e portando in commissariato chi era senza documenti. Solo in tarda serata c’è stato il rilascio dei solidali, mentre Matteo è stato trasferito in una Casa Famiglia poichè non era riscontrabile la flagranza di reato e perchè la polizia non è stata in grado di fornire al giudice la “prova schiacciante” (un video) che incolperebbe il ragazzino. 43 dovrebbero essere i denunciati per resistenza a pubblico ufficiale.
Una città militarizzata, una gestione di piazza spesso schizofrenica con funzionari impreparati o con ordini contraddittori, un utilizzo sproporzionato del numero di agenti e della forza anche per gestire normalissime dinamiche di piazza. Si può dire che ad Albano è stato svelato (dopo gli “illustri” precedenti della Val di Susa e dell’aggressione del mese scorso ai compagni dei Blocchi Precari Metropolitani di fronte al CIPE) il vero volto di un Governo “tecnico” che di fronte al dissenso sociale ha come unica linea di condotta quella della violenza e della repressione poliziesca.
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