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Glifosato. Doppio regime per la Bayer tra Usa e Ue

La multinazionale chimico-farmaceutico tedesca Bayer ha reso noto di aver raggiunto un accordo con i querelanti per chiudere le cause in corso negli Stati Uniti relative all’erbicida glifosato.

La questione del glifosato si è aperta dopo l’acquisizione della statunitense Monsanto da parte della Bayer nel 2018. Il diserbante, noto come Roundup, veniva prodotto e venduto diffusamente dalla multinazionale statunitense ed erano state avviate diverse class action contro di essa.

I querelanti ritengono che l’erbicida sia responsabile dei loro tumori, mentre la Bayer, che nega ogni nesso di causalità, ha già perso diverse cause relative al glifosato.

Secondo quanto riferisce il quotidiano tedesco “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, la Bayer si è impegnata a versare fino a 9,6 miliardi di dollari, mentre altri 1,25 miliardi di dollari saranno resi disponibili a tutti i futuri querelanti.

L’accordo non chiude però tutte le cause in corso negli Usa contro la Bayer per il glifosato. Vi sono ancora 30 mila casi in cui gli avvocati devono ancora concordare un’intesa. Secondo Bayer, l’accordo avrebbe chiuso i tre quarti di tutti i procedimenti relativi al glifosato, mentre vi sono 125 mila azioni legali intentate e non ancora avviate.

Recentemente, l’azienda aveva reso noto che le cause aperte per il glifosato erano 50 mila. Secondo l’amministratore delegato di Bayer, Werner Baumann, l’accordo “risolve la maggior parte delle cause legali in corso e stabilisce un chiaro meccanismo per affrontare i rischi di possibili controversie future”. Inoltre, l’intesa “ha senso dal punto di vista economico, rispetto ai notevoli rischi finanziari di una disputa legale di vecchia data e ai relativi effetti negativi sulla reputazione e l’attività” del conglomerato.

In Europa la questione del divieto d’utilizzo del glifosato è spaventosamente contraddittoria. Prima – quando era Monsanto – era vietato, poi quando è diventato Bayer, è stato “sdoganato”.

Il primo ottobre del 2019, la Corte di Giustizia Ue ha riaperto il caso sulla base della causa presentata dal Tribunale penale di Foix (Francia) dopo la protesta dei “Mietitori volontari anti ogm dell’Ariège”.

Il gruppo ambientalista era stato accusato di aver danneggiato dei bidoni di Roundup, contenente glifosato, nella città di Pamiers. Da qui è seguita la domanda di chiarimenti alla Corte Ue da parte della giustizia francese sulla validità della normativa europea inerente l’utilizzo dell’erbicida.

Ma il risultato della corte europea è stato quantomeno sconcertante: “Non sussiste alcun elemento capace d’inficiare la liceità dell’uso del glifosato”.

Prodotto dalla Monsanto e introdotto nel 1974, dalla sua immissione nel mercato con il nome di “Roundup”, ne sono state spruzzate sui campi milioni di tonnellate. Si tratta di un prodotto economico e semplice da utilizzare.

Nel 2015, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), che fa parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), inserisce il glifosato nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene”, quindi nel gruppo 2A.

Ma a novembre del 2015 l’agenzia europea EFSA pubblica una valutazione del glifosato che contrasta con la conclusione della IARC: il glifosato non sarebbe genotossico (vale a dire non danneggerebbe il DNA) e non rappresenterebbe un rischio di indurre nell’uomo il cancro.

Nel 2017, il Guardian ha scoperto che molte pagine del rapporto dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) per la valutazione dei rischi dell’uso del glifosato, erano sono state copiate dalla richiesta di rinnovo dell’autorizzazione da parte delle aziende che lo producono. 

Poi nel 2018, la proprietà e la vendita del Roundup passa da Monsanto a Bayer, cioè da una multinazionale statunitense ad una tedesca. E in Europa per la vendita del Roundup si aprono porte prime chiuse o socchiuse.

A poco più di due anni di distanza dalla decisione sul rinnovo dell’autorizzazione Ue all’erbicida più diffuso al mondo – ma sotto accusa per la potenziale cancerogenicità – gli stati europei si sono messi decisamente in ordine sparso in vista della sua possibile messa al bando nel 2022, quando scadrà il permesso dimezzato a cinque anni per favorire un compromesso l’agricoltura sarebbe rimasta di fatto senza alternative.

In Italia, il Decreto del 9 agosto 2016 del Ministero della Salute non mette al bando i prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato. Semplicemente, ne modifica le condizioni d’impiego. Ad oggi, le limitazioni sull’uso dell’erbicida Roundup riguardano:

  • l’uso non agricolo su suoli che presentano una percentuale di sabbia superiore all’80%, nelle aree vulnerabili, nelle zone di rispetto e nelle aree frequentate dalla popolazione quali parchi, giardini, campi sportivi e aree ricreative, cortili e aree verdi all’interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie;
  • l’uso in antecedente la raccolta teso solo a ottimizzare il raccolto o la trebbiatura.

Per tutti gli altri casi, invece, i prodotti fitosanitari contenenti il potente erbicida continuano a essere autorizzati e ampiamente utilizzati.

 

 

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