L’11 settembre del 2001 il mondo si divise in due. Esultarono da Bogotà a Jakarta. Si costernarono da Washington a Tokyo. Nei dieci anni precedenti l’11 settembre bombardieri, missili, marines statunitensi avevano colpito in Iraq, Somalia, Jugoslavia, Colombia. La retrospettiva più emblematica di quella divisione è quella del bambino afghano nel film collettivo di vari registi (tra cui Sean Penn, Ken Loach, Amos Gitai, Claude Lelouche) dedicato proprio a quell’evento. Il bambino chiede alla sua maestra, che li aveva riuniti per pregare a causa quanto era accaduto a New York e Washington: “perchè dobbiamo pregare, non capisco”.
Per l’amministrazione statunitense di George Bush l’11 settembre fu “l’evento scatenante” che poteva consentire ai neoconservatori al potere di giocare tutte le loro carte – quelle militari soprattutto – per impedire lo scenario di un declino dell’egemonia mondiale statunitense e di emersione di nuove potenze competitive, uno scenario che avevano messo nero su bianco in un documento del 1992 ed attualizzato con il Pnac (Progetto per un Nuovo Secolo Americano). Le dinamiche della storia dimostrano che il tentativo dei neoconservatori statunitensi di utilizzare gli attacchi dell’11 settembre sul suolo americano per bloccare la tendenza , non sono andati nella direzione desiderata. Al contrario. Il mondo è cambiato, ma stava cambiando già l’11 settembre del 2001.
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