Per ricordare Franca Rame mi ritrovo a piangere e ridere insieme, non saprei chi riuscirebbe ad esprimersi solo in uno dei due modi, perché non puoi rimpiangerla senza pensare alle sue battute folgoranti che l’hanno resa unica in teatro, ma contemporaneamente non puoi ricacciare indietro le lacrime a pensarla come compagna, militante attiva e generosa, che ci mancherà irrimediabilmente!
(nella foto una recente iniziativa al Consiglio Metropolitano di Roma dedicata proprio alla produzione artistica di Franca Rame)
Bella e bionda, brava e intelligente, attrice e autrice, moglie e madre, e soprattutto tutte queste cose insieme, come solo le donne sanno fare, e Franca le faceva bene tutte, incastrando e sovrapponendo questi ruoli, alternandoli dalla famiglia al teatro e viceversa.
Come tanti/e altri, poteva vivere di rendita, beatamente agiata al pari di tante stars di ns conoscenza, che poi mica che non ci sono attrici brave e non stupide, ma la passione politica ti prende allo stomaco e non te ne liberi più se ci credi veramente come ci credeva anche lei e tutto diventa diverso, vai per un’altra strada ma senti che è quella giusta. E per Franca la voglia di cambiare il mondo, di dare solidarietà a chi ne aveva bisogno, di praticarlo nella sua vita quotidiana era talmente importante che cambiò il suo modo di vivere il teatro, che conobbe e praticò da piccola essendo figlia di attori, infatti era solita ricordare “C’è un momento della mia infanzia che spesso mi ritorna in mente. Sento mio padre che parla con la mamma: E’ ora che Franca incominci a recitare, ormai è grande. Avevo tre anni”.
Il suo teatro, anzi il suo e quello di Dario Fo, inscindibili sempre, divenne presto così un teatro militante, di strada, audace e colto, che improvvisava a tal punto che ogni sera non era uguale a quello della sera precedente; un teatro che mandava messaggi inequivocabili contro il potere, ma con uno sberleffo così irriverente ma così irriverente che se ne usciva appagati e, in qualche modo, risarciti. E che interagiva con il pubblico in modo sublime; ognuno di noi, di questa generazione preziosa e maledetta, ha avuto almeno una volta nella vita l’occasione di essere ricevuti, per quanto totali sconosciuti, da Franca e Dario nel loro camerino, perché c’era qualche compagno da difendere o qualche lotta da sostenere e ad entrambi bastava poco per convincersi e parlarne all’inizio o alla fine delle loro rappresentazioni. Addirittura una volta è successo anche a me!
Poi però c’è quel momento terribile e orribile, accade quella violenza sessuale che era una rappresaglia da parte dei fascisti in quel marzo 1973, per punirla delle sue denunce e della sua scelta di vita, che non dimenticheremo mai anche perché è diventata quel famoso pezzo di teatro intitolato proprio “Lo stupro”, che ogni volta fa vergognare anche gli uomini migliori solo per l’appartenenza al loro genere.
Meno di due mesi fa vedemmo nuovamente quel video nel corso di una affollata iniziativa in suo onore, che si svolse presso i locali del Consiglio Metropolitano di Roma; con la stessa indignazione sentimmo l’esigenza di parlarne ancora tra di noi, gli spettatori anche quella volta non riuscirono a restare muti, la violenza fascista contro le donne e contro Franca è insopportabile e lei lo recita con una dignità straziante! Penso con disprezzo a quella pseudo giornalista donna del TG2 che, nel ricordarla in un suo pessimo servizio poche ore dopo la sua morte, parla di quella violenza come di una conseguenza di chi “approfittava della propria bellezza fisica per imporre attenzione, finchè fu sequestrata e stuprata”. Giornalista vigliacca, serva dei servi!
Mi piace ricordare due episodi, dei tantissimi che la riguardano, particolarmente significativi per il suo coinvolgimento tra la vita artistica e quella politica, che parte da molto lontano e con una sensibilità che ancora oggi è assente in una classe politica emergente arraffona e opportunista: nella Canzonissima del 1962 vennero cacciati dalla RAI per avere parlato con uno sketch degli incidenti sul lavoro e nel 2007, da senatrice, scrisse una interrogazione (a cui non ricevette mai risposta) sui veleni dell’Ilva con i 1.200 decessi annui di Taranto per neoplasie e la diagnosi accertata che i bambini tarantini presentavano diffusamente la sindrome del “fumatore incallito”, per porre fine a questa tragedia.
In ultimo ricordiamola per avere sbattuto la porta al senato contro le spese militari, ma anche abile e indispensabile nel curare i copioni di Dario, che era sempre impaurito dal suo giudizio, ma era anche l’unico di cui si fidava; e poi diceva “Dario è un monumento ed io il suo basamento”, che impedirebbe a chiunque di relegarla in un ruolo minore subordinato perchè loro due camminavano affiancati.
Nella sua lettera d’amore a Dario, bellissima, del gennaio di quest’anno http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/30/lettera-damore-a-dario/483928/ tra le altre cose dice “
“Penso anche al mio funerale e qui, sorrido. Donne, tante donne, tutte quelle che ho aiutato, che mi sono state vicino, amiche e anche nemiche…vestite di rosso che cantano Bella ciao”.
Io penso che abbia fatto bene a dare queste indicazioni perché noi donne, così superorganizzate da volerci immaginare anche i ns funerali, pensiamo chissà come ce li potrebbero organizzare altri di cui ci fidiamo meno che di noi stesse; e poi i funerali con i compagni che non ti lasciano sola e alzano i pugni al cielo, che belli che sono!
Sono sicura che oggi 31 maggio, al suo funerale che si svolgerà alle ore 11.00 presso il Teatro Strehler, con Dario e Jacopo, le sue nipoti e tutti/e quelli che la amano, le donne saranno senz’altro tante, unite idealmente a tutte quelle come me, che restando nella propria città non potranno essere fisicamente a Milano lì con lei.
Bella ciao, Franca.
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