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Economia Circolare: utopia o distopia?

In Europa tutti ormai sono d’accordo: perché l’Economia Circolare prenda piede e salvi il mondo occorre governare filiere, settori produttivi e mercati, e non più solo creando vincoli normativi, incentivi o accordi di programma tra pubblico e privato.

La sfida infatti è epocale e gli obiettivi ambientali sono ambiziosissimi: c’è bisogno di provvedimenti più pesanti. Ad essere istituite saranno quindi vere e proprie cabine di regia private che godranno di poteri e leve di influenza economica che nella storia dei regimi liberali sono del tutto anomali.

La formula magica, perlopiù sconosciuta tra i non addetti, è racchiusa in quattro parole. Due sostantivi, un aggettivo e una preposizione articolata: “Responsabilità Estesa del Produttore”. Ossia: chi produce o anche solo distribuisce un bene, di qualsiasi tipo, è responsabile del suo impatto sull’ambiente.

Non è un concetto nuovo ma viene rafforzato notevolmente in seguito al Pacchetto dell’Economia Circolare entrato in vigore in Europa nel 2018 e ratificato dall’Italia lo scorso settembre.

Le industrie dovranno costruire sistemi collettivi, ovvero cordate industriali, che si dedicheranno non solo a finanziare ma anche a organizzare le filiere del recupero dei prodotti a fine vita.

Bisogna riciclare e bisogna riutilizzare, per la normativa ambientale questo è il punto chiave. Ma i prezzi internazionali delle materie prime-seconde e dei beni usati fluttuano e il mercato è preda della geopolitica. Insomma, i “poveri imprenditori” europei e nostrani che recuperano rifiuti ed esportano materie prime-seconde o beni usati, oggi come ieri, non possono prendersi carico da soli dell’Economia Circolare.

E’ per questo che hanno bisogno dell’aiuto dei produttori e delle loro  cabine di regia. I finanziamenti dei produttori garantiranno che riutilizzo e riciclo avvengano sempre e comunque coprendo le perdite di mercato con sostanziosi quid economici.

E se i produttori debbono finanziare, ossia coprire le perdite, è ovvio che poi la norma conceda loro anche di organizzare.

Nei tavoli ministeriali degli ultimi anni il mantra di Confindustria era proprio questo: se mettiamo i soldi dobbiamo avere il controllo, altrimenti rischiamo che chi recupera i rifiuti ci inganni con il fine di succhiar denaro. E che controllo sia, hanno detto istituzioni e legislatori. Ma controllo fino a che punto?

Se inseriamo nel computo ance gli impatti indiretti è molto difficile capirlo. Il Pacchetto sull’Economia Circolare e ancor di più il Piano d’Azione Europeo sull’Economia Circolare approvato lo scorso febbraio non si limitano a parlare di recupero, dato che (impossibile essere in disaccordo!) non è possibile recuperare alcunché quando le industrie usano materiali che non sono durevoli né riciclabili.

Il Piano d’Azione lo dice chiaramente: niente più obsolescenza programmata e prodotti scadenti che rasentano l’usa e getta. Al contrario, promuove il diritto alla riparazione, il diritto all’aggiornamento, e una riforma generale dei processi produttivi in un’ottica di circolarità.

L’istituzione delle cabine di regia quindi servirà anche a questo: a creare nuovi equilibri di convenienza che, mettendo i produttori e i distributori di fronte al costo del rifiuto, li induca anche a riorganizzare la produzione e il mercato.  Le cabine di regia, de facto, non si occuperanno solo di recupero ma anche di produzione.

Ebbene sì: la necessità d’intervento nata dall’ultimo anello della catena, che è anche il più puzzolente e problematico, ossia il rifiuto, è andata a ritroso fino ad abbracciare l’intero processo produttivo. In prospettiva la Responsabilità ambientale e le sue cabine di regia influenzeranno l’intero sistema e non solo il mero rifiuto.

A livello istituzionale il salto ideologico è già compiuto: se per risolvere il problema ambientale c’è bisogno di pianificazione…allora pianificazione sia! Se però ampliamo il nostro sguardo oltre la visuale strettamente ecologista, noteremo subito che tale prospettiva modifica significativamente i rapporti di forza economici e sociali (anche se in che proporzione non è ancora dato saperlo).

Innanzitutto dato che l’Europa non è socialista ma è liberale, questa conclamata necessità di pianificazione NON si sta traducendo in maggiori poteri dello Stato sulla sfera economica. “Non sia mai! Sarebbe una dittatura!”.

Come abbiamo già detto i poteri vanno direttamente ai produttori, o meglio ai produttori sufficientemente grandi e importanti da poter governare il meccanismo in una sorta di “pianificazione autogestita”. In Italia il Ministero oggi chiamato della “Transizione Ecologica” si limiterà a “vigilare”.

Una mente non viziata da pregiudizi, ma neanche troppo condiscendente, dovrebbe quindi domandarsi se tali cabine di regie non rappresentino in realtà, allo stesso tempo, un’estremizzazione e una legalizzazione delle logiche di cartello che da sempre vanificano le premesse teoriche sulle quali dovrebbe fondarsi l’economia di mercato. Altro che mano invisibile!!  L’argomento ecologico, genuino o pretestuoso che sia, apre la porta a governance di mercato non pubbliche ma private la cui legittimità è tutta da inventare. Ma ora, almeno per un istante, mettiamo da parte in un cassetto la questione della Responsabilità Estesa del Produttore per focalizzarci su altre implicazioni dell’Economia Circolare.

Nel 2014 la Fondazione McArthur, finanziata da colossi multinazionali come Renault, Philips e H&M, nel rapporto “Towards the Circular Economy” lanciava un’idea rivoluzionaria.

Secondo la Fondazione, una maniera per incentivare le industrie a creare prodotti caratterizzati da massima durevolezza abbandonando ogni tentazione di obsolescenza programmata è smettere di vendere e cominciare a fare leasing su tutto.

In quest’ottica un consumatore invece di essere proprietario della sua camicia o del suo frigorifero diventa un semplice affittuario che, a fronte di un canone periodico, ha il diritto di rimpiazzarli ogni volta che si deteriorano.

Uno schema che logisticamente si adatta bene a un’altra delle proposte chiave della Fondazione: il take back, ovvero la rottamazione dei beni consumati mediante la loro restituzione nei punti vendita al dettaglio. Tutto, ma proprio tutto, perfettamente in linea con le politiche europee sull’Economia Circolare.

Nel mondo industriale queste idee non sono marginali, al contrario sono in molti gli entusiasti che fondano su di esse la loro visione del futuro.  In poche parole…niente più proprietari di oggetti! Solo utenti.

Il dilemma storico sulla proprietà dei mezzi di produzione e degli immobili, rischia quindi di estendersi anche alla proprietà dei beni di consumo. Mica male come innovazione, non credete?

Ma ora mettiamo da parte un attimo, nello stesso cassetto dove abbiamo messo la Responsabilità Estesa del Produttore, anche l’intero argomento dell’Economia Circolare.  Distogliamo la nostra attenzione dall’ecologia, dagli ambientalismi e da tutte le loro implicazioni e concentriamoci per un momento su Internet.

Non mi riferisco al web al quale ci siamo tutti abituati negli ultimi vent’anni, ma all’Internet delle Cose, ossia a un’altra tendenza che nel mondo industriale è unanimemente considerata embrione del futuro. Il futuro, abbastanza vicino, della cosiddetta Industria 4.0.

Un futuro dove Siri e OK Google registrano le tue telefonate ed interrompono le tue conversazioni chiedendo di ripetere perché non hanno capito bene, e dove il frigorifero e la camicia di cui parlavamo prima sono dotati di chip o software che ne garantiscono tracciabilità e logistica e, possibilmente, inviano feedback alla casa madre in un’ottica di ciclo di qualità.

Un futuro che si intravede chiaramente analizzando il caso giudiziario dell’aspirapolvere Roomba, descritto dal New York Times nel 2017, sorto dalle lamentele di un acquirente che si è accorto che il piccolo elettrodomestico, mentre girava per casa facendo le pulizie, scattava foto per segnalare alla casa produttrice la composizione della sua famiglia e altre mille altre informazioni che poi venivano utilizzare per creare profilazioni pubblicitarie.  “L’acquirente è proprietario dell’aspirapolvere ma non del software che la fa funzionare” affermava la casa produttrice per difendersi dalle accuse di violazione della privacy.

Un futuro dal sapore cyberpunk dove un esaltato Elon Musk, mentre la moglie Grimes canta “ci piace il potere, prima o poi capitolerete”, commercializza Neuralink esponendo al web i cervelli delle persone direttamente e senza filtri.

Adesso tiriamo nuovamente fuori dal cassetto Responsabilità Estesa del Produttore ed Economia Circolare, mettiamole a fianco di Internet delle Cose e Neuralink e poi facciamo un bel mescolone così come deve essere, dato che alla fin fine stiamo parlando delle stesse corporation e degli stessi consumatori…ossia il branco di pirla che prima o poi non potrà rivendicare un titolo di proprietà neanche per le proprie mutande (le quali, magari, misureranno la frequenza delle erezioni per capire a chi va venduto il viagra).

Fatto il dovuto mescolone, non è difficile far correre la mente a scenari distopici di ogni genere. A me, personalmente, pensando al futuro viene in mente questa definizione di sintesi: Concentrazione Illegittima di Potere.  Ma a prescindere dall’immaginazione di ciascuno, forse l’unica cosa davvero importante è prendere atto che certi segnali sono sufficientemente inquietanti da iniziare a chiedersi, ancora una volta e più seriamente che mai: che fare?

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1 Commento


  • Walter Bajardo

    Gli Italiano sono affetti da bizzantinismo, vogliamo spaccare il capello in due in ogni cosa.
    Ed ecco che le leggi per poter lavorare sulla cosidetta ‘spazzatura” diventano altamente complicate per chiunque voglia mettersi in proprio e fare un lavoro di riclico.

    Se volete che l’economia circolare vera, possa raggiungere delle percentuali vicine al 100%, c’e’ bisogno di semplificare la normativa in modo che sia semplice in verifica e semplice da attuare.

    Lascio ad altri il desiderio del controllo su tutto. Io sono interessato solo all’aumento dei posti di lavoro ed all’incremento della raccolta delle materie secondarie.

    Sulle quali grava uno montagna di normativa e che qualcuno che vuole il controllo totale vuole pagare molto meno rispetto alla materia primaria.

    Buon futuro a tutti

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