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Il voto tedesco e la questione ucraina

Le tre elezioni “regionali” in Germania che si svolgeranno in settembre in tre land orientali, un tempo facenti parte della Repubblica Democratica Tedesca, hanno una valenza nazionale.

Il 1 settembre sono chiamati alle urne i cittadini della Turingia e della Sassonia, mentre tre settimane dopo – il 22 – si voterà in Brandeburgo.

É un test per la coalizione “semaforo” (SDP, “verdi” e liberali del FLD) uscita con le ossa rotte dalle elezioni europee, anche a causa  delle cause del sempre maggiore coinvolgimento nel conflitto tra NATO e Russia in Ucraina, per cui Berlino – dopo Washington – è il maggiore collaboratore nello sforzo bellico “a fianco” di Kiev.

Gli occhi sono puntati sulle due formazioni “anti-establishment” poste ai poli contrastanti dello scacchiere politico, ovvero l’estrema destra dell’Alternativa per la Germania (AFD) e l’estrema sinistra della neo-nata formazione che prende il nome dall’ex-esponente dell’ala sinistra della Die Linke, Sahra Wagneknecht, il BSW.

L’AFD era già divenuto nel 2019 il primo partito regionale in Turingia, conquistando il 23,4%. Nella regione ha conosciuto una discreta progressione alle elezioni municipali del 26 maggio (40%) ed ottenuto in questo land il 30,7% dei consensi alle europee del 9 giugno.

Stando ai sondaggi, circa un elettore su tre che si recherà alle urne dovrebbe votare per l’AFD. Insomma la Turingia è diventata un bastione dell’estrema destra e della sua ala più oltranzista.

Bisogna ricordare che la federazione della AFD in Turingia è stata messa sotto sorveglianza dall’Ufficio federale della protezione della Costituzione, cioè il servizi segreti interni, a causa delle posizioni della formazione che nella regione ha uno dei suoi leader più “radicali”, Björn Höcke.

Höcke, vicino al leader degli “identitari” Martin Sellner, che propugna per l’espulsione di massa degli immigrati, è ideologo dei circuiti neo-nazisti ed etno-nazionalisti di Götz Kubitschek, mentore della Nuova Destra tedesca.

É necessario sottolineare che il 16 maggio con una maxi-operazione di polizia, è stato chiuso il giornale Compact, mensile di riferimento della Nuova Destra tedesca con una tiratura di 40 mila copie con 345 mila abbonati al canale youtube accusato di “fomentare l’odio contro gli ebrei, le persone provenienti dall’immigrazione e la democrazia parlamentare”.

A Björn Höcke i “giornaloni” tedeschi come Der Spiegel e lo Stern hanno dedicato molti servizi associandolo ad altri esponenti politici come la Le Pen o Trump, o cercando di definire il profilo dei suoi elettori, ma senza andare a fondo sulla natura di un fenomeno complesso che non può essere compreso e quindi combattuto con i criteri della demonizzazione liberale, né limitandosi ad associarlo ad Adolf Hitler, come fa una parte della “sinistra radicale”.

Le radici del consenso verso questo “ideologo”, emerso per i suoi attacchi in Parlamento contro i conservatori – come di tutta l’AFD – sono da ricercare nell’attuale crisi che vive una parte della popolazione tedesca dell’Est di fronte ad una situazione economica recessiva e al ruolo assunto dalla Germania a livello internazionale, oltre che ad un mutamento profondo della psicologia di massa di una parte dei “subalterni”.

La Turingia è una regione poco popolosa di poco più di due milioni di abitanti, priva di centri urbani significativi, con una popolazione in via di invecchiamento a causa dei flussi di immigrazione verso l’Ovest dal tempo della riunificazione/annessione, con un tasso di disoccupazione relativamente ridotto, ma che vive un forte senso di frustrazione e di isolamento rispetto a quello che sono i centri del potere politico economico ed i partiti che governano la Germania.

Ad ammetterlo è lo stesso portavoce della SPD della regione, Fabian Kendzia, che al sito d’informazione francese Mediapart afferma: “il mondo politico berlinese ha preso troppo tardi coscienza di ciò che stava avvenendo qui”.

Se dopo la “caduta del muro” era stata la conservatrice Unione cristiana-democratica (CDU) della “centrista” Angela Merkel a dominare il panorama politico, nel 2014 un ex-sindacalista della Die Linke era riuscito a formare un governo di sinistra, divenendo il primo ministro-presidente di sinistra in regione.

Nonostante abbia mantenuto la sua popolarità, ha perso la maggioranza nel 2019, dove il clima politico era cambiato a causa del movimento Pegida, al centro delle mobilitazioni contro i rifugiati, dopo la cosiddetta “crisi migratoria” del 2015/2016.

Fu nel 2019 che il “cordone sanitario” contro l’estrema destra vacillò, quando il leader del piccolo partito liberale in Turingia, Thomas Kemmerich, si fece eleggere a capo del governo regionale grazie ai voti della AFD e della CDU regionale, che vanta un’importante frangia reazionaria.

Ma anche una parte dei “cugini” bavaresi della CSU hanno flirtato non poco con i temi cari all’estrema-destra.

Fu un “terremoto politico” a livello nazionale e, sotto un’enorme pressione politico mediatica, Kemmerich si dimise dopo 28 giorni, con Ramelow che riuscì a formare una colazione di minoranza con Verdi e SPD ma che ora vede ulteriormente logorato il proprio consenso a causa delle scelte belliciste fatta dalle due formazioni che compongono la coalizione governativa a livello federale.

La domanda è se la conventio ad excludendum reggerà, o se l’estrema-destra andrà al governo, e con chi.

L’altro astro politico in ascesa è proprio il BSW – dato in una forchetta che va dal 13 al 20%, a seconda dei sondaggi, dopo appena sette mesi dalla sua fondazione – che ha politicizzato le elezioni regionali sulla questione della necessità di cessare il coinvolgimento della Germania nel conflitto ucraino, facendone una questione dirimente  per l’appoggio o meno ad un esecutivo regionale, considerate le conseguenze negative per ciò che concerne la popolazione tedesca; un conflitto che la Wagenkneckt classifica legittimamente anche come guerra “contro i poveri”.

La formazione è per il ritiro delle sanzioni alla Russia, una ripresa delle importazioni di gas da Mosca e si oppone all’installazione dei missili americana di lunga gittata sul territorio tedesco, annunciati dagli USA all’ultimo vertice della NATO.

L’exploit dei voti alle europee, dove a livello nazionale ha raccolto il 6,2% dei consensi, “doppiando” la Die Linke, si è tradotto in Turingia in uno score del 15%.

Un risultato che secondo gli esperti di flussi elettorali sarebbe stato ottenuto attirando maggiormente ex elettori della Die Linke e della SPD ed in misura minore della CDU e dei liberali della FDP, ma che non avrebbe recuperato però voti nel bacino della AFD come la stessa fondatrice auspicava attirando “il voto per vendetta”, andato finora alla destra.

Anche l’estrema-destra è contro il coinvolgimento della Germania nel conflitto ucraino ,e come per il BSW, è uno dei motivi per cui attira consenso; ma potremmo dire, che con ragioni differenti, le due formazioni esprimono un diffuso sentimento anti-establishment da parte della popolazione che si sente abbandonata dai politici occidentali e costretta a subire delle decisioni che gli si ritorcono contro.

E questo non è un sentimento che riguarda solo i cittadini della Germania orientale, ma una parte importante di coloro che non vivono nei centri urbani maggiori e nelle regioni industrializzate.

All’Est, però, alla frattura territoriale causata dal processo di unificazione/annessione con l’Ovest, si sono sommate le criticità per le scelte operate nella gestione della politica migratoria e di quella pandemica ed ora con le conseguenze della guerra in Ucraina, in un contesto in cui la sinistra radicale classica (Die Linke) è diventata una “sinistra life style” in grado di parlare solo ad una piccola parte della popolazione urbana istruita.

Analizzando le ragioni del consenso della Wagenknecht, che 6 anni fa aveva lanciato senza successo Aufstehen, il quotidiano francese Le Monde – in una interessante inchiesta di Thomas Wieder sugli “estremi” nelle elezioni regionali tedesche – afferma: “sei anni più tardi, il BSW sembra in grado di radicarsi più stabilmente. Meglio strutturato, risponde ugualmente alla domanda di giustizia sociale e alle questioni di ordine internazionale che non s’esprimono con la stessa intensità di sei anni fa”.

In Sassonia, il primo partito potrebbe restare ancora la CDU – ma non è detto – seguito da vicinissimo dalla AFD,  con il BSW come terzo.

La SPD potrebbe crollare in entrambi i land poco sopra il 5/6%, mentre “verdi” e “liberali” potrebbero non superare la soglia di sbarramento posta al 5%.

Ad un anno dalle elezioni politiche federali, con una coalizione governativa in sempre maggiore difficoltà e che ha scelto di adottare la strategia dello “struzzo” di fronte al terremoto politico delle europee, dove uno elettore su quattro/cinque ha scelto una delle due formazioni “anti-establishment”, sarà difficile ignorare i risultati che usciranno a settembre dai tre land.

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1 Commento


  • Tonino

    È interessante notare che, mentre in Paesi come Francia e Germania emerge una sinistra radicale in grado di contendere voti alla sinistra “liberal”, e anche in altri Paesi abbiamo assistito a fenomeni simili almeno per qualche tempo (la Syriza delle origini in Grecia, Corbyn in GB, per certi versi anche Podemos in Spagna, pur con le sue specificità), solo in Italia sembra che non si muova una foglia. Come è possibile che il Paese che una volta aveva addirittura il più forte partito comunista dell’Occidente si sia ridotto così?

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