L’intrepido” di Gianni Amelio, presentato in concorso all’ultimo festival di Venezia ed ora nelle sale, sembrava offrire numerose premesse di interesse, quasi da far presagire un film “importante”, uno di quelli che vanno a mettere il dito nelle piaghe del presente per restituircene una lettura illuminante.
Eppure le facce attonite ed i commenti negativi che si registrano all’uscita di un cinema romano, in rimando ai fischi di dissenso che hanno accolto il film dopo la proiezione stampa a Venezia, danno la misura di un appuntamento mancato.
Perché, aggiunge la nostra lettrice, “Il problema basilare de “L’intrepido” sta invece proprio in una mancanza di relazione con la realtà di questo Paese, sfera alla quale, secondo quanto dichiarato da Gianni Amelio in un’intervista, dovrebbero dedicarsi media e generi “bassi”, come i programmi tv di cronaca, a cui il regista sembra affidare lo spirito documentaristico”.
Ed ecco quindi il riferimento alla querelle con Ken Loach
Eppure, in tempi recenti, un pezzo di realtà ha bussato direttamente alla porta di Amelio, quando nel suo ruolo di direttore artistico per la ultima edizione del Torino Film Festival il regista si è dovuto confrontare con dei licenziati in carne ed ossa, dei giovani sbattuti fuori da una cooperativa appaltatrice del Museo Nazionale del Cinema (che gestisce anche il festival di Torino) perché non avevano accettato di ridursi ulteriormente la già magrissima paga. Forse meno poetici di Antonio Pane. Sicuramente intrepidi, visto che si sono organizzati sindacalmente ed hanno denunciato in pubblico la loro condizione di sfruttamento.
Quei giovani, ancora oggi alle prese con una dura battaglia per riconquistare il loro posto di lavoro, Amelio da direttore non li ha voluti incontrare, se non a ridosso della conclusione del Torino Film Festival e per qualche breve minuto. Come pure non li ha voluti incontrare Alberto Barbera, attuale direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino nonché attuale direttore artistico del festival di Venezia.
Sempre da direttore del Torino Film Festival, Gianni Amelio ebbe parole di fuoco nei confronti di Ken Loach, quando lo scorso novembre il regista britannico giunse a rifiutare il premio alla carriera attribuitogli dal TFF proprio in solidarietà con quegli stessi giovani lavoratori licenziati. Si potrebbe dunque concludere che c’è sempre un rapporto stretto fra l’opera di un cineasta e le sue azioni e che Amelio e Loach ne incarnano due esempi, fra loro molto distanti.
* documentarista, coautrice di “Dear Mr.Ken Loach”, “Vite flessibili”, “Capitale umano”
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