Riportiamo senza aggiunte il post di Claudio Messora
A Saluggia sono stipate l’85% delle scorie radioattive italiane, stoccate in forma liquida, vicino a un fiume che esonda. Di più, 90 testate atomiche statunitensi sono custodite sul nostro territorio, in condizioni di sicurezza discutibili. Abbiamo fatto due referendum contro il nucleare, ma il nucleare ce l’abbiamo già: sotto ai piedi e nell’aria che respiriamo
Un decimo di milligrammo di plutonio, se inalato, uccide. A Saluggia ce ne sono cinque chili, sufficienti a far fuori 50 milioni di persone: tutta l’Italia. Ogni volta che la Dora Baltea è in piena, a 1500 metri di distanza, chi sa trema.
A Saluggia sono stipate anche l’85% delle scorie radioattive italiane. Duecentotrentamila litri di rifiuti stoccati in forma liquida, vicino a un fiume che esonda. L’ultima alluvione, quella del 2000, ha portato un premio nobel per la fisica come Rubbia a parlare di catastrofe nucleare planetaria appena sfiorata. I fiumi portano l’acqua nelle case, nelle coltivazioni, al mare. La chimica che trasportano entra nel ciclo alimentare degli esseri umani, attraverso le piante e i pesci che la assorbono e attraverso l’acqua. Basta un errore, un solo piccolo errore – e la storia dell’umanità non è confortante – per mandare tutto in vacca. Eppure gli scarichi di routine dei centri nucleare finiscono nei fiumi e nei laghi, regolarmente, e a nessuno interessa.
Di più, 90 testate atomiche statunitensi sono custodite sul nostro territorio, in condizioni di sicurezza discutibili. Qualche tempo fa un gruppo di attivisti penetrò in una di queste basi e organizzò un pic-nic. La sicurezza ci mise mezz’ora a intervenire. In un tempo infinitamente inferiore, un terrorista avrebbe potuto scatenare un fungo nucleare che Hiroshima al confronto sarebbe stato un esperimento del piccolo chimico, perché le 40 testate stipate a Brescia e le 50 di Aviano sono molto più potenti. La Germania, come la Danimarca, la Norvegia, l’Olanda e altri paesi – perfino la Grecia – hanno chiesto agli USA di portarsi via le loro bombe. Solo l’Italia e la Turchia non l’hanno fatto. Perchè?
Al Salto di Quirra c’è un poligono militare sperimentale che disperde nel territorio uranio impoverito, torio, fosforo bianco e nanoparticelle di metalli pesanti. La ricercatrice Antonietta Gatti ha fatto un lavoro di analisi eccezionale, ma già la nascita di animali con più zampe e teste e di bambini deformi, insieme alla percentuale bulgara del 65% di leucemie e linfomi dei pastori che vivono (o muoiono?) nella zona, avrebbe dovuto ingenerare qualche sospetto.
Abbiamo fatto due referendum perché non volevamo il nucleare, ma il nucleare ce l’abbiamo già: sotto ai piedi e nell’aria che respiriamo. E nessuno ce lo dice.
In novembre, durante una quasi alluvione in zona, si era spaventato anche Il Sole 24 Ore.
5 novembre 2011Scorie nucleari all’Eurex di Saluggia, «situazione risolta solo in parte». Quel disastro sfiorato nel 2000Andrea Franceschi
Mentre a Genova si contano i danni dell’alluvione in Piemonte ci si prepara ad una sempre più probabile esondazione dei fiumi. Le piogge stanno ingrossando il livello del Po e si prevede un’ondata di piena potrebbe interessare il tratto di fiume compreso tra la Dora Baltea e il Ticino. E il ricordo torna all’autunno del 2000 quando la regione fu devastata da un’alluvione. Allora si evitò per poco persino l’incidente nucleare. L’acqua infatti arrivò nel deposito di scorie nucleari dell’Eurex di Saluggia dove sono tuttora stoccati 230 metri cubi di rifiuti radioattivi allo stato liquido in bidoni. Per fortuna non ci fu alcuna contaminazione ma le polemiche sulla sicurezza dell’impianto di stoccaggio furono durissime.
Dopo undici anni la situazione è stata risolta solo in parte. «Al momento – dice Giuseppe Onufrio, direttore gestionale di Greenpeace Italia – non c’è un rischio immediato. Dopo l’alluvione del 2000 sono stati fatti dei lavori per mettere in sicurezza l’impianto che ora sono sicuramente più protetti da un’eventuale alluvione». Nel 2006 la Sogin (società di Stato incaricata della dismissione degli impianti nucleari in Italia chiusi dopo il referendum del 1987) ha realizzato un nuovo parco serbatoi per i rifiuti liquidi a più alta attività. Gli stessi sono stati trasferiti nel 2008.
Per stare completamente tranquilli bisognerebbe tuttavia solidificarli. Restando allo stato liquido, le scorie continuano a rappresentare una potenziale bomba ecologica perché possono contaminare più facilmente la terra e l’acqua. Fin dal 2000, dopo l’incidente dell’alluvione, il ministero dell’ambiente aveva imposto la solidificazione. «Lo smaltimento ideale – spiega Onufrio – dovrebbe avvenire attraverso un processo di vetrificazione». Il processo è però decisamente complicato perché si può fare solo in Francia e trasportare 230 metri cubi è decisamente complicato. E così si è optato per la cementificazione. A marzo di quest’anno è stato avviato il bando di gara per la realizzazione dell’Impianto Cemex che permetterà la cementazione e il successivo stoccaggio nell’annesso deposito, dei rifiuti liquidi radioattivi.
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