Dopo la tragedia sfiorata domenica scorsa sul canale della Giudecca a Venezia, ieri Venezia si è mobilitata per dire NO ALLE GRANDI NAVI a Venezia e in Laguna.
Parecchie migliaia di persone sono scese per le calle delle città gioiello d’Europa, altre centinaia hanno seguito il corteo con le barche, giungendo fino a Piazza San Marco, armati di cartelloni e slogan di ogni tipo, determinati a portare il proprio no all’entrata delle grandi navi in laguna e soprattutto a Venezia.
In testa un gruppo composito che abbraccia il movimento Friday for Future e del Comitato No Grandi Navi, seguiti da molti veneziani ma anche da gente venuta dal resto della regione, che sollevano temi importanti come l’inquinamento e l’impatto che questi mostri hanno sull’ambiente.
Il fragile ecosistema della laguna, in cui Venezia è elemento integrante, è messo in serio pericolo da questi giganti del mare che da ormai troppi anni hanno avuto accesso ai canali veneziani per far vivere ai turisti l’indimenticabile esperienza di approdare in nave in una città unica al mondo come Venezia. La laguna sta scomparendo lentamente, i fondali si stanno depauperando, e con la complicità del cambiamento climatico e del carico inquinante che arriva in laguna attraverso i fiumi e gli scarichi del petrolchimico, anche il mare sta diventando un deserto.
Ma la manifestazione di ieri mette in luce anche molto altro, e pone al centro una questione politica dirimente, che è quella che attiene al ruolo delle istituzioni nella scelta tra il bene pubblico comune e quello privato di mercato.
«L’incidente della scorsa domenica», dichiara il comitato NO GRANDI NAVI, «è la prova empirica del rischio che questi ecomostri ambulanti comportano: non è più sufficiente limitarsi a chiedere che le grandi navi restino fuori dalla laguna, occorre anche che il provvedimento sia immediato».
Nonostante questo, anche ieri, mentre quasi 10.000 persone manifestavano in piazza S. Marco, due navi da crociera siano state dirottate da Venezia solo in via straordinaria e ad oggi, nonostante la sfiorata tragedia, non c’è nessuna volontà chiara di impedire che questo possa succedere di nuovo.
Tra i responsabili, il sindaco Luigi Brugnaro e il presidente della regione Luca Zaia, che nonostante l’indignazione retorica per l’accaduto, non sono mai arrivati a prendere l’unica decisione possibile e praticabile che tuteli la città di Venezia, i suoi sempre meno abitanti, e l’ambiente.
aLe compagnie croceristiche, forti del fatto che il loro business porta c.a. 150 milioni di euro all’economia veneziana (e non è dato sapere quanto ne porta alle compagnie croceristiche), si sono dette disponibili a contrattare una via alternativa per raggiungere Venezia, ma non a discutere l’abbandono del traffico marittimo in città. Di fatto, questa è una decisione che solo la politica può imporre.
Il processo di turistificazione avviene a Venezia come in molte altre città, e rappresenta la vecchia nuova frontiera su cui speculare ed estrarre profitto. Che questo provochi la perdita d’identità sociale, culturale e ambientale non è al centro del dibattito, e le scelte che ancora la politica veneta non ha compiuto, dimostra chiaramente come l’interesse collettivo non sia all’ordine del giorno.
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