E’ morto Pietro Ingrao, una figura storica del Pci e della sinistra nel nostro paese. Si è spento con un secolo di vita e di storia sulle spalle avendo attraversato gran parte degli avvenimenti a cavallo tra due secoli. Dirigente del Pci, è stato anche Presidente della Camera dal 1975 al 1979, gli anni che la versione ufficiale ha definito come anni di piombo, e che non si sottrasse alle responsabilità del suo partito – diversamente da Terracini – nella collaborazione con la logica e le leggi di emergenza.
Manifestando il dovuto rispetto per una figura che ha attraversato la storia del paese e della sinistra non collocandosi nei suoi lati peggiori (quelli di cui oggi sono ancora ben visibili le conseguenze), non possiamo sottrarci dal dare un giudizio sulle sue scelte politiche.
Quando è nato Contropiano, nel 1993, nell’editoriale del suo numero zero dichiarammo che avremmo fatto di tutto per “non morire ingraiani”. C’era un giudizio di merito e non certo positivo sulle scelte di Pietro Ingrao e della sua influenza sulla sinistra. Non siamo tra quelli in grado di rimproverargli il “passo indietro” lasciando espellere dal Pci quelli che furono i fondatori de Il manifesto (Rossanda, Pintor, Castellina etc.), ma il giudizio negativo su Ingrao lo abbiamo maturato proprio mentre nel Pci degli anni ottanta si manifestava quella mutazione genetica rispetto alla quale Ingrao non seppe andare oltre il ruolo di una figura consolatoria. L’aver sempre indicato orizzonti catastrofici per poter giustificare la pochezza dell’esistente come la prospettiva del meno peggio, è stata una cultura politica propria di Ingrao e dell’ingraismo che abbiamo ritenuto devastante e contro la quale ci siamo battuti politicamente e culturalmente in questi decenni.
Anche quando il Pci si sciolse e alcuni dirigenti operarono la rottura che portò alla nascita del Prc (Garavini, Libertini, Cossutta, Salvato) Ingrao si sottrasse alla decisione dovuta, aderendo e rimanendo invece nel Pds di allora. In parlamento si schierò in modo solitario contro l’intervento militare contro l’Iraq nella prima guerra del Golfo (1991) e migliore coraggio dimostrò nel 2003/2004 dopo l’invasione statunitense dell’Iraq dichiarando che la resistenza irachena era legittima. Un atto di coraggio politico che gli abbiamo riconosciuto ma che è stato anche l’unico di cui riusciamo ad avere memoria.
La logica del meno peggio, di una sinistra che deve dichiararsi radicale ma evitando sempre di arrivare alla rottura con il sistema dominante, è la cifra di Pietro Ingrao e l’eredità negativa che ha seminato nella sinistra italiana.
Salutiamo il compagno Ingrao nel suo ultimo viaggio con il rispetto dovuto, ma sentiamo ancora oggi di dover mantenere fede all’impegno, da comunisti e da militanti della sinistra, di agire nel nostro paese contro il nemico di classe ma anche di non “voler morire ingraiani”.
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