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Nairobi. Vertice sul clima in Africa. Usa e Ue scaricano altrove i costi della “loro” transizione green

Secondo le stime delle Nazioni Unite, i cambiamenti climatici hanno provocato e provocheranno perdite e danni in Africa tra i 290 e i 440 miliardi di dollari nel periodo che va dal 2020 al 2030.

Anche se l’Africa contribuisce solo in minima parte all’inquinamento globale paga  un prezzo molto alto agli effetti del cambiamento del clima.

Nel 2022 anno 110 milioni di persone hanno dovuto fare i conti con carestie e alluvioni. Dei 20 paesi più colpiti dalla crisi climatica, 17 sono in Africa.

Circa 500 milioni di africani non hanno accesso all’elettricità, ma il 40% delle riserve mondiali di manganese, cobalto, coltan, platino e altri minerali sono in Africa, e sono decisivi per costruire le batterie per la transizione ecologica dell’automotive nei paesi a capitalismo avanzato.

Il vertice sul clima in corso a Nairobi, in Kenya, ha visto l’Unione Africana determinata a esercitare una maggiore influenza nelle scelte globali sul clima ed a ottenere più finanziamenti per la crescita verde del continente. Si tratta del primo vertice sul clima in Africa organizzato dalla Commissione dell’Unione Africana.

Con il vertice di Nairobi, l’Africa intende prepararsi alla conferenza dell’Onu Cop28, che si terrà quest’anno a Dubai, dal 30 novembre al 12 dicembre. Qui si discuterà nuovamente come attuare gli accordi di Parigi del 2015 e di come non superare nel 2030 il valore soglia di 1.5 gradi di surriscaldamento globale.

Due anni dopo la Cop26 di Glasgow, dei 100 miliardi di dollari promessi dai Paesi ricchi per la lotta contro il cambiamento climatico si sono perse le tracce o smarriti i risultati. Una contraddizione già emersa con forza alla conferenza Cop27 dello scorso anno al Cairo.

Ma chi spera che a dicembre alla conferenza di Dubai arrivi lo stop definitivo alle fonti fossili, si illude dolorosamente. Petrolio, gas naturale, gas liquefatto sono ancora decisivi per le economie del mondo industrializzato.

Per molto tempo abbiamo considerato il cambiamento climatico solo come un problema. Ci sono anche immense opportunità” ha detto il presidente kenyota Ruto – uno degli “ascari” più filo-occidentali del continente – parlando di possibilità economiche multimiliardarie, di nuove strutture finanziarie, dell’enorme ricchezza mineraria dell’Africa e dell’ideale di prosperità condivisa. “Non siamo qui per catalogare le lamentele“, ha detto intervenendo al vertice.

Eppure è crescente la rabbia e la frustrazione in Africa quando gli viene chiesto di svilupparsi in modi più puliti rispetto ai paesi più ricchi del mondo – i quali da tempo producono la maggior parte delle emissioni inquinanti sulla Terra – e di farlo mentre gran parte del sostegno promesso non è stato raggiunto.

Ma il testo di risoluzione finale preparato dal Kenya e dal segretariato dell’Ua è stato duramente criticato dai ministri dell’Ambiente degli altri paesi africani riuniti a porte chiuse. La ministra dell’Ambiente del Sudafrica, Barbara Creecy, ha dichiarato che il suo paese non sosterrà “la richiesta di un nuovo regime fiscale globale per finanziare azioni climatiche su larga scala”.

Il Botswana ha lamentato il fatto che la questione dell’adattamento al cambiamento climatico, definita “centrale” per la sopravvivenza di milioni di africani, non sia stata affrontata in modo più chiaro. L’Egitto ha chiesto di inserire nel testo l’obiettivo di raddoppiare i finanziamenti internazionali per la transizione ecologica.

Questo è il nostro momento” ha detto all’assemblea Mithika Mwenda della Pan african climate justice alliance, sostenendo che il flusso annuale di assistenza climatica al continente è un decimo o meno di ciò che è necessario e una “frazione” del budget di alcuni Paesi inquinanti.

“Dobbiamo pretendere subito il pagamento dei 100 miliardi di dollari per il clima promessi ogni anno dai Paesi ricchi a quelli in via di sviluppo”, ha affermato Simon Stiell, segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

Nel 2020 sono stati concessi ai Paesi più poveri oltre 83 miliardi di dollari, con un aumento del 4% rispetto a dodici mesi prima, ma ancora al di sotto dell’obiettivo fissato nel 2009. Ecco perché i paesi africani insistono affinché i paesi occidentali, Stati Uniti in testa, rispettino gli impegni presi.

Ma se gli Stati Uniti “nicchiano” da tempo, anche l’Unione Europea è riuscita a presentarsi al vertice di Nairobi con l’atteggiamento di un piazzista di affari.

Sulla transizione verde i finanziamenti pubblici non sono sufficienti. Questo vale per l’Europa, ma anche per i mercati emergenti. Sarà necessario mobilitare il capitale privato su larga scala È per questo che presentiamo una nuova proposta per attirare gli investimenti privati. Si chiama Iniziativa sui green bond globali. Insieme alla Banca europea per gli investimenti e ai nostri Stati membri, stiamo per stanziare 1 miliardo di euro per ridurre il rischio degli investimenti privati nei mercati emergenti“ ha affermato la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, in occasione del suo intervento a Nairobi al Vertice sul Clima.

Mentre i delegati istituzionali si riunivano al centro congressi di Nairobi, centinaia di persone hanno partecipato alla “marcia popolare” sul clima, inalberando cartelli che chiedevano di prendere di mira i combustibili fossili. “Fermare la corsa neocoloniale per il petrolio e il gas in Africa“. Nel mirino il progetto dell’oleodotto per il greggio dell’Africa orientale, finanziato da TotalEnergies, lungo quasi 1500 che attraversa Uganda e Tanzania.

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