Le accuse documentate dello storico Felix Bohr, sono state rilanciate dal settimanale tedesco Der Spiegel . Stando alla corrispondenza risalente al 1959 tra l’ambasciata tedesca a Roma e il ministero degli Esteri tedesco, ritrovata da Bohr nell’archivio dello stesso ministero (e che sarà pubblicata questa settimana sul sito clio-online.de), tanto Roma quanto Berlino avevano interesse ad “addormentare” la vicenda del massacro alle Fosse Ardeatine, come scrisse il consigliere d’ambasciata Kurt von Tannstein, membro del partito nazista dal 1933. Gli interessi della Germania nel dopoguerra sulle stragi compiute durante l’occupazione nazifascista, sono stati seguiti e curati solo da diplomatici tedeschi dai trascorsi nazisti denuncia lo storico Felix Bohr. Nel caso delle Fosse Ardeatine poi è stato il governo italiano (democristiano) a prendere l’iniziativa dell’ insabbiamento. Si volevano evitare clamorose estradizioni, che avrebbero potuto indurre altri paesi a chiedere lo stesso trattamento per i criminali di guerra fascisti, (soprattutto la Jugoslavia) come ha documentato un diplomatico dell’epoca. Roma non intendeva inoltre danneggiare le relazioni con il governo tedesco del cancelliere Konrad Adenauer (Cdu), nè dare argomenti alla propaganda antifascista del PCI. Iniziò così, nel 1948, l’insabbiamento dei documenti relativi alla vicenda presenti nella procura militare di Roma, un anno prima della riapertura delle indagini da parte dei procuratori, che dopo la condanna, nel 1948, del capo della Gestapo nella capitale, Herbert Kappler, indagavano su altri responsabili. Per l’eccidio due criminali nazisti furono condannati all’ergastolo nel 1998, Karl Hass, deceduto nel 2004 e il 98enne Erich Priebke ancora vivo.
La vicenda di Karl Hass
Karl Hass, subito dopo la fine della guerra, fu reclutato dai servizi segreti statunitensi come collaboratore nella lotta anticomunista e nella guerra fredda. In particolare fu Jospeh Luongo a reclutare e riciclare Hass arrivando a farsi fotografare insieme a lui in un matrimonio a molti anni di distanza dalla fine della guerra. Joseph Luongo è tra l’altro l’ufficiale dei servizi segreti militari di stanza nella comando Ftase di Verona, che nell’inchiesta del giudice Salvini su Piazza Fontana viene ritenuto responsabile dell’arruolamento dei fascisti e stragisti ritenuti responsabili delle bombe e della strategia delle stragi. Karl Hass nel 1947, con la copertura dei servizi segreti militari statunitensi e del Ministero degli Interni italiano, rientrò a Roma utilizzando documenti falsi a nome Giustini, alloggiando inizialmente in un convento e con l’incarico di svolgere compiti informativi di contrasto alla “minaccia comunista”; in previsione di una vittoria nel 1948 si attivò per mettere in contatto i neofascisti romani con gli americani al fine di preparare un piano di occupazione dei principali edifici pubblici e del trasmettitore radio di Monte Mario. All’inizio degli anni ’50 rientrato in Austria continuò a lavorare per i servizi segreti militari statunitensi all’interno di Radio Free Europee sì occupò anche della preparazione di agenti tedeschi presso una scuola di spionaggio statunitense anch’essa sita in Austria.
Nel 1953 grazie a certificazione evidentemente falsa emessa dalle autorità della Germania occidentale riuscì a farsi passare per morto. Negli anni ’60 viene interessato in attività informative riguardanti il terrorismo in Alto Adige venendo contemporaneamente tutelato da funzionari dei servizi del Ministero degli Interni (Gesualdo Barletta e Ulderico Caputo). Nel 1962 una sentenza del tribunale militare dava il “non luogo a procedere” per 11 persone coinvolte nell’eccidio delle Fosse Ardeatine, tra cui Karl Hass, ritenendo gli stessi irrintracciabili; nonostante lo stesso vivesse all’epoca in Italia. Le approfondite indagini sul suo conto avviate a seguito del suo coinvolgimento nel processo contro il criminale nazista Erich Priebke nel 1996, stabilirono infatti che Hass non si fosse mai allontanato definitivamente dall’Italia, dove aveva vissuto per decenni quasi indisturbato, utilizzando persino nomi falsi (in un primo tempo Steiner e, successivamente come sopra riportato, Rodolfo Giustini), per poi tornare ad impiegare il suo vero nome, e risiedendo per anni ad Albiate , in provincia di Milano, regolarmente presente nell’elenco telefonico come domiciliato in una villetta in via Antonio Gramsci 9.
Quando, nell’estate del 1996, gli agenti della Digos andarono a prelevarlo presso tale indirizzo, come fu accertato poi, Hass aveva lasciato il suo domicilio da circa tre ore e si era rifugiato usando il treno a Ginevra, presso l’abitazione della figlia Enrica. Dalla città svizzera Hass condusse una lunga trattativa con la Procura militare di Roma sino a che decise di tornare in Italia spontaneamente per deporre in tribunale al processo nel quale era imputato Erich Priebke. Verso fine ottobre 1996, tuttavia, poco prima di rendere la sua testimonianza, Hass tentò di fuggire dalla finestra dell’albergo presso il quale era ospitato, procurandosi serie ferite, per le quali fu ricoverato in una clinica di Grottaferrata. Per conseguenza di questo episodio (Hass aveva trattato il suo rientro al fine di deporre, ma cercava di sfuggire a tale impegno), il procuratore militare Intelisano ne chiese il rinvio a giudizio nell’ambito del medesimo processo nel quale era chiamato a testimoniare. Karl Hass fu processato per l’eccidio delle Fosse Ardeatine e, nel marzo 1998, fu condannato assieme ad Erich Priebke all’ergastolo. Tale sentenza fu confermata nel successivo dalla Corte di Cassazione. Karl Hass si è spento all’età di 92 anni, il 21 aprile 2004, mentre scontava l’ergastolo agli arresti domiciliari
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa