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Abruzzo. La discarica “maledetta” di Bussi

Abruzzesi? Forti, gentili, un po’ fatalisti. Il 17 novembre si è tenuta presso l’aula consigliare del comune di Bussi l’assemblea cittadina promossa dall’associazione della Val Pescara ‘La fiera della domenica’. Questa associazione , vede  attivi un numero significativo di cittadini abruzzesi organizzati in un movimento per la salvaguardia del territorio, promuovendo iniziative di vario genere per sensibilizzare le popolazioni della val Pescara ad una visione di un’economia territoriale sostenibile.

Questa assemblea ha  rappresentato  senza dubbio un momento estremamente importante per fare il  punto su come affrontare il problema della messa in sicurezza e l’eventuale bonifica di una delle più grandi discariche d’europa: la discarica di Bussi. 

Procediamo per ordine fornendo alcuni dati storici sulla vicenda da un estratto dell’articolo del giornale della guardia forestale.

Le indagini della Forestale

Nella primavera del 2007, il personale del Comando Provinciale di Pescara del Corpo forestale dello Stato, guidato dell’allora Comandante Dr.Guido Conti, scopriva, sepolta nella verdeggiante Valle del fiume Pescara, la discarica abusiva di rifiuti tossici più grande d’Europa, una superficie grande come venti campi di calcio, per un totale di 500 mila tonnellate di rifiuti. Ha inizio così il processo che vede imputati diciannove persone tra ex vertici della società che gestiva il sito, direttori e vicedirettori che hanno gestito il polo chimico in quegli anni, accusati di disastro doloso e avvelenamento delle acque. Otto, invece i dirigenti delle società gestori dell’Acqua in Abruzzo (Ato e Aca), accusati a vario titolo di commercio di sostanze contraffatte e di turbata libertà degli incanti. L’acqua contaminata potrebbe essere uscita dai rubinetti di centinaia e centinaia di case. La discarica si trova, infatti, in un collo di imbuto e raccoglie le acque di un terzo della regione, punto di confluenza delle acque che provengono dal Gran Sasso della Maiella, gli acquiferi più importanti d’Abruzzo. Ed è proprio lì, in questo punto di raccolta, che si trova la discarica che rilascia veleni.

La discarica venne scoperta dalla Forestale dopo più di un anno di indagini, avviate a seguito del ritrovamento nel fiume Pescara di considerevoli quantità di clorometanoderivati. Tali elementi chimici erano stati individuati nel corso di una precedente operazione denominata “Blue River”, sul controllo delle acque di scarico industriali e civili nei fiumi della Provincia, portata a termine diversi anni prima dal personale del Comando Provinciale di Pescara del Corpo forestale dello Stato. Il blitz aveva condotto a numerose sanzioni (2.200.000 euro) e cinque denunce a carico dei responsabili dell’avvelenamento delle acque. Sotto la regia della Procura della Repubblica, gli agenti della Forestale avevano condotto le indagini e cercato le cause del ritrovamento delle sostanze tossiche, di derivazione industriale, nelle acque del fiume abruzzese.

La campagna di controlli ed analisi unita a sequestri, perquisizioni, acquisizione di documenti, secondo quanto disposto dal Gup, aveva portato al riscontro di sufficienti elementi di reato per sequestrare l’area e denunciarne i presunti responsabili dell’inquinamento. Di seguito l’articolo completo: http://www3.corpoforestale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/6942

Dal comunicato ansa del 9 novembre

La discarica fu immediatamente posta sotto sequestro. Di lì a poche settimane furono scoperte in zona altre tre discariche, una poco più a monte del polo industriale. Dopo i primi rilievi e accertamenti furono emessi 33 avvisi di garanzia nei confronti degli allora vertici dell’Aca di Pescara, dell’Ato e di ex amministratori della Montedison, che dagli anni 60′ al 2001 ha gestito il polo chimico, acquisito nel 2002 dalla Solvay.

Secondo gli inquirenti, per decenni e sino all’incirca agli anni ’90, l’area sarebbe stata destinata ”allo smaltimento illegale e sistematico” di circa 240 mila tonnellate di sostanze tossiche. Fra i reati contestati, a vario titolo, agli indagati: avvelenamento delle acque; disastro doloso; commercio di sostanze contraffatte e adulterate; delitti colposi contro la salute pubblica; truffa.

Secondo l’accusa, avrebbero contribuito con le loro condotte ad aggravare la situazione nella zona sino a cagionare il disastro ambientale del suolo e sottosuolo. E soprattutto delle falde acquifere superficiali e profonde che, attraversando il sito industriale, alimentavano otto pozzi di captazione per l’acqua potabile (campo pozzi Sant’Angelo) realizzati dall’Aca, fra il 1980 e il 1990, più a valle della mega discarica e destinati a soddisfare il fabbisogno idrico-alimentare di tutta la Val Pescara e, dunque, di circa 500 mila persone. Pozzi risultati poi inquinati per la presenza di sostanze altamente nocive e tossiche per la salute dell’uomo.’

Quando la guardia di finanza ha trovato la discarica sono stati stanziati dei soldi a disposizione del commissario governativo per effettuare la messa in sicurezza d’urgenza per poter poi fare la caratterizzazione sull’area sequestrata e quindi la bonifica.

Di fatto il risultato è stato solamente quello di porre una parte dell’area in sicurezza permanente, quindi senza gli ulteriori passaggi necessari a porre in essere la possibilità della  bonifica.

E evidente che ciò pone problemi di non poco conto se si pensa che le sostanze permanenti nel sito continueranno ad essere disperse nel suolo con la pioggia o quant’altro, mettendo a rischio le sorgenti, abbondanti nella zona quindi l’approvvigionamento idrico di tutta la Val Pescara, che si trova, appunto, a valle di Bussi, con possibile avvelenamento anche dei campi.

È possibile, vedendo il video, approfondire gli aspetti epidemiologici del problema,  illustrati con grande chiarezza oltre che con la massima competenza dai relatori.

Un dato colpisce sopra ogni altro : tra le ricerche effettuate dal Mario Negri di Milano risulta che l’aspettativa di vita dei Bussesi è di 59 anni.

Questo dato  è gravissimo, come inquietante è il colpevole silenzio da parte dei governi  locali, purtroppo bisogna dire, per la maggior parte di centro sinistra che hanno favorito, un atteggiamento omertoso pur d’impedire che l’industria, ormai unica risorsa economica del territorio, potesse andar via da Bussi.

Atteggiamento ancora presente tra i Bussesi, nel timore di perdere il poco lavoro rimasto.

Anche l’attuale amministrazione per voce del sindaco di rifondazione comunista presenta il problema nei termini della necessità di rindustrializzazione  delle zone contaminate, sostenendo che il risanamento dovrà essere effettuato dai colpevoli del disastro.

Certamente così dovrebbe essere, ma considerando i dati epidemiologici, un investimento a risarcimento futuro dovrebbe essere una preoccupazione prioritaria, considerando anche le lungaggini legali ed il rischio di prescrizione.

 Il comune di Bussi al momento continua a non ritenere il risanamento una priorità e avendo a disposizione  50 milioni di euro (erogati  dallo Stato come contributo per il terremoto del 2009) ritiene di poter investire questi  soldi esclusivamente per la reindustrializzazione. 

L’assemblea su questo punto è stata particolarmente critica. Alcuni interventi infatti andavano nella direzione o di utilizzare quei soldi per la bonifica, peraltro  insufficienti, oppure come risarcimento alle famiglie che potrebbero investirli in attività di artigianato locale. L’assemblea piuttosto vivace e partecipata si è data come appuntamento il 27 novembre sotto il Tribunale di Pescara per una manifestazione in occasione del processo contro Montedison. Ma  questa data è slittata; infatti l’udienza è stata rimandata al 14 gennaio 2014.

 La questione della bonifica dei siti resta al momento nelle mani della magistratura, infatti anche la Solvay si è chiamata parte civile nel processo, in quanto ‘parte lesa’ per non essere stata messa a conoscenza dell’inquinamento dell’area acquistata. Da tener conto tra le altre cose che la stessa Solvay, sta preparandosi a chiudere alcuni settori produttivi.

È molto difficile prevedere in che modo possa esserci una  risoluzione adeguata, di questa vicenda, e se soluzione ci sarà resterà comunque incompleta. 

Dal video ci si renderà conto molto meglio, guardandolo con spirito critico, come si può facilmente scivolare verso un asfissiante fatalismo. 

Infatti, la contrapposizione salute/lavoro appare un moloch a cui ci si contrappone con estrema timidezza, le autorità locali gridando ai cittadini, ‘dovete combattere’, come incita il sindaco, come se non fosse lui il rappresentante della popolazione, gran parte dei  cittadini pensando che la soluzione verrà da se, seguendo le vie legali compresa la raccolta firme per una class action, tutte misure all’insegna della riduzione del danno.

La possibilità di agire attivamente sia per togliere i veleni dalla loro terra che ricostruire nella comunità un tessuto economico adeguato al territorio, non vengono, se non da pochi, prese in considerazione.

Intanto sulla testa della gente abbruzzese si consuma l’ennesimo gioco delle parti del partitismo locale, infatti notizia uscita alcuni giorni fa sul quotidiano abbruzzese online ‘Primadinoi.it’

l’eurodeputata Erminia Mazzoni (Pdl)   ha presentato una interrogazione alla Commissione europea, sottoscritta da oltre venti deputati italiani di ogni appartenenza politica e geografica, sulla discarica abusiva di Bussi sul Tirino per evitare il congelamento dei fondi europei destinati alla bonifica dell’area.’

 A conclusione di questa nota vorrei aggiungere che il servizio video risulta sospettosamente incompleto visto che tralascia di mostrare sia la presentazione dell’associazione ‘ Fiera della domenica’ che la lunga e vivacissima discussione seguita agli interventi, da parte delle persone, numerose, che hanno partecipato all’assemblea, nonostante il nome estremamente accattivante del sito che lo ha postato http://radicaliliberi.eu/bussi-la-tempesta-perfetta/ 

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