Gli economisti guardano con attenzione (non più con scettica curiosità) alle criptomonete, per capirne le potenzialità “eversive” rispetto alle valute statali principali e dunque alla conformazione del sistema monetario.
Assai meno attenzione viene invece dedicata al “come” funziona la catena delle blockchain che costituiscono l’unica “base fisica” di una moneta descritta come “immateriale”.
Non è sorprendente, anzi. E’ una conferma dell’atteggiamento con cui qualsiasi “agente del capitale” guarda alla realtà fisica del mondo: un deposito di risorse da sfruttare, senza neanche calcolare il prezzo a lungo termine di questo sfruttamento.
L’unica cosa che interessa, infatti, è il prezzo immediato, sottoposto alla “normale” dialettica tra domanda e offerta (capacità estrattiva e/o distruttiva).
Al contrario, questo contributo analitico realizzato da Papernest (una società che si occupa di confrontare le diverse offerte per le forniture di luce e gas), si concentra sul consumo energetico – fisico, dunque – delle blockchain che “sorreggono” il Bitcoin e tutte le contrattazioni con questa moneta.
Il risultato è sorprendente. Ma solo per chi crede davvero che “l’immateriale” sia davvero svincolato dalla materia. L’analogia con il pensiero viene immediata, e basta ricordare che noi – gli esseri umani – siamo in fondo quello stato della materia che ha la capacità di pensare…
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Consumi e impatto ambientale di Bitcoin. La moneta virtuale Bitcoin è tornata sulla bocca di tutti negli ultimi mesi del 2020, lasso di tempo nel quale la criptovaluta più famosa del mondo è passata da un valore unitario di $10.000 ad un prezzo di $19.000. Sfiorando il massimo storico raggiunto dalla moneta nel Dicembre del 2017, quando superò per poche ore il muro dei $20.000, facendo collassare molti sistemi di offerta. Andiamo a scoprire come funziona la rete Bitcoin a livello di costi energetici.
Come funziona il processo di Mining e quanto consuma
Una questione di cui però non si parla più tanto come un tempo è quella del consumo energetico che i Bitcoin richiedono per essere “minati”. Il mining è il processo che permette di generare nuovi blocchi della blockchain di Bitcoin, ovvero di inserire definitivamente nel ledger (registro) di Bitcoin una serie di transazioni. Con questa operazione di mining, per cui viene generato in media un blocco ogni 10 minuti, vengono inoltre “stampati” i nuovi bitcoin.
“un nuovo blocco in media ogni 10 minuti”
Questi nuovi Bitcoin generati vengono assegnati come ricompensa al minatore che ha minato il corrispettivo blocco. Minare significa risolvere un complicato algoritmo crittografico per cui servono dei mega computer con una potenza di calcolo molto elevata, e un consumo di energia elettrica spropositato.
Consumo di energia elettrica per minare
Sono lontani i tempi in cui si poteva minare Bitcoin tranquillamente da casa propria con il proprio PC. Oggi per supportare la potenza di calcolo necessaria i minatori hanno riunito le proprie forze in Mining Pools, che sono ora gestiti come società, e sempre localizzati in stati dove il costo dell’energia elettrica è molto più basso.
Basti pensare che:
- mentre in Italia il prezzo medio dell’energia elettrica è €0,22 kW/h (fonte: Globalpetrolprices),
- nei paesi dove avviene la maggiore attività di mining, ovvero Venezuela, Georgia, Cina e Stati Uniti (fonte: Forbes), il prezzo medio si aggira rispettivamente, convertito in Euro, sugli €0, €0,05, €0,07, e €0,12 kW/h.
Qual è l’impatto ambientale dei Bitcoin?
Il consumo annuale di energia elettrica dei Bitcoin si aggira su una cifra di quasi 80 Terawatt/h di elettricità (fonte: Statista). Questo numero così ci dice poco, ma per fare un esempio più concreto:
“il solo network di Bitcoin consuma in un anno lo stesso consumo di energia di una nazione come il Cile.”
Invece, l’impronta ecologica di Bitcoin, misurata in emissioni di CO2, sfiora i 37 Milioni di Tonnellate di CO2 all’anno, questa cifra impressionante, (dati di Digiconomist)
“corrisponde all’impatto ambientale di una nazione come la Nuova Zelanda.”
Anche nei confronti di altri sistemi di pagamento, Bitcoin, che vince per sicurezza, decentralizzazione e indipendenza del sistema, pecca però per consumi energetici. Il confronto con il circuito VISA è impietoso.
“Una transazione BTC consuma quanto 600.000 transazioni del famoso circuito di carte di credito.”
Le mining farm
Dovete immaginarvi questi mining pool come dei grandi capannoni, con dentro un numero infinito di processori, e di ventilatori per raffreddare i computer.
Molte mining farm, soprattutto negli Stati Uniti, tendono a stabilirsi vicino alle fonti energetiche più economiche, che spesso risultano essere le centrali idroelettriche. Se però è vero che da un lato queste centrali sono sostenute dall’uso di energia rinnovabile, dall’altro, tolgono questa energia alle comunità locali, creando contrasti con le Autorità. In Cina, dove invece l’inquinamento delle fabbriche di mining è addirittura maggiore, il governo Federale aveva proposto un ban all’attività di mining perché troppo inquinante per l’ambiente.
Basteranno le energie rinnovabili a rendere Bitcoin sostenibile?
Ci sono molte teorie contrastanti e preoccupanti riguardo all’impatto energetico dell’attività di mining. Una ricerca fatta da alcuni illustri studiosi in materia (tra cui si annoverano Mora, Rollins e altri), parla addirittura di un:
“aumento di due gradi celsius sulle temperature globali, dovuto all’attività di mining Bitcoin nei prossimi 30 anni.”
Il giornalista e data scientist De Vries sostiene nel suo studio che l’eccessivo consumo e inquinamento ambientale di Bitcoin non possa essere ridotto attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili alternative.
Il futuro delle criptovalute sarà energeticamente sostenibile?
Tuttavia, esistono già alcuni network blockchain che utilizzano un protocollo di verifica differente dalla proof-of-work di Bitcoin. Si tratta del proof-of-stake, un protocollo che richiede molta meno potenza di calcolo per verificare le transazioni e processarle: tra le principali criptovalute che utilizzano questo protocollo, spiccano Neo e Dash. Questo potrebbe essere un potenziale futuro per la sostenibilità ambientale delle criptovalute.
Fonte: https://www.csttaranto.it/
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