”Tra qualche giorno si deciderà l’intervento infrastrutturale più impattante che questo territorio abbia conosciuto dai tempi della costruzione del porto. Si deciderà, definitivamente, per qualcosa che cambierà per sempre la fisionomia, le condizioni di vita, le possibilità di futuro, dell’intera piana di Gioia Tauro e dei suoi abitanti. Si deciderà di far vivere i residenti di questo territorio con rischio costante di una catastrofe di enormi proporzioni. Eppure tutto avviene nell’ovatta di un’indifferenza quasi generale. Ci domandiamo come mai sui quotidiani locali non ci siano tutti i giorni titoloni riguardo la questione, ci domandiamo come mai nei bar non si discuta di questo, ci domandiamo perché gli amministratori locali, per non parlare delle agenzie di governo, non informino diffusamente e dettagliatamente la popolazione sulla questione”. ”Ci domandiamo cosa ne sappiano i cittadini della Piana e domandiamo loro: sapete che a S. Ferdinando si vuole costruire il rigassificatore più grande d’Italia? Sapete quanto é pericoloso? Sapete che é inutile alla popolazione, che non porterà significati aumenti occupazionali anzi potrebbe compromettere almeno in parte l’attività del Porto di Gioia Tauro?”.
Era questo l’allarme lanciato nei giorni scorsi da un cartello di 23 tra associazioni ambientaliste e comitati spontanei in lotta contro il progetto del rigassificatore, un mega impianto che dovrebbe trasformare il metano (o GNL – Gas Naturale Liquido) dallo stato liquido allo stato gassoso, per poi immetterlo nei gasdotti. “La legge lo inserisce tra gli impianti ‘a rischio di incidente rilevante’. Per costruirlo verranno distrutti 47 ettari di agrumeti. Scaricherà nel nostro mare acqua fredda e arricchita di candeggina. L’impianto verrà costruito in una zona altamente sismica come la nostra, sottoponendoci al rischio costante di una catastrofe” avvertivano gli oppositori del mostro ecologico.
Che ieri mattina sono passati all’azione, riuscendo di fatto a bloccare, almeno per ora, l’iter di approvazione del rigassificatore. Sono arrivati in 300 a manifestare davanti all’entrata della sede dell’Autorità portuale di Gioia Tauro impedendo di fatto una fondamentale riunione in programma nella giornata di ieri. Il Comitato portuale avrebbe infatti dovuto votare la concessione demaniale necessaria alla costruzione dell’impianto; ma dopo un lungo tira e molla tra manifestanti, membri del comitato e forze dell’ordine – non sono mancati spintoni e contatto fisico – la seduta é stata rinviata. La tensione, racconta la stampa locale, ha toccato il climax quando il presidente della Camera di commercio di Reggio Calabria, Lucio Dattola, ha cercato di forzare il picchetto e di varcare l’entrata dell’Autorità portuale. I manifestanti si sono irrigiditi e Dattola ad un certo punto è caduto a terra. Neanche Giuseppe Raffa, presidente della provincia di Reggio Calabria, è riuscito a entrare.
Niente di grave, a fronte di una vittoria importante del movimento contro le grandi opere inutili e dannose.
Contro la concessione demaniale alla società Lng Medgas nella zona industriale di San Ferdinando, si sono schierati in particolar modo Rifondazione Comunista, Movimento 5 Stelle – due parlamentari calabresi del movimento erano in piazza, ieri – e Sel. Ma ieri in piazza c’erano soprattutto militanti dei centri sociali e collettivi della sinistra antagonista, insieme agli ambientalisti ed agli esponenti dei comitati.
Come spiegava ieri Silvio Messinetti (www.manifestiamo.eu) “il vero scandalo è contenuto nell’articolo 38 del decreto sviluppo del governo Monti che inopinatamente ha messo a tacere le obiezioni mosse in ben due occasioni dal Consiglio superiore dei Lavori Pubblici. “Mancanza di studi sismici e carenze nella sicurezza” avevano evidenziato i tecnici. Ma le lobbies dell’industria energetica son troppo potenti”.
Ieri non sembrava più proprio così. Ma la battaglia continua.
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