Nell’interessantissimo libro “Fare di tutta l’erba un fascio” (ed. Sensibili alle foglie) del compagno Afshin Kaveh, viene dibattuto un tema, quello della droga, spesso discusso attraverso logiche binarie: proibizionismo, antiproibizionismo, legalizzazione, penalizzazione; queste dicotomie però non ci aiutano a comprendere il ruolo che la droga assume all’interno della nostra società. Partendo dal suo statuto di merce, seguendo una coerente lettura marxista e situazionista, possiamo comprendere che essa non è meramente un oggetto inerte, ma è intrecciata nei rapporti sociali di produzione che la imbrigliano e la rendono una merce spettacolare tra le tante, in quell’immensa accumulazione di merci che caratterizza il modo di produzione capitalistico. Essa si nutre, prende forma a partire dai miti, dalle narrazioni che la rendono appetibile, candidandola a soddisfare un bisogno, non importa se sorto “dallo stomaco o dalla fantasia”. Elemento arcano è la merce, svelarne le sue logiche è compito ingrato e difficoltoso, ma necessario se si vuole portare una critica coerente alla sua struttura e alla società dalla cui logica prende forma. Vi è un potere immaginifico nella merce, di seduzione, che sorge dall’attribuzione di valore di cui essa è oggetto, in cui l’immaginario e gli status simbol che incarna hanno un ruolo preponderante; il suo ruolo è quello di un feticcio che rende gli uomini che l’hanno prodotta attraverso il loro lavoro materiale e simbolico degli spettatori passivi, che finiscono per esserne sovrastati e consumati.
Una possibile strada per disalienarsi dalla droga e dalle sue rappresentazioni è quella di cogliere il suo carattere di merce spettacolare e capire che la sua funzione all’interno della società è di fatto in linea con la logica di performance e con le routines che caratterizzano l’alienazione del tempo di lavoro come del tempo libero, ormai entrambi colonizzati dal consumo di sostanze. Come suggerisce l’autore vi è infatti una drogofilia nella società, i suoi meccanismi ci inducono al suo consumo per i più disparati scopi: per rimanere prestanti e performativi vi è una vasta gamma di eccitanti, anfetamine, smart drugs; per eliminare ogni intoppo nella vita lavorativa e personale si fa un uso massiccio di antibiotici; per affrontare la vita sociale vi è quel collante universale e inibitorio che è l’alcool; come antistress quotidiano ci si può rifugiare nel fumo di sigarette. per non parlare dell’universo degli psicofarmaci. Dall’altro lato vi è una drogofobia che si incarna negli apparati repressivi e legislativi, cosi come in quelli morali, che ci suggeriscono quali droghe dobbiamo assumere e quali no, e avviano poi tutti i percorsi che stabiliscono cosa deve essere normale e cosa deve essere invece patologico, cosi come quale droga è lecita e invece quale non lo è. Ci troviamo perciò di fronte ad una società che da un lato incentiva il consumo di sostanze e dall’altro perseguita chi le consuma.
Viene inoltre affrontata l’annosa questione del mercato della droga, attraverso un excursus storico, dalla storia dell’oppio e le sue guerre condotte dalla Gran Bretagna in nome di Adam Smith e del libero scambio contro i tentavi di regolazione del consumo di oppiacei da parte dell’Impero Cinese, passando per la commercializzazione dell’eroina da parte della Bayern, che fu diffusa inizialmente come farmaco, poi sostituita dall’aspirina e usata nel trattamento della morfinomania, aiutandoci a capire quanto sia assurdo immaginarsi un mercato illegale separato da quello legale, e quanto piuttosto occorra invece rendersi conto della loro contiguità. Non viene scordato nemmeno l’uso repressivo, rispetto ai movimenti politici, che venne fatto della stessa eroina, in Italia con l’operazione Bluemoon e negli Stati Uniti con l’operazione Chaos: ovvero la deliberata messa in circolazione, con l’avvallo dei servizi, di ingenti quantità di sostanze volte a decapitare la spinta propulsiva delle organizzazioni politiche del post-sessantotto.
Le dicotomie con cui viene trattata abitualmente l’analisi della droga risultano perciò in conclusione fallaci, e si rivelano essere due lati della stessa medaglia. Solo le armi della critica e la prassi possono aiutarci a sciogliere questi nodi, non isolando una merce, certo del tutto particolare, dalle logiche di sistema che l’hanno prodotta.
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DONATELLA SALINA
Cari compagni saraì’ tutto giusto ma io mai l ho presa e mai la prendero’ Gia’ siamo schiavi di obblighi ed orari che non ci appartengono e lottiamo contro una disumanita’ assoluta poi mettici dentro pure sta monnezza Ma quando mai Sono una militante storica del PCI a noi du carci n culo nun ce li levava nessuno a drogasse Certamente quando ero giovane eravamo circondati da qualsiasi droga ma era considerata roba da borghesi o da coattoni Saluti comunisti donatella militante USB