Poco se ne parla, ma il problema è di strettissima attualità e la sua realizzazione viaggia piuttosto spedita da qualche anno a questa parte. Una grossa fetta dell’Oltrepo Pavese, unitamente all’area del tortonese, nell’alessandrino, è sotto la lente d’ingrandimento del colosso italiano energetico ENEL che vorebbe avviare indagini sul suolo per fini estrattivi di gas naturale e petrolio.
La questione non è certo una novità, e di oro nero “made in Italy” già ne parlava Enrico Mattei alla presidenza dell’ENI. Lo scorso anno, governo Monti in carica, l’allora Ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera mise al centro di un Consiglio dei Ministri agostano la sua strategia di rilancio per il Paese attraverso un nuovo sviluppo energetico: il primo punto in agenda riguardava proprio l’autosufficienza petrolifera nazionale, e la proposta era di raddoppiare i volumi estratti su suolo patrio dal 10 al 20%: strategia che ha già registrato opposizioni istituzionali proprio dalla Regione dove tale attività è più fervente, ovvero la Lucania, la quale ha fatto valere il proprio diritto di veto sancito dalla recente riforma Costituzionale.
Proprio in base a tale proposta (che si estendeva tra le altre cose alla costruzione di 4 rigassificatori, uno dei quali, quello al largo delle coste livornesi è già pienamente attivo; vedasi QUI l’articolo di Manlio Dinucci per “Il Manifesto” del 31 luglio scorso) la ENEL LONGANESI DEVELOPMENTS S.R.L. ,controllata della casa madre, ha accelerato sulla richiesta di attività estrattiva presentata al Ministero dello Sviluppo Economico ed a Regione Lombardia. Una prima istanza di permesso era pervenuta a Roma già lo scorso 28 dicembre 2011 (vedasi QUI) Il progetto, denominato “Rocca Susella” dal nome di uno dei maggiori Comuni dell’Oltrepo interessati, ha come scopo “un’esauriente valutazione del potenziale minerario del sottosuolo” e si estende complessivamente per 668,7 chilometri quadrati, di cui 362,44 nella bassa provincia pavese ed i restanti 306,26 nel basso alessandrino, nella zona di Volpedo. In caso di fattibilità, ENEL intende installare un pozzo esplorativo fisso della profondità variabile “tra i 3000 e i 3500 metri a seconda dell’obiettivo minerario“. QUI è possibile avere un’idea, certo comunque indicativa, del vasto rettangolo interessato dallo studio. Il governo delle larghe intese reponsabili non ha dunque impiegato molto tempo a farsi carico dei progetti di ENEL.
Il 12 dicembre 2012 la Commissione per gli Idrocarburi e le Risorse Minerarie (CIRM) ha dato parere favorevole, ed a marzo 2013 gli atti amministrativi sono stati inviati alle due Regioni di competenza per la valutazione; a fine aprile la Regione Piemonte escludeva l’assoggettabilità alla necessaria Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) perchè il progetto era ancora in fase di studio; a fine giugno ENEL LONGANESI invia dettagliate carte del progetto ad entrambi i territori. Se il Piemonte non si è ancora nuovamente espresso, Regione Lombardia lo ha fatto lo scorso 11 ottobre per bocca dell’Assessore Regionale Claudia Maria Terzi, la quale richiede ai tecnici al lavoro al Pirellone la VIA.
Le parole di Terzi sono importanti perchè sottolineano “l’elevata densità abitativa, e che la zona interessata dal permesso di ricerca è soggetta a rischio sismico ed a diffuso dissesto idrogeologico“. Condizioni che avevano giustamente preoccupato e non poco la cittadinanza interessata, che attraverso il Comitato per il Territorio delle Quattro Province aveva espresso contrarietà per una simile attività a causa dell’utilizzo di esplosivi, come sottolineato dal portavoce Giuseppe Raggi al Corriere della Sera; su questo punto dirimente vige però confusione: l’Assessore Terzi sostiene che tale sistema fosse ormai escluso, mentre dalla documentazione prodotta e girata a Regione Lombardia (QUI reperibile integralmente) si può leggere che “Solo in casi particolari, dove si dovesse riscontrare una difficoltà operativa ad utilizzare i vibroseis (particolari vibratori montati su camion,ndr) potrà essere prevista l’esecuzione tramite esplosivo” (dalla Relazione di Screening, pag.30) o nello schema che prevede eventuali pozzetti di energizzazione da riempire con detonanti (pag.34) o al paragrafo 4.6.2.4 del documento.
L’utilizzo di esplosivo è una questione fondamentale per i 25 comuni pavesi coinvolti, se consideriamo che Varzi secondo la carta di classificazione sismica 2012 è classificato in fascia 2 (rischio medio) ed altri 14 sono in fascia 3 (rischio basso). Gli ultimi accadimenti riportati dalla cronaca locale di 6 scosse telluriche grosso modo coincidenti con l’area del progetto nel giro di una settimana sono un ottimo dato per farsi un’idea (QUI la carta).
E’ sicuramente l’impatto ambientale ad avere il peso maggiore: dagli stessi carteggi di ENEL si può notare come la quasi totalità del territorio del “Rocca Susella” sia indicato come “area prioritaria per la biodiversità“; sono inoltre presenti tre parchi di interesse sovracomunale: il Parco di Fortunago, il Parco del Castello di Verde che coinvolge i Comuni di Valverde e Mombelli dove ha sede l’Ente Gestore, più diverse frazioni, ed il Parco del Castello Dal Verme nel comune di Zavattarello poco più ad est (che dalla relazione scritta dalla società risulta però “esterno all’area dell’Istanza“). Il progetto è inoltre strettamente confinante con la Riserva Naturale di Monte Alpe, 328 ettari di verde tutelati da Regione Lombardia sotto il comune di Menconico.
Superfluo sottolineare per chi conosce queste zone come la precarietà di questi suoli, percorsi da una miriade di torrenti e rigagnoli, sia preminente: ne sia dimostrazione la campagna di monitoraggio promossa dalla Provincia di Pavia per contrastare i sempre più numerosi episodi di frane che interessano anche strade ed infrastrutture (QUI la pagina istituzionale dedicata).
Il progetto prevede l’approvigionamento dell’acqua necessaria per i fori “perlatro in quantitativi assolutamente irrisori, in loco da numerosi corsi d’acqua; non verranno, invece, in alcun modo intaccate le risorse d’acqua sotterranee” (Utilizzazione delle risorse naturali, pagg.60-61). Va quindi aggiunto un ulteriore problema legato alla sottrazione ed allo smaltimento delle acque pescate dai torrenti già ora in condizioni non propriamente ottimali (come descritto al paragrafo 5.7.2.2), per il quale nel documento non si trova menzione.
Alla stima generale degli impatti (capitolo 6) ENEL conclude che non sussistono significative problematiche inquinatorie nè a livello atmosferico (adducendo come unica causa la combustione del carburante dei normali motori a scoppio) nè a livello acustico (“le emissioni sonore sono attenuate da un sistema di cuscinetti ammortizzanti” (…); le vibrazioni resterebbero contenute ed ogni tipo di operazione (anche con l’uso di detonanti?) non andrebbe ad inficiare il rischio sismico dei territori.
Va inoltre citato il parere sugli aspetti socio-economici (paragrafo 6.11) il quale indica che “si produrranno effetti positivi sulla componente economica per la presenza di un’attività produttiva con le ricadute sul tessuto commerciale-artigianale della zona“. La zona, per essere precisi, è quella che corre lungo il 45°parallelo e rinomata per le sue produzioni vitivinicole, tra le quali spiccano marchi DOC e DOCG: agricoltori e produttori hanno già preso posizione sostenendo che l’economia dell’area, sparita quasi ogni traccia di industria, è votata al settore verde. Neanche queste categorie avvertono dunque particolare bisogno di una tale invasiva attività.
Le esperienze registrate altrove, in particolare nella sovrasfruttata Lucania, non spostano l’ago della bilancia a favore dell’estrazione di gas e petrolio. L’andamento dell’economia globale, nemmeno.
Mattia Laconca – Operaio – Pavia
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