Con 29 voti favorevoli, 8 contrari e 3 astenuti, il consiglio comunale di Roma ha approvato la delibera che prevede il riconoscimento di pubblico interesse e la fattibilità del nuovo stadio della Roma nell’area di Tor di Valle. Dal Campidoglio, quindi, è arrivato il via libera definitivo alla costruzione del futuro impianto della società giallorossa. Il riconoscimento di “pubblico interesse” creerà una corsia preferenziale per il progetto sia negli espropri che nei rapporti con i soggetti privati. “Un’opera che farà parte della storia dell’architettura”, l’aveva definita il sindaco Ignazio Marino. Un regalo mastodontico alla speculazione e ai costruttori amici replichiamo noi e siamo in grado di dimostrarlo. Ad esempio nelle foto che sono state fatte circolare (vedi quella in prima pagina) si vede il progetto del solo stadio della Roma, quella che abbiamo pubblicato lunedi, ripresa da siti statunitensi ai quali corrisponde la proprietà della società A.S. Roma, ci mostrano invece il progetto complessivo. E’ evidente anche ad occhio nudo che lo Stadio della Roma sia solo un “dettaglio”. Intanto la gente e i comitati dei quartieri investiti dal progetto – e che a questo si erano opposti – hanno iniziato uno sciopero della fame di protesta.
Come noto l’operazione “Stadio della Roma” vede destinata all’opera in questione solo una percentuale tra il 14 e il 20% delle cubature di questa operazione immobiliare dal valore immenso che dovrebbe vedere la luce nell’area dell’ex ippodromo di Tor di Valle, nel quadrante sud ovest della Capitale. Si tratta del quadrante sito tra la città e il Litorale, in un’area che storicamente avrebbe voluto edificare il number one dei costruttori romani – Caltagirone – e che invece gli è stata soffiata dai nuovi e rampanti costruttori – come i Parnasi – amici delle giunte di centro-sinistra al Comune e alla Provincia, dal modello Roma di Veltroni a oggi. Ciò spiega le bordate contro l’opera riservate dal giornale romano di proprietà di Caltagirone: Il Messaggero. Ma, al di là della durissima competizione in corso tra i costruttori della Capitale (poco più in là sull’autostrada Roma Latina si sta consumando un’altra guerra, quella tra l’Acer e il grande gruppo Salini-Impregilo), le dimensioni dell’opera impattano pesantemente sul territorio. Se al nuovo Stadio della Roma andranno solo il 14-20% delle cubature, chi si avvantaggerà del rimanente 80-86%?
Sicuramente il costruttore Luca Parnasi, quello che di fatto sta facendo il bello e il cattivo tempo nel quadrante sud-ovest della città, cioè quello dove dovrebbe sorgere la struttura monstre – di fatto un nuovo quartiere – di cui lo stadio, come abbiamo visto, è solo una piccola parte. L’intera zona una volta valorizzata dall’avveniristico impianto sportivo e dal miglioramento di servizi e rete viaria, potrebbe acquistare un valore simile a quella dell’Eur. Ciò significa un guadagno notevole per la Eurnova Srl ossia la società di Parnasi che insieme alla As Roma ha presentato il progetto per un valore che oscillerebbe tra i 500 e gli 800 milioni di euro.
Secondo una interessante inchiesta realizzata da Il Fatto “L’accordo tra il Comune e il costruttore ha come cornice legale la legge 147/2013 e risale a marzo: Eurnova, società del gruppo Parsitalia che fa capo a Parnasi, costruisce lo stadio e, in cambio delle opere infrastrutturali, ottiene “a titolo di compensazione, per il raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario complessivo – si legge nello studio di fattibilità portato all’attenzione del Campidoglio – la realizzazione di un ulteriore SUL a destinazione direzionale e commerciale”. E’ il cosiddetto “Business Park“, un’area da 318.702 mq su cui sorgeranno uffici e attività commerciali, come spiegato nella tabella 11 dello studio. Una rivoluzione per una zona che al momento è considerata piena periferia. La costruzione di un complesso come quello immaginato nel progetto dell’As Roma comporterebbe l’apprezzamento dell’intera area, che in base all’accordo con il costruttore verrà dotata di tutti i servizi necessari: all’adeguamento di via Ostiense con l’allaccio alla Roma-Fiumicino e della Roma-Lido si sono aggiunti il 22 agosto il prolungamento della metro B per far sì che almeno il 50% dei tifosi arrivi allo stadio in metro, un ponte pedonale e un parco sul Tevere. Risultato: vendere o affittare immobili nella zona sarà molto più redditizio non quanto non sia ora, un vero affare per chi costruirà”.
Quanto verranno a costare gli uffici e i locali commerciali del Business Park una volta che il complesso vedrà la luce? Nella tabella 11 della studio di fattibilità si trova la destinazione d’uso degli oltre 318 mila mq previsti: 4.760 mq per i “pubblici esercizi” ovvero “Bar&Restaurants”; 20.000 mq per i servizi alle persone; 15.200 per il settore “turistico ricettivo“; 278.242 destinati al direzionale privato, ovvero gli uffici. Stando ai prezzi indicati dall’Agenzia delle Entrate per l’Eur, moltiplicando i 278.242 mq degli uffici per 6.200 euro al mq, si evince che la loro vendita frutterà qualcosa come 1.725.100.400,00 euro: un miliardo, 725 milioni e rotti. Assimilando i 4.760 mq dei “pubblici esercizi” ai 20.000 mq dei servizi alle persone (locali commerciali destinati ad ospitare principalmente palestre e centri benessere) e ai 15.200 mq destinati a diventare alberghi (per i quali nessun ente aveva quote a disposizione, ma che in realtà costerebbero molto di più) e moltiplicandoli per 6.300 euro al mq si arriva ad un ricavo di 251.748.000,00 euro una volta piazzati sul mercato. In tutto qualcosa come un miliardo e 976 milioni (1.976.848.400,00 euro).
A questa cifra vanno tolti i costi che la società avrà dovuto sostenere. Nello studio di fattibilità si legge che i proponenti calcolano che costruire costerà 1.730 euro al mq, cifra che moltiplicata per i 318.702 mq del Business Park fa 551.354.460,00 euro. Cui vanno aggiunti i 320 milioni per acquisire il diritto a costruire il Business Park (270 previsti nel primo studio di fattibilità più ulteriori 50 frutto dell’accordo raggiunto con Marino a New York), oltre ai 40 milioni investiti per acquisire l’area iniziale dell’ippodromo. Il totale è di 911.354.460 euro, che sottratti ai 1.725.100.400 di ricavi lasciano un netto di 813.745.940 euro. Oltre 800 milioni. Questo nella più rosea delle ipotesi. Nella peggiore, invece, dalla simulazione emerge come moltiplicando i 278.242 mq di uffici per 4.300 euro al mq si ha un ricavo di 1.196.440.600, cui vanno aggiunti 167.832.000 euro di possibili vendite del commerciale, per un totale di 1.364.272.600 euro. Il netto? Quasi 453 milioni.
Pertinente anche la domanda con cui si conclude l’inchiesta de Il Fatto: “Il nodo da sciogliere resta quindi lo stesso: il nuovo stadio della Roma è un’opera di interesse pubblico? Per ora l’unico interesse evidente è quello di Parnasi”.
Ma Parnasi ha già incassato parecchio dal suo rapporto speciale con le giunte di centro-sinistra. E lo stesso Parnasi con le sue operazioni sembra godere di una straordinaria indulgenza da parte di diverse associazioni ambientaliste e urbaniste che non è stata riservata ad altri palazzinari romani.
Sul boom di Parnasi a Roma Contropiano ha realizzato in questi ultimi due anni una ampia inchiesta. Vedi:
Tor di Valle. Un nuovo stadio per coprire altri affari
Stadio a Tor di Valle? No grazie
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bancariomat
Un altro interessante articolo del giugno 2013
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Se i Parnasi fanno il “botto”, la Bnl come si mette?
(20 Giugno 2013)
Sono veramente impressionanti le implicazioni del costruttore Luca Parnasi con Bnl/Bnp Paribas … ed anche, diciamolo, preoccupanti.
Cominciamo dal quartiere Torrino, adiacente all’Eur, dove la Parsitalia appunto dei Parnasi ( il padre Sandro cominciò nel dopoguerra come collaboratore degli altri costruttori “rossi” – più propriamente “rosè” – i Marchini) ha costruito negli anni scorsi un vero e proprio fantasmagorico nuovo quartiere, in gran parte sulla base di finanziamenti Bnl.
E in gran parte, a causa della più complessiva crisi delle vendite immobiliari, ancora invenduto.
Poi c’è la storia del nuovo grattacielo della Provincia di Roma, ormai pressoché ultimato, all’Eur.
Peccato però che la Provincia di Roma, come tutte le altre, sia in fase di scioglimento e non si capisce quindi a cosa debba ormai servire quel grattacielo, anche esso costruito con finanziamenti Bnl e, in misura minore, Unicredit.
Per garantire il finanziamento del grattacielo ( costato 400 milioni di euro, 8 volte il capitale di Parsitalia) la Provincia di Roma aveva messo a disposizione, in un fondo immobiliare denominato Upside e gestito da Bnl / Bnp Paribas, una serie di immobili di pregio della stessa Provincia da mettere in vendita o più propriamente in svendita.
Ma anche qui, a causa della più complessiva crisi immobiliare, la vendita/svendita stenta assai .
Senza poi contare che uno di questi palazzi di pregio, quello in Via Antonio Musa 10, è stato il 6 Aprile scorso occupato in una delle tappe dello Tsounami Tour ed è ora diventato uno studentato autogestito denominato “Degagè”.
Questa occupazione, come già detto, non è stata casuale. I movimenti di lotta hanno occupato quel palazzo, oltre che per denunciare l’intera operazione speculativa Parnasi/Provincia/Bnl, anche per “colpire” pesantemente Bnl/Bnp Paribas per le varie operazioni tutte “politiche” di licenziamenti di propri dipendenti e dirigenti sindacali, in almeno un paio di casi anche militanti dei movimenti sociali romani.
E l’operazione sgombero di questo palazzo, pur tentata in forma blanda e fallimentare la sera stessa del 6 Aprile anche su pressante richiesta della Bnl, risulta assai difficile da praticare.
Sia per una più complessiva ritrosia agli sgomberi di Prefettura e Questura nonchè del nuovo Sindaco di Roma, Ignazio Marino, “compagno” di partito dei Parnasi ma anche in buoni rapporti con una parte delle componenti dello Tsounami Tour che lo anche sostenuto nelle elezioni appena vinte, anche se in verità non propriamente con la componente che ha dato vita a”Degagè”, che invece era elettoralmente “astensionista”. Ma, insomma, inaugurare la nuova gestione con una scelta di sgomberi, non sarebbe per Marino – che è pure dissidente col Pd sul governo di “larghe intese” – il miglior viatico nei rapporti con una parte importante della sinistra”sociale” romana …
Ma soprattutto lo sgombero è difficile perché, nello specifico caso di Via Musa 10, c’è qualche autorevole dirigente della polizia romana che aveva in qualche modo predetto alla Bnl, in tempi non sospetti, che poteva accadere qualcosa del genere, aveva tentato di far capire alla dirigenza Bnl la “pericolosità sociale”, oltre che l’assurdità giuridica, di certi licenziamenti, aveva persino ottenuto rassicurazioni in questo senso ( vero, Quinale ?, vero, Cultrona ?) ed ora, sentitosi preso per i fondelli, non è certo entusiasta di imbarcarsi in una politicamente e tecnicamente complicata operazione di sgombero di quel palazzo.
Quindi a rischio l’operazione Torrino, a rischio quella Eur/Provincia, ma non finisce qui …
La Parsitalia di Parnasi è infatti anche incaricata di costruire il nuovo centro direzionale Bnl nei pressi della Stazione Tiburtina. Che notoriamente dovrebbe vedere la luce entro il 2015 ma che è ancora, come già dicevamo poco tempo fa in un altro articolo, un campo di erbacce. Che impegna però altri 300 milioni di euro di finanziamento BNL, tramite Servizio Italia, allo stesso Parnasi, oltre a costringere qualche migliaio di lavoratori Bnl a stare “stipati” per anni come sardine, soprattutto in Via Aldobrandeschi 300, in attesa del nuovo fantasmagorico centro.
E non finisce qui. Parnasi si è anche imbarcato ( anche qui con assistenza finanziaria Bnl e Unicredit ) nella vera e propria “araba fenice” dell’urbanistica romana, e cioè il presunto ( molto presunto) nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, che dovrebbe essere costruito sulle ceneri del vecchio ippodromo, stadio che ha la stessa probabilità reale di vedere mai veramente la luce che ha l’ormai leggendario Ponte sullo Stretto di Messina.
E poi, già che ci siamo, in Bnl siamo bravi a non farci mancare nulla, c’è anche la pesante esposizione con Bnl di un’altra Parnasi, la sorellina Flavia, portatrice di progetti non meno fantasmagorici nella sua veste di produttrice cinematografica, progetti che però fino ad oggi non hanno mai riscosso particolare successo di pubblico e di cassa, l’ultimo caso è quello del pretenzioso semi-kolossal “Gladiatore in affitto”, miseramente fallito ai botteghini e quasi subito scomparso dalla programmazione delle sale.
E sempre l’intera famiglia Parnasi sembra essersi lanciata, ovviamente anche qui col sostegno Bnl, in un’ulteriore avventura, stavolta editoriale, quella di ridare vita al quotidiano “Paese Sera”.
Ma in quel di Parigi i proprietari della Bnl conoscono veramente, in tutti i particolari, questa situazione ingarbugliata e alquanto rischiosa in essere a Roma ?
Roma, 20 Giugno 2013
InfoAut Bnl
http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o39216