La corsa alle energie green prosegue non solo per i Paesi europei, alle prese in modo scomposto per incentivare la produzione di energia rinnovabile, ma anche negli altri Paesi, soprattutto quelli che negli ultimi anni stanno emergendo come fornitori di energia.
Un esempio per tutti è l’Azerbaigian, che ha lanciato un piano di riconversione energetica che dovrebbe portare il Paese a diventare un vero e proprio “hub energetico green”, con enormi potenzialità di crescita in effetti, soprattutto con la Russia fuori gioco a causa delle sanzioni.
Una notizia che l’Italia segue con particolare attenzione visti:
- i rapporti commerciali per l’importazione di idrocarburi (circa il 30% dell’export azero finisce nei nostri confini, e rappresentava per il 2022 il 16% del nostro import);
- il mastodontico progetto in cui l’Italia si è impegnata, per la costruzione del TAP, il Trans Adriatic Pipeline, il metanodotto lungo 3.500 km che collegherà l’Azerbaigian al Salento, per poi risalire l’Italia e finire in Austria.
Baku, la capitale dell’Azerbaigian, ospiterà la prossima conferenza sul clima (COP 29), e buon senso vuole che l’Azerbaigian approfitti di questa opportunità per giocarsi la sua partita nell’ambito della green economy, soprattutto perché pare che fino a pochissimi anni fa, il Paese non avesse mai avuto una vera e propria strategia climatica.
C’è da dire che la maggior parte dei clienti dell’Azerbaigian hanno sottoscritto l’accordo di Parigi, impegnandosi a raggiungere la neutralità emissiva entro il 2050. Questo significa in altre parole ridurre drasticamente il consumo di petrolio e gas, e investire sulle rinnovabili.
Se l’Azerbaigian vuole continuare a crescere sul mercato dell’energia, si capisce bene il perché del tentativo di riciclarsi come “hub energetico green”.
In questo senso si inserisce il memorandum siglato nel 2022 tra UE e Azerbaigian, che getta le basi di un partenariato a lungo termine sull’efficienza energetica e l’energia pulita.
Garabagh, Zangezur orientale e la Repubblica autonoma di Nakhchivan sono state dichiarate in toto “green energy zones”, luoghi dove verranno favorite la protezione dell’ambiente e lo sviluppo ecologico.
Si punta su energia solare e idroelettrico ovviamente ma anche su eolico onshore e offshore. Nella penisola di Absheron e sulla costa del Mar Caspio sono stati avviati progetti per un potenziale tecnico delle rinnovabili pari a di 135 Gw onshore e 157 Gw offshore e l’anno scorso è stato inaugurato il primo mega impianto fotovoltaico da 230 Mv.
Ci sono poi gli accordi commerciali con partner internazionali privati dei Paesi OPEC in cerca di compensazioni green, come la saudita Acwa Power, con la quale si investe per la produzione di 500 Mw nella Repubblica autonoma di Nakhchivan, o come l’emiratina Masdar con la quale l’investimento punta a diversi impianti eolici, fotovoltaici e a idrogeno.
Per l’export di energia invece sono già in atto accordi con Georgia, Romania per la costruzione di un altro cavo sottomarino lungo quasi 1200 chilometri che, passando sotto il Mar Nero, collegherà il Caucaso meridionale all’Europa.
Un opera spacciata come un “Corridoio energetico verde” che assicurerà le forniture ai Paesi dell’Asia centrale e del Vecchio continente, il cui impatto sull’ambiente e soprattutto sui sistemi marini è tutto da verificare.
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