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Greenwashing all’europea: nucleare e gas sarebbero “sostenibili”

La Commissione europea ha confermato la propria posizione favorevole a classificare come “sostenibili” il gas e il nucleare, in quanto fonti oggi necessarie ad assicurare la transizione energetica verso la ‘neutralità climatica’, l’obiettivo zero emissioni nette, fissato per il 2050.

La decisione, un ‘atto delegato complementare’ del regolamento Ue sulla Tassonomia, era già in gran parte nota dall’inizio dell’anno; ed è stata ovviamente accolta dalle critiche di ambientalisti, Verdi al Parlamento europeo, gruppi della sinistra e persino una parte del Ppe.

Fra gli Stati membri, Austria e Lussemburgo avevano già annunciato un ricorso in Corte europea di Giustizia, se il testo fosse stato formalizzato senza sostanziali modifiche, come in effetti è stato. Insieme a loro, anche la Spagna e la Danimarca avevano firmato recentemente una lettera contraria alla posizione della Commissione.

Anche la ‘Piattaforma sulla finanza sostenibile’, un gruppo di una cinquantina di esperti messo in piedi dalla stessa Commissione per farsi consigliare sulla Tassonomia, ha demolito dieci giorni fa le argomentazioni dell’inclusione del nucleare e del gas.

L’Esecutivo Ue ha raggiunto un accordo politico sul testo, ma non tutti i suoi membri hanno votato a favore. La Commissione non ha voluto indicare chi si è opposto, ma si tratta di almeno tre o quattro commissari. Tra questi, il responsabile del Bilancio, Johannes Hahn, aveva annunciato nei giorni scorsi che lo avrebbe fatto, e sembra che abbia votato contro anche il responsabile del Green Deal, il vicepresidente esecutivo Frans Timmermans.

La Tassonomia (‘regole di classificazione’) mira a guidare gli investimenti privati verso le attività economiche che ‘contribuiscono sostanzialmente’ a conseguire la transizione energetica necessaria per raggiungere il traguardo zero emissioni al 2050.

Allo stesso tempo, però, queste attività economiche non dovrebbero per principio causare ‘danni significativi’ agli altri quattro obiettivi ambientali previsti (oltre agli obiettivi climatici) dal Regolamento generale Ue sulla Tassonomia: economia circolare, riduzione dell’inquinamento, protezione della biodiversità, tutela degli ambienti acquatici.

E’ proprio su questo punto – il rispetto del principio Dnsh (‘do not significant harm’) – che ci sono le maggiori critiche alla scelta della Commissione sul nucleare.

La concessione, dello status di attività economica ‘sostenibile’, in cambio di un impegno che gli Stati membri dovranno prendere, a partire dal 2025, per la predisposizione entro il 2050 dei depositi geologici profondi in cui mettere le scorie altamente radioattive, appare a tutti come ‘una cambiale in bianco’ per il business.

Bisogna infatti ricordare che le scorie rappresentano un rischio ambientale gravissimo, con “tempi di dimezzamento” della radioattività nell’ordine delle migliaia di anni; e nonostante l’energia atomica esista da oltre 60 anni il problema dello stoccaggio di questa scorie non è mai risolto in modo sicuro e definitivo,.

Gli investimenti considerati ‘verdi’ oggi potrebbero infatti rivelarsi ‘significativamente dannosi’ domani, quando ormai saranno stati spesi, nel caso in cui i depositi geologici non funzionassero come si spera (sono ancora poco più di un’ipotesi di scuola, ancora non realizzata in nessuna parte del mondo), o qualora vi fossero fughe altamente radioattive da scorie nucleari prodotte prima del fatidico 2050.

Inoltre, la Commissione non ha effettuato alcuna analisi d’impatto riguardo alla proposta sul nucleare: non ha analizzato, ad esempio, il rischio che siano dirottati verso questo comparto gli investimenti che potrebbero e dovrebbero andare in priorità alle rinnovabili.

Un’altra critica molto forte all’Esecutivo Ue, che potrebbe motivare una opposizione all’atto delegato maggiore del previsto (anche in una parte del centro destra), è quella di aver ignorato o aggirato le prerogative dei co-legislatori.

L’atto delegato dovrebbe limitarsi strettamente all’ambito tecnico, e a decisioni di esecuzione che esplicitino ciò che è implicitamente già contenuto nelle scelte politiche del regolamento legislativo.

Qui invece la Commissione ha forzato la mano, è andata oltre i poteri ad essa delegati, e ha travestito da decisione tecnica una scelta politica fondamentale e divisiva, per gli Stati e per il Parlamento europeo, com’è quella di considerare ‘sostenibile’ l’energia nucleare.

Segno che la “pressione” delle aziende del settore – e dei paesi il cui approvvigionamento energetico dipende molto dal nucleare – è stata davvero fortissima. La Francia, soprattutto, deve finanziare l’ammodernamento e il prolungamento del ciclo vitale delle sue 56 centrali nucleari. Il costo previsto è di almeno due miliardi per ogni centrale.

Soldi che vanno trovati sui “mercati” e che comportano tassi di interesse assai differente nel caso diano classificati come “investimenti green” oppure no. Nel secondo caso, infatti, gli interessi sarebbero molto più alti perché l’investimento sarebbe giudicato rischioso (un incidente o una diversa maggioranza politica futura potrebbero costringere a rivedere il programma).

Per quanto riguarda il gas, invece, la Commissione ha confermato che sono ammessi nella Tassonomia tutti gli impianti che producono meno di 100 grammi di CO2 per kWh; è un limite di incerta validità scientifica, ma comunque già previsto dal Regolamento generale, e può essere raggiunto solo da installazioni che usino sistemi di sequestro e stoccaggio della CO2 (‘Carbon Capture and Storage’, Ccs), o con l’uso massiccio di gas a basso contenuto di carbonio (‘low carbon’).

Questa condizione non è soggetta a una scadenza temporale (‘sunset clause’). In sostanza, impianti di questo tipo non solo sono considerati compatibili, ma forniscono un ‘contributo sostanziale’ all’obiettivo della neutralità climatica.

Ma, oltre a questo, la Commissione propone poi di considerare temporaneamente ‘verdi’, fino al 2030, anche gli investimenti destinati a costruire nuovi impianti che hanno un impatto più pesante sul clima: quelli che producono fino a 270g di CO2 per kWh, oppure che riescono a mantenere una media annuale di 550 kg di CO2 per kWh, calcolata su vent’anni (la seconda condizione è sostanzialmente analoga alla prima, ma permette agli operatori una maggiore flessibilità).

In questo modo, però, la Commissione ha azzerato la distanza fra i due valori limite, 100g e 270g di emissioni per kWh, che nel preesistente regolamento sulla Tassonomia sono indicati rispettivamente come soglia per definire il ‘contributo sostanziale’ di una fonte energetica all’obiettivo climatico, e tetto oltre il quale si produce un ‘danno significativo’ agli altri obiettivi ambientali.

A premere per questa bislacca classificazione sarebbero stati soprattutto i paesi dell’est, e la stessa Germania (che chiuderà entro l’anno anche le ultime tre centrali nucleari), alle prese con una maggiore dipendenza dal gas. Anche in questo caso la ragione principale è di tipo finanziario (tassi di interesse più bassi sui nuovi investimenti), e niente affatto scientifico.

Queste contraddizioni potrebbero essere fra i punti più importanti su cui basare il probabile ricorso in Corte europea di Giustizia contro la decisione della Commissione, che potrà partire non appena l’atto delegato sarà in vigore, fra sei mesi, quando scadrà il periodo previsto per lo ‘scrutinio’ (quattro mesi più due di possibile proroga, se richiesta) da parte del Parlamento europeo e del Consiglio Ue.

Una volta formalizzato dalla Commissione, l’Atto delegato è sottoposto a questo scrutinio in cui può essere solo approvato o bocciato, ma non emendato, dai co-legislatori: a maggioranza qualificata dal Consiglio (almeno 20 paesi che rappresentino almeno il 65% della popolazione Ue) e a maggioranza assoluta (353 voti) dal Parlamento europeo.

Visti gli attuali rapporti di forza fra gli Stati membri, una bocciatura da parte del Consiglio Ue è praticamente esclusa, ma esiste la possibilità che in Parlamento si raggiunga e si superi la soglia dei 353 voti. E resta comunque pressoché certa, nel caso in cui il Parlamento non riesca a opporsi, la prospettiva del ricorso in Corte di Giustizia.

E’ da segnalare che sulla nuova tassonomia si sono espressi negativamente, in Italia, Cinque Stelle, Pd e Sinistra italiana, che hanno ovviamente anche europarlamentari e dunque potrebbero – se non cambiano idea, come fanno spessissimo – contribuire al raggiungimento di una maggioranza negativa. Con qualche effetto anche sulla tenuta del governo (che è invece ufficialmente a favore di questa assurda tassonomia).

C’è poi un problema sulle possibili conseguenze che la decisione su gas e nucleare potrebbe avere in altri ambiti normativi europei. La Tassonomia riguarda gli investimenti privati, ma potrebbe avere conseguenze in futuro anche per quelli pubblici: l’Ue deve ancora adottare uno nuovo standard per i propri ‘green bond’, le obbligazioni europee, comprese quelle emesse dagli Stati membri, che oggi escludono gas e nucleare; potrebbero esserci forti pressioni da parte di certi paesi per includerli, allineandosi alle decisioni dell’Atto delegato.

Inoltre, appare piuttosto probabile che la imminente revisione del Patto di stabilità sulle regole Ue per i bilanci degli Stati membri contenga una eccezione, una ‘golden rule’ per gli investimenti ‘verdi’, da escludere dalle nuove norme sulla riduzione del debito pubblico.

Per quanto assurdo possa sembrare, il nuovo Atto delegato della Tassonomia non interferirà invece con le regole più rigorose che la Commissione sta già applicando alle sue emissioni di eco-bond sui mercati per finanziare il Recovery Plan ‘Next Generation EU’.

In questo caso, resterà valida la decisione, presa l’anno scorso, di non considerare il gas e il nucleare per gli eco-bond che continueranno a essere emessi fino alla fine del Recovery Plan, nel 2026. E non ci saranno conseguenze neanche per i piani nazionali del Recovery, i Pnrr, in cui il 37% degli investimenti dovrà essere destinato a obiettivi ambientali, che non comprendono gas e nucleare. Un pasticcio indescrivibile, paragonabile solo ai peggiori compromessi “all’italiana”-

La Commissione di Ursula von der Leyen sta correndo un grosso rischio: quello di dividere il fronte favorevole al suo Green Deal, e di spaccarsi anche al proprio interno. Ma, se perde credibilità sui mercati finanziari, potrebbe far saltare i calcoli fatti sul costo del finanziamento a debito per nuove centrali e “rivitalizzazione” di quelle vecchie.

L’ambizione iniziale  della Commissione era di fare della sua Tassonomia lo ‘standard aureo’ mondiale degli investimenti verdi, il punto di riferimento per la finanza globale. Inutile dire che con questa decisione, invece, svuota di significato uno  strumento che voleva essere un garanzia di trasparenza e contro il ‘greenwashing’.

Un pasticcio all’italiana, insomma, per realizzare un impossibile compromesso “all’europea” tra ambientalismo dichiarato e pratiche di business.

Per una disamina critica scientificamente fondata, consigliamo di vedere il convegno recentemente organizzato da Cambiare Rotta, con la partecipazione di importanti scienziati italiani.

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3 Commenti


  • Andrea Bo

    Sul nucleare siamo d’accordo ma…
    …quindi anche fra “comunisti” vogliamo raccontarci che, da qui al 2050, possiamo mandare avanti ospedali, treni, industria, terziario, riscaldamento, trasporto pubblico e quant’altro con… dei pannelli al silicio e delle immani, ridicole ventole di acciaio, vetroresina e neodimio?
    Io l’avrei lasciato dire a chi lavora per i fondi di investimento a cui conviene un raddoppio della potenza installata (rispetto al fabbisogno di picco) ricorrendo a fonti intermittenti e non programmabili, il cui costo dovuto ai “buchi” di produttività viene scaricato sull’utenza. Che è poi la stessa utenza (cioè anche noi) che da 20 anni finanzia esentasse le rinnovabili con conto-energia e certificati verdi, per una cifra che ha ormai passato i 100 miliardi di euro solo in Italia, e con una copertura ancora assolutamente minoritaria del fabbisogno solo elettrico (e non energetico complessivo) – avete mai fatto un giretto sulle pagine del sito del GSE? Avete mai parlato con i tecnici di Terna di quanto fabbisogno copre ciò che viene venduto dai vostri amici investitori in rinnovabili, e COME lo copre? Vostri amici rimangono, visto che chiedete ANCORA investimenti prioritari a loro favore, anche se di norma chi investe in rinnovabili non si si schifa affatto a guadagnare anche dal petrolio.
    E non venitemi a dire che nazionalizzando tutto potremmo installare tutte le rinnovabili che vogliamo senza foraggiare il capitale: nessun pianificatore serio privilegia una risorsa dalla resa fallimentare moltiplicandone l’impiego. I mulini a vento c’erano da secoli, ma solo dove c’era il vento, e quando si produceva un milionesimo dell’energia di ora.
    Possibile che nessun comunista, o presunto tale, abbia visto che la moda delle rinnovabili (incentivate…) è nata dopo e grazie alle privatizzazioni di Bersani del ’99? Facciamo politica, propaganda o… gossip da mulinobianco?
    Avete presente di quanto rame c’è bisogno per elettrificare tutto? Vi siete chiesti se ce n’è abbastanza da estrarre, sul pianeta, materialmente? Vi siete chiesti quanti miliardi di tonnellate di roccia va scavata, estratta, macinata, lisciviata, trasportata, purificata (a migliaia di gradi) per ottenere il cobalto, il rame, il litio, il nickel, il neodimio necessari alla vostra tanto amata elettrificazione con ventole e pannelli? Avete presente quanto silicio serve per i pannelli, o quanto costa, in tutti i sensi, estrarre il silicio dalla silice? Avente presente quanto neodimio serve per i magneti permanenti delle turbine eoliche? Quanta acqua e quanta energia vanno consumate per tutto questo? Avete presente quante popolazioni africane, sudamericane e asiatiche stanno pagando il prezzo di un estrattivismo che, forse non lo avete capito, NON riguarda solo i fluidi, ma anche i solidi? La vogliamo la cava di titanio, di litio o di terre rare, nella nostra Santa Europa? Nei nostri ufficetti da impiegatucci ne sappiamo qualcosa?
    Vi siete chiesti quanto sia complessivamente e termodinamicamente conveniente scaldare con delle pompe di calore, o con dei piani a induzione, invece che con del banalissimo gas naturale?
    E’ assolutamente possibile andare avanti a farsi dettare la linea da chi ci marcia, da chi si è attrezzato prima di voi ma non ve la dice tutta, o da chi si ferma a quello che vede come risultato, senza chiedersi come ci si è arrivati.
    E’ assolutamente possibile farsi dettare l’agenda da chi, guarda un po’, fa da stampella alla finta sinistra. Già che si è in gioco, si può anche chiedere la propria piccola parte. Se poi sia onesto è un altro discorso.
    Addio compagni. Per le stesse fesserie basta e avanza il giornale di Travaglio. Corriere e Repubblica le scrivevano dieci anni fa, adesso fingono di non averle mai scritte.


    • Redazione Contropiano

      Un pizzico di calma in più aiuterebbe, però…


  • Andrea Bo

    Vada per il “però”.
    Solo quello.

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