Per contrastare il cambiamento climatico, la conferenza sul clima di Dubai (COP28) lo scorso dicembre ha sdoganato il nucleare come tecnologia green avanzata in alternativa alla combustione di carbon fossile.
Forte di questa risoluzione, il Regno Unito non perde tempo e annuncia il più grande piano nucleare degli ultimi 70 anni, che mirerebbe a raggiungere l’obiettivo zero emissioni entro il 2050 e che assicurerebbe un quarto del fabbisogno energetico del Paese, segnano un altro passo verso la sua indipendenza energetica.
A marzo 2010, in tutto il Regno Unito si contavano 9 centrali nucleari in funzione, che dispongono complessivamente di 19 reattori operativi e 8 dismessi. Nel 2011 l’energia nucleare nel Regno Unito ha generato il 17,8% dell’energia elettrica prodotta in totale nel Paese.
“Il nucleare è l’antidoto perfetto alle sfide energetiche che la Gran Bretagna deve affrontare: è verde, più economico nel lungo periodo e garantirà la sicurezza energetica del Regno Unito“, ha dichiarato il Primo Ministro Rishi Sunak.
Non dice che questa folle decisione è causata anche dall’aumento dei prezzi del petrolio e del gas, e alla dipendenza dal gas russo, tanto meno accenna ai rischi e alle conseguenze (ambientali ma anche sociali) che questa direzione comporterà.
Il governo britannico sta valutando ora la realizzazione di un’altra grande centrale nucleare, oltre ai progetti in corso degli impianti di Hinkley Point C, già in costruzione, e di Sizewell C, in fase di sviluppo.
Ma il Regno Unito non è l’unico Paese europeo che sta dando il via alla corsa verso l’energia atomica, o quantomeno di competizione tra Stati verso nel business dell’energia nucleare.
Il colosso francese Edf infatti ha da poco lanciato un piano di investimenti da 1,3 miliardi di sterline per la modernizzazione e l’estensione dell’orizzonte operativo di alcune centrali britanniche.
Tutto ciò senza pensare alle conseguenze ben note da anni, che non riguardano “solo” il rischio legato all’errore umano (e di esperienze ne abbiamo viste, anche recentemente non solo il Europa), ma riguardano anche la questione delle scorie, quell’”effetto collaterale” la cui gestione probabilmente vale tutto l’impatto ambientale derivante da questa energia “pulita”.
Se si pensa infatti alla tossicità dei rifiuti speciali prodotti da questo processo fatto su scala industriale, probabilmente non si potrebbe più dire che questo tipo di energia sia davvero pulita.
Forse sarebbe utile ricordare anche quanto scrivemmo qualche anno fa, ma ancora estremamente attuale (Il nucleare che verrà – Contropiano) e prepararci a una fase di potente disinformazione sulle cosiddette “energie pulite”, e ad una propaganda che spaccerà come tecnologia sostenibile un sacco di fake, che di sostenibile avranno solo i guadagni per chi le gestirà, che di sicuro pubblico e accessibile a tutti non sarà.
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Il punto correlato al fabbisogno di energia a tutti i costi, è lo schema di sviluppo: che è progressivo e basta. Ma lo stile di vita che va di moda oramai in tutto il mondo (Occidente in primis) non sarà sostenibile all’infinito. Bisogna infatti essere pazzi a pensare ad una crescita infinita su un pianeta finito. Si dovrebbe perciò parlare di decrescita e diminuzione dei bisogni, ma, lo so, solo a pronunciare queste due parole si addita all’eresia.
Redazione Contropiano
Nessuna eresia… SOlo bisognerebbe progettare – a partire da un ipotetico “governo mondiale” – un modello di sviluppo alternativo a quello vigente (che si chiama “capitalismo”, dove la molla è il profitto di impresa, non la sopravvivenza della specie). Non è insomma un problema di “stile di vita”, ma di sviluppo fondato su priorità collettive e approccio scientifico…