Venti giorni fa, il Mercadante, teatro stabile-nazionale di Napoli, chiudeva per inadeguatezza del sistema antincendio. da allora, nessuna spiegazione plausibile è stata fornita da parte del Comune, della Regione o dei responsabili del teatro. Le uniche dichiarazioni ce le ha rilasciate Costanza Boccardi, assessora al welfare ed alla programmazione culturale della X Municipalità.
In Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Carlo Emilio Gadda scrive, ad un certo punto: «Sosteneva, fra l'altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l'effetto che dir si voglia d'un unico motivo, d'una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti». Questo passaggio dello scrittore milanese sembra perfettamente attagliarsi alla paradossale vicenda che interessa, da più di venti giorni ormai, il Teatro Stabile-Nazionale Mercadante di Napoli, chiuso, la sera del 24 Marzo scorso, dalla Polizia Municipale su mandato della Magistratura, per inadeguatezza del sistema antincendio. Da allora, le voci sulle presunte responsabilità che avrebbero portato ad una simile e, diciamolo, vergognosa situazione, per una città che di teatro vive e che del Teatro ha contribuito a fare la Storia sin dall’antichità, si rincorrono senza tregua. Mai però, sino ad ora, si è avuta una risposta chiara sulle colpe, ovviamente istituzionali, che hanno determinato la chiusura della sala di Piazza Municipio, in piena stagione in corso, con conseguente cancellazione di spettacoli e trasferimento di altri, presso altre sale cittadine.
Tace il Comune e il suo sindaco. Tace la Regione e il suo Governatore. Tace il Mercadante e il suo Direttore Artistico. Tace, sostanzialmente, il neo nominato Cda, con il suo nuovo presidente, Filippo Patroni Griffi, persona vicina a Gianni Letta, come, d’altronde, il direttore artistico Luca De Fusco. Nessuna assunzione di responsabilità, dunque. Nessuna chiarificazione. Eccezion fatta per un unico, laconico comunicato stampa congiunto, emesso da Comune e Teatro Stabile-Nazionale, in cui si dichiara che «il provvedimento preso il 24 Marzo dalla Polizia» provoca «forte sgomento e addolora». E per un paio di comunicazioni, a dire il vero molto vaghe, fatte da Patroni Griffi una: «La situazione è allo studio e ci sono molti elementi che ci inducono a ritenere che sia possibile una soluzione positiva in tempi ragionevoli, assicurando comunque alla città un’offerta adeguata per il profilo richiesto ad un teatro che deve rimanere Nazionale»; dal Cda nella sua interezza l’altra: «abbiamo stilato un crono programma preciso degli interventi necessari per adeguare il sistema antincendio del Teatro Mercadante». Del motivo, per cui tale messa norma non sia stata fatta prima, benché necessaria per ottenere la qualifica di Teatro Nazionale -evidentemente conseguita grazie a proroghe di agibilità provvisoria- e delle colpe di tale mancanza, presenti e passate, non viene fatta parola. Eppure, il problema persiste da anni!
Su questo punto, però, il rimpallo di responsabilità tra le varie istituzioni, è totale. Il Mercadante accusa il Comune, cui – dichiara – spetterebbero, per statuto, i lavori, nonché la Regione, rea, anch’essa, come l’istituzione di palazzo San Giacomo (entrambe socie del teatro) di erogare i fondi con notevole ritardo, causando intoppi gestionali ed amministrativi. Il Comune non ci sta e accusa il Mercadante, cui versa contributi annuali, di non aver stornato, finora, dai suddetti contributi, la somma necessaria per la messa a norma del sistema antincendio: secondo i bene informati, circa 250.000 euro. La Regione, a sua volta, punta il dito contro il Comune, con cui lo scontro è aperto da tempo, per questioni di rilevante profilo politico e amministrativo che, com’è noto, coinvolgono tutti o quasi i settori della vita pubblica, cittadina e campana. E, per le stesse ragioni, il Comune non fa sconti alla Regione, colpevole, altresì, di gestire i fondi pubblici per la cultura con finanziamenti che favorirebbero i feudi elettorali del Governatore, precisamente nel salernitano, a discapito del capoluogo.
Insomma, uno scontro a tre, tra De Fusco, De Luca e De Magistris, che non solo fa male alle attività culturali, cittadine e regionali nel loro complesso, ma rischia addirittura di mettere a repentaglio la conferma della qualifica di Teatro Nazionale, riconosciuta al Mercadante.
è sconfortante doverlo dire, ma la verità, purtroppo, è che sulla cultura, e in particolar modo sul teatro, in Italia, si investe sempre meno e sempre più, invece, seguendo mere logiche di mercato e astrusi algoritmi ministeriali, a discapito della qualità della proposta. Siamo rimasti, insomma, alla famigerata affermazione dell’ex ministro dell’economia, del dicastero Berlusconi, Giulio Tremonti, il quale sosteneva, orgogliosamente, che: «Con la cultura non si mangia». D’altro canto, la stessa cultura è diventata una vetrina per politici e Vip di ogni schieramento, buona per drenare voti o per ottenere favori e notorietà personale. Uno sfacelo che colpisce, innanzitutto, il Teatro e lo Spettacolo dal Vivo, ed essenzialmente, come al solito, il nostro mezzogiorno. Anche per questo, non comprendiamo il silenzio di Palazzo San Giacomo e di De Magistris, su una questione così delicata, che coinvolge lavoratori ed artisti ad ogni livello, specie se si considera il tanto sbandierato slogan di “Napoli città ribelle”.
Napoli, come si accennava più sopra, è città teatrale per antonomasia e la Cultura, qui più che altrove, a nostro parere, dovrebbe essere un tassello essenziale di quella ribellione. La Cultura, difatti, può essere di Potere e di Contropotere e, da un’amministrazione che ha fatto dell’opposizione strenua al Capitalismo globalizzato, in tutte le sue forme, il proprio vessillo e la sua regola di gestione politica, ci aspetteremmo altri comportamenti. Ed invece, si prosegue col sistema dei grandi eventi, senza una programmazione adeguata e di lungo respiro. I lavoratori del comparto spettacolo vengono pressoché abbandonati al loro destino. Gli artisti – attori, registi, autori – che pure qualche responsabilità dovrebbero addebitarsela, per insufficiente capacità di lotta e per eccessiva autoreferenzialità narcisistica, che si traduce in scarsa coesione di categoria nella tutela dei diritti, trovano inadeguata rappresentanza. Mentre, come detto, sulla questione Mercadante, gli atteggiamenti dell’amministrazione e del sindaco sono stati a dir poco contraddittori, nel tempo.
Si è passati da giustificatissime accuse vibranti, da parte di De Magistris, contro la persona del direttore artistico Luca De Fusco, alla cosiddetta pax catalana, stipulata, a Barcellona, durante la rappresentazione dell’Orestea. Eppure, come abbiamo precedentemente sottolineato anche noi, dalle pagine di questo giornale, non è difficile comprendere e stigmatizzare la mala gestione dello Stabile-Nazionale, da parte di De Fusco. Una gestione che si è tradotta, come ormai evidenziato da più parti, in sperpero di denaro pubblico – il Mercadante riceve circa 8 milioni di finanziamenti all’anno, tra Ministero, Regione e Comune – a causa, principalmente, degli investimenti faraonici per la produzione delle regie di un direttore che amministra lo Stabile come se fosse una sua azienda privata, senza, però, rischiare denaro proprio; in uno stipendio d’oro, percepito dallo stesso Luca De Fusco, che ammonta a 150.000 euro l’anno; in mancati pagamenti delle maestranze, degli artisti e delle compagnie ospitate, a fronte del suddetto stipendio; in postille, del tutto illegali, apposte ai contratti – i quali, chiaramente, dovrebbero essere stipulati in base alle norme che disciplinano il Contratto Nazionale di Lavoro – in virtù delle quali il Mercadante dichiara che "eventuali ritardi nei pagamenti non sono dovuti alla nostra responsabilità ma alla lentezza con la quale i soci erogano il dovuto"; in scambi di favore con gli altri Stabili, per far girare gli spettacoli firmati da De Fusco, pressoché gli unici a fare tournee; in produzioni firmate dallo Stabile che quasi non trovano mercato, fuori dai confini cittadini, e nascono e muoiono al Mercadante.
Certo, come abbiamo già rilevato altre volte, le responsabilità di tutto ciò non sono addebitabili esclusivamente a De Fusco, ma trovano la loro origine nel decreto ministeriale Franceschini/Nastasi, che ha trasformato i Teatri Nazionali in vere e proprie catene di montaggio per spettacoli, il cui unico scopo è il profitto. Ma De Fusco e il Mercadante rappresentano, in tutta onestà, la punta anomala di quell’ iceberg iper produttivo contro cui cultura, arte e teatro stanno andando ad infrangersi a grande velocità.
Di tutto questo, e della chiusura dello Stabile-Nazionale, avvenuta il 24 Marzo scorso, avremmo voluto discutere con qualcuno all’interno di Palazzo San Giacomo, chiedendo, con precisione, quali fossero le responsabilità dell’amministrazione comunale e che contro misure, nel caso, si pensa di porre in essere per ovviare a questa incresciosa situazione. Abbiamo cercato, così, di interloquire con qualcuno ma nessuno sembra interessato a fornire spiegazioni sull’accaduto e su tali urgenti questioni. Abbiamo saputo che Elena Coccia, responsabile della commissione cultura del comune, ha ritirato la sua delega, riguardante il Mercadante, perché in disaccordo su alcune scelte, come quella del nuovo presidente del Cda. Per il resto, silenzio. L’unica che ci ha fornito delle risposte, è stata Costanza Boccardi – assessora al welfare ed alla programmazione culturale, della X Municipalità – alla quale abbiamo rivolto alcune domande.
Assessore Boccardi, di chi sono, secondo lei, le responsabilità principali della chiusura del Mercadante per il mancato adeguamento del sistema antincendio?
La mancanza di un impianto antincendio a norma era una situazione nota. Il Mercadante ha un suo Cda, un suo direttore artistico, per cui la responsabilità del mancato adeguamento è di chi gestisce il teatro, altrimenti non avrebbe senso che ci fosse un Consiglio d’Amministrazione. Il Mercadante è una partecipata e, quindi, ha una responsabilità diretta rispetto alle amministrazioni consociate.
Come lei ha giustamente detto, la situazione era nota da tempo. Ci sono delle responsabilità addebitabili alle precedenti gestioni?
Sicuramente, anche le precedenti direzioni artistiche e i precedenti consigli di amministrazione hanno le loro colpe. Va detto, però, che, nel tempo – ad esempio da quando Ninni Cutaia (attuale Direttore Generale dello Spettacolo dal Vivo del Mibact ndr) era direttore, affiancato dal comitato artistico composto da Enzo Moscato, Mario Martone, Renato Carpentieri e Roberta Carlotto – le leggi e i regolamenti sono cambiati e diventati più rigidi, ed è cambiata, com’è ovvio, anche la realtà del Mercadante. Per ottenere la qualifica di Teatro Stabile, prima, e di Nazionale, in seguito, si è dovuto, quindi, ottemperare a regole più severe. è del tutto evidente, pertanto, che, per quanto riguarda la messa a norma del sistema antincendio, si è andati avanti presentando documenti di agibilità provvisoria. Un’agibilità provvisoria prorogata fino a quando non è scattata la chiusura, su decisione della magistratura. Dunque, ribadisco che la responsabilità principale di questa deprecabile situazione è essenzialmente da imputare all’attuale direzione artistica e al Cda in carica.
è evidente, però, che non manchino le responsabilità della politica. Quali sono, secondo lei?
Se c’è una responsabilità politica, va ricercata in un’omessa vigilanza. All’interno del Cda ci sono rappresentanti degli enti e perciò, nel momento in cui ci si trova di fronte ad una situazione così pesante, come quella rappresentata da una gestione gravata da debiti, inadempienze, sperperi e stipendi dorati, tanto il Comune quanto la Regione avrebbero dovuto sollecitare i propri rappresentanti a vigilare adeguatamente e ad intervenire per correggere quest’andamento. Tra l’altro, si sono tenuti, in questi anni, degli incontri in commissione cultura del comune, proprio per chiedere conto del bilancio del Mercadante, a fronte dei debiti, contratti e non appianati dallo Stabile; ma le risposte fornite sono sempre state approssimative ed è quanto mai difficile ottenere una certa trasparenza di gestione, anche rispetto alla questione dei contratti.
Assessore, secondo lei perché dal Comune non viene nessun chiarimento, circa questa spinosa situazione?
Per il comune, la nomina di Patroni Griffi a presidente del Cda è stato uno schiaffo, subito dal Ministero più che dalla Regione. Una nomina avvenuta con il precedente Cda scaduto, anche in fase di prorogatio. Per cui, il Comune si è trovato a gestire il problema della successione dell’ex Presidente, Valter Ferrara – che, tra l’altro, aveva riproposto – in tempi strettissimi. Anche i teatranti napoletani hanno cercato di proporre qualche nome ma, come detto, i tempi erano limitati e, alla fine, la nomina è stata quasi imposta dal Ministero. Credo, pertanto, che a Palazzo San Giacomo serpeggi un certo imbarazzo.
A dire il vero, sulla Cultura, e in particolar modo sulla politica teatrale, il Comune non sembra investire adeguatamente. Eppure, non dovrebbe trattarsi di un aspetto secondario, specie in una città come Napoli, storicamente centro di inestimabile rilievo culturale e teatrale. Come spiega questo deficit gestionale?
All’interno delle conclamate difficoltà di bilancio del Comune, tutto incentrato, inevitabilmente e giustamente anche, a tamponare le falle di un welfare ormai pressoché azzerato dal Patto di Stabilità Europeo imposto agli Stati, c’è, da parte di Palazzo San Giacomo, una sottovalutazione dell’importanza delle politiche culturali in genere. Pur non disponendo di grandi risorse, l’amministrazione dovrebbe essere capace di dare un indirizzo culturale adeguato, specie per quel che riguarda la politica dei teatri. Invece, secondo me, sconta la mancanza di un rapporto fattivo, fruttuoso, con le forze presenti sul territorio cittadino, con cui non ha saputo costruire un confronto. Il Comune, in pratica, dovrebbe riacquistare la sua importanza e il suo ruolo d’indirizzo rispetto ad una Regione che sta facendo, invece, da asso pigliatutto, avendo i fondi e gestendoli a suo piacimento. Per fare un esempio: il Teatro Verdi di Salerno, ottiene 3 milioni di euro perché il Governatore De Luca, ex sindaco di quella città, predilige Salerno a Napoli.
Dunque, a quanto pare, lo scontro De Luca-De Magistris, già in atto in altri delicati settori della vita pubblica, cittadina e campana, prosegue anche sulla Cultura?
Lo scontro tra De Luca e De Magistris sta facendo senz’altro male alla Cultura, in genere, e al Teatro, in particolare, che si trova strozzato tra due istituzioni che non operano in sinergia. Un teatro che sta pagando cara la crisi globale – la disoccupazione nel mondo artistico e teatrale si aggira intorno al 90% – ma che è ancor più penalizzato dal decreto ministeriale Franceschini/Nastasi, tutto imperniato sulla produttività e plasmato secondo le deprimenti logiche del mercato. Logiche che, in base all’indecifrabile algoritmo studiato dagli esperti ministeriali per razionalizzare il mondo della scena italiana, hanno, tra le altre conseguenze, penalizzato, come di consueto, soprattutto il meridione. Con Napoli che ha ottenuto sì il Teatro Nazionale, ma nessun Tric (Teatri di Rilevante Interesse Culturale), e soli due Centri di Produzione: Bellini e Casa del Contemporaneo. A questo, si aggiungano i camaleontici ritardi sull’erogazione dei fondi, disciplinati dalla Legge 6, da parte della Regione. Ritardi che, più o meno, si aggirano intorno ai tre anni, danneggiando intere compagnie e piccole realtà teatrali, mentre il Mercadante riceve, comunque, i suoi finanziamenti prima di tutti.
Sembra quasi che il Teatro Nazionale di Napoli sia avulso dal tessuto culturale cittadino.
Ed è proprio così, infatti. A parte i costi esorbitanti delle produzioni e delle regie di De Fusco, il Teatro Nazionale è completamente avulso dalla vita teatrale napoletana. Attualmente, possiamo dire che il Teatro Bellini, grazie all’intelligente gestione di Roberta, Gabriele e Daniele Russo, sta svolgendo le funzioni che dovrebbero essere proprie di uno Stabile, proponendo spettacoli di alta qualità artistica. Inoltre, va ricordato che la stessa compagnia dello Stabile è estranea alla città. Gran parte degli attori, infatti, provengono dallo Stabile del Veneto e, anche per questo, gli altri artisti napoletani la percepiscono slegata dalla dinamiche cittadine e distante dalle difficoltà con cui essi sono costretti a confrontarsi, quotidianamente, sul territorio.
Ovviamente, a fare le spese di questa sciagurata situazione, sono principalmente le maestranze e i lavoratori. Lei cosa ne pensa?
I lavoratori devono essere tutelati, cosa che, ormai, nel mondo dello spettacolo e del teatro, accade sempre più raramente. Bisogna distinguere, logicamente, tra lavoratori a tempo indeterminato e quelli a contratto. Un Teatro Nazionale, per sua struttura, deve provvedere ad un certo numero di assunzioni ed è, quindi, una risorsa per i lavoratori del territorio. Ecco perché la politica dovrebbe lavorare per salvaguardare la qualifica di Teatro Nazionale, riconosciuta al Mercadante. Se, infatti, la sala di Piazza Municipio fosse retrocessa a Tric, la ricaduta negativa su maestranze e lavoratori sarebbe inevitabile, con contratti di assunzione inferiori e rischi di licenziamento. Per questo bisogna lavorare di concerto con il Mibact, per uscire da questa difficile e stagnante situazione, che rischia di compromettere, ancor di più, il futuro lavorativo di tante persone. Il Teatro Nazionale, questo bisogna sottolinearlo, vive di soldi pubblici, non c’è un solo sponsor privato che lo finanzi, ed è, perciò, un problema della collettività. Com’è un problema della collettività se il direttore artistico sperpera il denaro pubblico o non paga i suoi dipendenti. Personalmente, per quanto riguarda i pagamenti, ritengo che andrebbero liquidati prima le maestranze e i lavoratori e poi le dirigenze. Per quel che riguarda il Mercadante – dove non sono mancate proteste, nel corso dell’ultimo anno, anche con ritardi sugli spettacoli imposti dai lavoratori per protesta (ndr) – da quanto ne so, De Fusco, invece, per sopperire ai debiti e ai ritardi nella corresponsione dei salari, adotta una politica di tagli lineari: 30% per tutti. Cosa che, inevitabilmente, penalizza chi guadagna meno.
L’importante, però, è che lo sfarzoso stipendio del Direttore Artistico, Luca De Fusco, sia salvo. Una situazione disonorevole per Napoli, dunque, su cui, vogliamo sperare, il Comune si vorrà pronunciare quanto prima, anche in rispetto di quella Città Ribelle che intende rappresentare. Una situazione disonorevole alla quale, ci auguriamo, si potrà porre rimedio al più presto.
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Dadagi
Eccellente testimonianza! Grazie del tentativo di fare luce su una pagina buia specchio di un'Italia che sempre più si allontana dal suo cuore pulsante