Siamo a fine ottobre. In questi giorni – complice un caldo e un secco eccezionale – il Piemonte, ed in particolar modo la Val Susa – è stato colpito da incendi devastanti. In Valle di Susa, i danni sono ingenti. Come lo furono in Sicilia quest’estate.
Vorrei riflettere su un aggettivo che ho usato: eccezionale. Certamente, non si può dedurre nulla sui cambiamenti climatici da un singolo episodio. Un conto è il tempo, il meteo: un altro conto è il clima. Fare i soliti discorsi sembra fin troppo facile, e scontato.
Tuttavia. Tuttavia riflettevo, ad una conferenza che ho sentito pochi giorni fa, su questo dato: in Italia abbiamo valori e notizie affidabili sulla temperatura da circa due secoli. Ebbene, la statistica ci dice che nove dei dieci anni più caldi degli ultimi due secoli appartengono all’ultimo ventennio. Nove su dieci: primeggia ancora il terribile 2003 (l’anno della bolla di caldo, per chi lo ricorda), ma – per esempio – al secondo e terzo posto ci sono gli ultimi due anni 2015 e 2016. Questo 2017 ha buone speranze di piazzarsi nelle prime posizioni, visto che appunto raramente si erano viste condizioni di temperatura, assenza di pioggia, insistenza dell’alta pressione come quelle di questi due mesi autunnali di settembre ed ottobre.
Quando da “eccezionale”, lo stesso fenomeno inizia a ripetersi costantemente nell’arco dei decenni, bisogna abbandonare questo aggettivo: occorre parlare diversamente, occorre parlare di tendenza al rialzo della temperatura. E che questo fenomno, a livello di statistiche pluridecennali e modelli di calcolo -ormai, assai raffinati – sia dovuto alle attività umane, ed in particolare all’immissione in atmosfera di anidride carbonica, livello scientifico non è più negata praticamente da nessuno. Ci sono sfumature, ci sono valutazioni diverse dell’entità del fenomeno, ma nessuno più lo nega. Diverso è ovviamente l’ambito politico, ma ritengo questo un puro accidente, che neppure vale la pena di nominare. Il presidente del paese maggiormente responsabile dei cambiamenti climatici, nega la loro esistenza, disimpegna gli Stati Uniti da ogni accordo (come i pur blandi Accordi di Parigi), fa cancellare da tutti i siti governativi la frase “climate change”. Aboliti per decreto i cambiamenti climatici. Non vale la pena commentare.
Allo stesso modo sembra scontato un mero ragionamento economico, che però si riallaccia a quello di prima. Il vasto incendio che stava divampando in Val Susa è stato domato anche grazie a due aerei Canadair. Occorre dire che il grande sforzo è stato quello dei vigili del fuoco arrivate sui luoghi, oltre che dei mltissimi volontari. Ma riflettiamo sui mezzi. Se Due aerei anti-incendio sembrano pochi, consideriamo che in tutta Italia ce ne sono solo 19. Inutile ripetere che il loro costo è una frazione di quello di un cacciabombardiere F35. Nel 2017 lo Stato ha speso 724 milioni per gli F35, che è il programma più costoso, cui possiamo aggiungere 717 milioni per gli Eurofighter. Eccetera. Cose già dette, a suo tempo, inascoltate.
Certamente il vento di caduta (phoen) e la ”eccezionale” siccità sono alla base della gravità, del rapido propagarsi degli incendi. Il dolo che può averli originati ha trovato strada facile. Ed era un disastro annunciato da parecchie settimane, viste le condizioni ambientali.
Certamente le forze – quelle disponibili – sono state impiegate con razionalità visti i molti fronti sui quali si sono trovate ad operare. Ma sono abbastanza, visto quanto è successo al Sud questa estate? Prevedere queste emergenze, stante l’evoluzione del clima, non è difficile.
Non sarebbe il momento per le polemiche, ma ricordiamo che la prevenzione costa molto meno dello spegnimento. Ma i danni non finiscono a incendio spento, l’ecosistema li mstrerà, dolorosamente, pian piano. Nel frattempo, dice il meteo, non pioverà almeno fino a fine mese.
Concludo, dopo tanti dati misurati, con una sensazione. Il mese scorso, un caro amico che non nomino – Johnson Righeira – mi ha mandato il video di una sua nota canzone, che è stata riportata al successo da Francesco Guasti, un cantante giovane. L’uscita del pezzo non è stata a giugno, come capitava qualche anno fa, ma a settembre. Tanto, la stagione estiva si è prolungata, ci siamo detti al telefono scherzando fra di noi.
Quando ho messo giù il telefono, ho pensato: speriamo. Era la prima volta in mezzo secolo che speravo che finisse l’estate.
Oltre che sperare occorre agire. Ma è quando piove, però, che “chi di dovere” a livello nazionale e mondiale, dovrebbe pensarci.
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