Mondo inabitabile, grazie capitalismo! Non è una novità, perché rapporti simili si susseguono con costanza almeno dal 1972 (quello più famoso, del Club di Roma), ma ogni volta i termini – sia fisici che temporali, quindi anche retorici – diventano più stringenti e ultimativi. Naturalmente non cambia nulla. Nel mondo del capitale conta soltanto il profitto e la competitività, quindi ogni “chiacchiera” sulla difesa dell’ecosistema globale non può trovare ascolto. A meno che non produca profitto, ovvio! Ma visto quel che è accaduto con pannelli solari e pale eoliche (sorgenti “pulite” di energia, ancorché su dimensioni frazionali del fabbisogno energetico complessivo), o addirittura con lo shale gas (è stata definita una “fonte alternativa” nonostante sia la più inquinante e devastante mai inventata), non è neanche questa una garanzia…
L’ultimo rapporto scientifico (‘Summary for Policymakers’, intitolato ‘Cambiamenti climatici 2014: impatti, adattamento e vulnerabilità’) dell’Ipcc conferma e appesantisce tutte le previsioni e i “riscontri oggettivi”. Gli effetti causati dai cambiamenti climatici sono già in tutti i continenti e negli oceani: il mondo, in molti casi, non è affatto preparato contro i rischi del clima che cambia. Eventi meteorologici estremi possono incidere in modo pesantemente negativo sulla biodiversità di piante e animali, o anche contribuire a una drastica riduzione dei raccolti e all’evoluzione delle malattie; il che si tradurrebbe – come in parte già avviene – in massicci spostamenti di popolazioni e quindi conflitti.
I rischi di inondazione stanno aumentando soprattutto in Europa e Asia a causa delle emissioni di gas effetto serra, mentre la produzione di cereali (grano, riso e mais) rischiano pesanti diminuzioni, a fronte invece di una domanda in netta crescita. Ma la terra coltivabile è giù tutta sfruttata e la tecnologia, in questo campo, sembra aver già esaurito le possibilità di far aumentare le rese agricole per ettaro. La natura è infatti “fisica”, non “virtuale”; obbedisce a leggi immodificabili da qualsiasi volontà “scientifica”.
Il rischio è insomma quello della destabilizzazione degli equilibri attuali: povertà, fame e migrazioni provocate dalle catastrofi naturali si vanno ad aggiungere all’impoverimento coatto imposto dalle “politiche di austerità” imposte dal capitale multinazionale.
Il Summary dovrebbe in teoria farà da base alle decisioni politiche contro il global warming che dovranno essere prese alla riunione Cop di Parigi del 2015. Ma sembra logico attendersi un altro giro di inutili valzer, con i paesi più inquinanti che si rifiutano di prendere misure adatte – che, dicono, potrebbero “limitare la loro crescita economica” – e in cambio sono disposti a pagare “diritti di inquinamento” ai paesi più arretrati, perché restino tali.
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