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Patria e cultura in tempi di Rivoluzione (Seconda parte)

Durante i suoi anni in Senato, Obama si mostrò come un uomo idealista, favorevole  alla promozione di un cambiamento negli Stati Uniti. Con questo spirito si lanciò nella corsa per la Casa Bianca, con l’assistenza di un nucleo di intellettuali preoccupati del declino della leadership globale come risultato della gestione demenziale dell’amministrazione Bush in relazione alla politica estera e della sua lenta reazione di fronte alla crisi del 2008.

Tre personalità tesero la mano a Obama: Zbigniew  Brzezinski, compagno di studi alla Columbia University; Joseph S. Nye, direttore per il Nord America della Commissione Trilaterale e teorico del soft power; e George Soros. I tre sostenevano una riconfigurazione delle concezioni teoriche sulla politica estera, come su quella interna, degli Stati Uniti.

Nel suo discorso di investitura Obama promise il ritiro ordinato delle truppe statunitensi dall’Iraq e fece un elogio ai metodi della guerra fredda. Quattro anni prima di assumere la presidenza, difese l’idea di rimuovere il blocco contro l’Isola (Cuba, ndT); però una volta installatosi nello studio ovale non menzionò più il tema e continuarono a essere in atto i progetti del “Programma Cuba” della USAID disegnati dal suo predecessore.

Quattro anni prima di assumere la presidenza, Obama difese l’idea di rimuovere il blocco contro l’Isola, però una volta installatosi nello studio ovale non menzionò più il tema”.

Nel primo semestre del 2009 Gross installò i terminali progettati per l’USAID (l’Avana, Camagüey  e Santiago de Cuba). Fu arrestato il 3 dicembre nel suo quinto e ultimo viaggio, mentre provava a installare una scheda di sicurezza nel terminale situato nella capitale. Fu condannato a 15 anni di reclusione per il crimine di “atti contro l’indipendenza o l’integrità territoriale dello Stato”.

Nel mentre, agenti operativi dell’USAID  non collegati a Gross introducevano il BGAN per creare nuovi “punti caldi” con terminali wi-fi fuori dal controllo cubano. Allo stesso tempo era in corso una operazione di intelligence indirizzata a moltiplicare le capacità di identificazione e controllo delle proprie potenzialità di influenza nel paese – uno dei punti dell’“Allegato Segreto” del Piano Bush -.

Il giorno dell’arresto di Gross, si trovava all’Avana un importante contractor dell’USAID, il peruviano-statunitense Marc Wachtenheim, agente operativo collegato con la CIA e settori della linea dura dell’emigrazione cubana a Washington.

Con l’ascesa di Bush nel gennaio 2001,  Wachtenheim fu chiamato a dirigere l’“Iniziativa di Sviluppo per Cuba” della Fondazione Panamericana per lo Sviluppo, istituzione creta dall’OSA nel 1962 per amministrare un programma multimilionario per la democrazia, i diritti umani e la governance, perseguendo gli interessi del governo degli Stati Uniti con fondi della USAID, della NED, della Banca Mondiale, di Chevron Corporation, Citigroup e Philip Morris International.

Wachtenheim fuggì dal paese di corsa. Alcuni anni prima aveva subappaltato a Gross per due missioni di rifornimento, e temette di fare la sua fine. Un altro pericolo maggiore lo minacciava: Aveva la responsabilità di gestire due agenti reclutati dalla CIA  che si trovavano all’Avana, a uno di loro consegnò il BGAN per garantire la sicurezza delle comunicazioni. Non immaginava che in entrambi i casi i due lavoravano per il Controspionaggio Cubano.

Tra le sue priorità vi era quella di appoggiare il controrivoluzionario Dagoberto Valdéz e la sua rivista, Vitral; inoltre potenziare il lavoro di Gorky Águila, leader del gruppo di musica punk Porno para Ricardo, figura chiave – stando a quanto lui affermava – per mobilitare un segmento giovanile della popolazione per la realizzazione di un disegno di “golpe soft”.

Aveva l’ossessione di realizzare un programma di “influenza” per accademici universitari – in particolar modo per quelli  del settore delle scienze sociali – attraverso borse di studio per corsi di laurea e masters –. Volevano identificare soggetti insoddisfatti, lavorare sugli errori delle istituzioni cubane per far nascere contrasti, seminare dubbi e discordia.

I beneficiari delle borse di studio avrebbero passato da sei mesi a un anno presso università degli Stati Uniti, con l’obbligo di fare ritorno a Cuba una volta conclusa la loro formazione. “C’è molta gente interessata a che questo progetto funzioni, ci sono molti soldi in ballo” […], confessò un membro del team di Wachtenheim nella Fondazione Panamericana per lo Sviluppo (Capote, 2011: 144 e 169).

Di fronte al disastro subito dall’USAID all’Avana, si scatenò un dibattito sui programmi di regime change e si paralizzò l’entrata dei BGAN. Nel Congresso si difese l’idea di creare una funzione di “assistenza” nel Consiglio per la Sicurezza Nazionale e un nuovo dipartimento non ascritto al Dipartimento di Stato che integrasse i programmi compresi nel campo di azione dell’USAID, della NED e di altri dipartimenti dipendenti dall’esecutivo. Non mancò chi suggerisse di riassegnare questa responsabilità all’apparato clandestino della CIA.

Il 10 di febbraio 2010 Wachtenheim pubblicò l’articolo La vera rivoluzione in America Latina, nel quale valutava l’utilizzo delle reti sociali di internet. Raccontò inoltre nell’articolo di una sua conversazione con Jack Dorsey, creatore di Twitter, al quale domandò se per un istante avesse mai immaginato che la sua invenzione avrebbe contribuito ad “abbattere regimi politici”.

Scrisse: “la sua risposta fu lapidaria, ‘sì’”. Nello scritto si dava risalto alla Alliance of Youth Movements (Alleanza dei Movimenti Giovanili), iniziativa partorita da Jared Cohen, il membro più giovane del team di pianificazione delle politiche del Dipartimento di Stato. Si metteva enfasi sul fatto che i telefoni cellulari si erano trasformati in portali sul mondo della rete globale e creavano i propri legami e le proprie interconnessioni.

In Venezuela gli oppositori si organizzavano attraverso Blackberry Messenger, a Cuba Yoani Sánchez – la quale lui presentava come un’attivista senza alcuna relazione con gli Stati Uniti e l’estrema destra – con il suo blog Generación Y era riuscita a “disarticolare la vecchia politica ufficiale di censura statale del suo governo, racchiusa nella celebre frase di Fidel Castro: ‘dentro la rivoluzione, tutto; fuori della rivoluzione, nulla’”.

Infine si domandava cosa significasse tutto questo per il libero flusso delle informazioni nel futuro:…saremo testimoni di uno storico cambiamento nel posizionamento del campo di battaglia. […] Si preserveranno comunque i vecchi campi di battaglia: la piazza, la stampa e il ripetitore. Però nei prossimi anni, quando in America Latina ci saranno più account di Youtube che conti bancari, saranno i provider di internet, i personal digital assistant e la rete di minuscoli cavi di fibra ottica, quelli che simboleggeranno meglio i campi d’operazione della battaglia a venire (Wachtenheim 2010).

“Si metteva enfasi sul fatto che i telefoni cellulari si erano trasformati in portali sul mondo della rete globale e creavano i propri legami e le proprie interconnessioni”.

Ma l’attivista cubana era indipendente? Lo stesso travisare da parte di Wachtenheim la frase di Fidel – quello che disse in realtà fu: “Dentro la Rivoluzione, tutto, contro la Rivoluzione, nulla” –, mette chiaramente in evidenza quello che vi era dietro il personaggio: Yoani Sánchez creò nel 2007 il blog  Generación Y il cui server era installato in Germania a nome di Josep Biechele, provider di Cronos AG Regensburg, un’impresa già denunciata dal partito dei Verdi tedesco perché, oltre al sito della Sánchez, ospitava siti internet dell’estrema destra e di gruppi neonazisti.

Il patrocinatore era la IGFM, impresa che ricevette finanziamenti milionari da parte degli Stati Uniti durante l’amministrazione Bush. Registrò il suo dominio attraverso l’impresa statunitense GodDady ed ebbe a disposizione il copyright: “© 2009Generación Y – All Rights Reserved”, privilegio che viene negato al resto della blog-sfera dell’Isola a causa della legge statunitense Helms-Burton[1]. Gli articoli del sito erano disponibili in diciannove lingue (inglese, francese, spagnolo, italiano, tedesco, portoghese, russo, sloveno, polacco, cinese, giapponese, lituano, ceco, bulgaro, olandese, finlandese, ungherese, coreano, greco).

Con solo un anno di esistenza e senza nulla di innovativo da esibire, nel 2008 ricevette il Premio di Giornalismo Ortega y Gasset  (1500 euro) conferito dal Gruppo Prisa. Generación Y fu inserito dalla catena televisiva CNN tra i 25 migliori blog del mondo e la rivista Time presento la Sánchez come una delle 100 persone più influenti del pianeta, insieme a George W. Bush, il Dalai Lama e Hu Jintao.

Per non rimanere indietro il quotidiano spagnolo El Pais la incluse nella sua lista delle 100 personalità di lingua spagnola più influenti dell’anno. A due mesi dalla pubblicazione dell’articolo di Marc Wachtenheim, l’Università della Columbia le conferì una menzione speciale del Premio María Moors Cabot, la cui medaglia d’oro fu vinta da tre giornalisti rispettivamente di USA Today, The New York Times e O Globo.

Fu questo il percorso che il governo degli Stati Uniti scelse per il suo finanziamento, in totale la Sánchez ricevette la somma di 250.000 euro – senza contare il salario riscosso come corrispondente di El Pais e quello come vicepresidente regionale della Società Interamericana della Stampa, una organizzazione conservatrice sotto controllo degli Stati Uniti.

Il 19 aprile 2010 il Centro Presidenziale George W. Bush organizzò la conferenza “Ciber-dissidenti: successi e sfide”, con Freedom House come co-patrocinatore, il cui “Programma per rafforzare i leader dell’opposizione cubana all’interno della comunità degli artisti, dei musicisti, dei bloggers e della comunità nera” contava su un finanziamento per quell’anno da parte dell’USAID di 900.000 dollari.

La conferenza fu celebrata nel Southern Methodist della Università di Dallas, e al tavolo della presidenza Bush era accompagnato da Daniel B. Baer, Sottosegretario di Stato Aggiunto al Bureau della Democrazia, Diritti Umani e Lavoro; Stephen Hadley, ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale durante le amministrazioni di George H.W. Bush e George W. Bush; Jeffrey Gedmin, direttore esecutivo di Radio Europa Libera/Radio Libertà; Jennifer L. Windsor, Direttrice Esecutiva di Freedom House ed ex direttrice del Centro di Governo dell’USAID durante l’amministrazione Clinton; erano presenti inoltre vari ambasciatori.

Questi esponenti dell’élite si presentarono per discutere con sei “grandi voci antigovernative” di Cina, Russia, Iran, Siria, Venezuela e Cuba sull’utilizzo del web in “favore della libertà”. Chi fu la “voce solista” cubana?

Ernesto Hernández Busto, un blogger residente in Catalogna che il 30 agosto del 2008 – con Bush disperato perché a febbraio di quell’anno Fidel aveva annunciato che non sarebbe ritornato alla direzione del paese, e lui, ciononostante, non riusciva a piegare la Rivoluzione – scrisse sul suo “diario” on line Penúltimos días che l’intervento militare degli Stai Uniti “…sarebbe il modo più rapido e produttivo per farla finita con il castrismo. Però questa è una certezza personale, e non provo a obbligare a nessuno perché la condivida” (Perez, 2010).

Durante il dibattito si analizzò “internet non come aveva promesso di essere, il generatore automatico di libertà, ma invece come un altro campo di battaglia nella lotta contro la tirannia”. Bush dichiarò che non si trattava di condividere racconti di episodi di guerra, “ma che invece bisogna tracciare un piano d’azione”.

Non si poteva perdere tempo, proclamò che “una delle cose che mi rende nervoso, riguardo un gruppo di esperti, è che tutto quello che facciamo è che la gente venga, e si sieda a riflettere. Credo che non solo sia importante che la gente si riunisca e rifletta, e che gli esperti scrivano ed esprimano opinioni, ma che allo stesso tempo scoprano anche come agire”; invece Jennifer Windsor si dichiarò “’molto delusa’ per l’approccio timido del settore privato verso la linea della libertà contro i governi autoritari” (Michels, 2010).

“Durante il dibattito si analizzò internet non come aveva promesso di essere, il generatore automatico di libertà, ma invece come un altro campo di battaglia”.

L’attacco si faceva serio e il 15 giugno del 2010 Obama nominò come assistente amministratore del Bureau Latino-America e Caraibi dell’USAID Mark Feierstein. Aveva un curriculum impeccabile: coordinatore del programma della NED per abbattere il Fronte Sandinista nel 1990 e consigliere dell’ambasciatore presso l’Organizzazione degli Stati Americani durante l’amministrazione Clinton; esperto in “guerra di quarta generazione” (disinformazione) e proprietario della società di consulenza Greenberg Quinlan Rosner, che fu consulente della campagna elettorale di Gonzalo Sánchez de Lozada – oggi latitante – durante le elezioni per la Presidenza della Bolivia nel 2002.

Poco dopo, a settembre,  Marc Wachtenheim lasciò la Fondazione Panamericana per lo Sviluppo e creò la società di consulenza W International, LLC, che nell’anno successivo darà consulenza al Centro Presidenziale George W. Bush su materie relative a iniziative per la “libertà umana” per l’America Latina, e iniziò a impartire conferenze a giovani di tutto il mondo all’interno del Programma di Leadership per la Competitività Globale preso l’Università di Georgetown.

Il mondo poteva contare con un flusso libero dell’informazione? Gli Stati Uniti si trovavano in condizione di favorire la democratizzazione della governance globale? Obama avrebbe preso le distanze dalla politica del suo predecessore?

Nell’ottobre del 2010 si costituì il Cyber Command di Fort Meade, Maryland, con centomila effettivi e un budget stanziato di 90 miliardi di dollari. Al comando fu nominato il capo della NSA, il generale Keith Alexander. Qualche mese dopo divenne operativa la base dell’Air Force Cyber Command in Louisiana.

Il cambiamento culturale si basa sul nostro differente approccio e trattamento di internet come uno spazio di guerra, ci concentreremo su di lui, per dare priorità a operazioni nel cyberspace e accompagnarle, se necessario, con azioni nello spazio aereo e terrestre. Svilupperemo, assieme alle università, guerrieri cyber-spaziali”. Questa fu la dichiarazione del generale (in congedo) Robert J. Elder Jr., esperto di intelligence e professore dell’Università George Mason (Francis, 2011).

Nel mentre USAID alimentava la controrivoluzione cubana, nell’ottobre del 2011 la Segretaria di Stato Hillary Clinton provò a far sì che il Direttore Generale dell’Unicef facesse uno sgarbo a “La Colmenita”[2] durante la sua visita a New York.

Questa attitudine contrasta con l’operazione di relazioni pubbliche orchestrata dalla NED  nel 2013, per presentare Yoani Sánchez come una celebrità mondiale. Né allori ne propaganda raggiunsero l’obiettivo di renderla credibile; ancor meno trasformarla in una leader a Cuba. Visitò una decina di paesi in un periplo di 80 giorni, che però alla fine ebbe come risultato che la sua immagine si sgonfiasse. Tutta la pompa magna le fu offerta da settori della estrema destra.

Fin dall’inizio, in Brasile, dimostrò che non aveva nulla da dire e il “palloncino esplose”, in qualsiasi luogo fu avversata dalla sinistra. Negli Stati Uniti fu corteggiata da personaggi come Ros-Lehtinen, Marco Rubio e Lincoln Díaz-Balart[3]. Fu imbarazzante il banchetto alla Torre della Libertà nel Coral Gables, nel cuore di Miami, dove la FNCA[4] vendette a 100 dollari un posto a tavola. Durante l’avvenimento fu acclamata da una canea nella quale risaltavano noti terroristi e mercenari della brigata 2506[5].

Questo fu quello che disse: “Ci è stato detto che i cubani che se ne erano andati erano i nemici. In questo viaggio ho imparato che invece non è così. Sento nell’aria e nella gente una sacco di rispetto e libertà. Mi sento come a Cuba, però libera. Qui è come Cuba, però con la democrazia” (BBC News, 2013).

La scommessa di Obama su “interventi limitati” di regime change portò alla fine a gravi complicazioni per la sua amministrazione. A tredici anni dall’invasione dell’Afghanistan erano ancora presenti su quel territorio 54.000 soldati statunitensi, le perdite ammontavano a 21.477 (2143 morti e 19.334 feriti), e sommando a questo conflitto la guerra in Iraq, il Pentagono aveva speso  duemila miliardi di dollari.

La guerra in Libia mise in pratica la concezione dello smart power –definito da Hillary Clinton come la combinazione dell’hard power (il potere duro equivalente all’uso della forza) e il soft power – che incluse l’assassinio di Muammar Al Gadafi e generò in questa nazione araba uno sconvolgimento tale, che ancora oggi risulta ingovernabile.

Verso l’autunno del 2014, con un indice di popolarità che non superava il 40% e uno di disapprovazione della sua amministrazione del 65%, le principali agenzie di sondaggio lo posizionavano tra i presidenti con l’immagine peggiore dalla seconda guerra mondiale.

Ansioso di mostrare un risultato che gli desse respiro all’interno del paese e gli permettesse un riavvicinamento al suo “cortile di casa[6]” – dove l’influenza dell’ALBA minacciava gli interessi geopolitici yankee nella regione –, dopo due anni di negoziati segreti, Obama scelse l’opzione di un nuovo corso nelle relazioni politiche con Cuba, che ebbe inizio dopo l’annuncio simultaneo dell’apertura di nuove relazioni diplomatiche, e di un processo graduale tendente alla normalizzazione tra le due nazioni. Poco dopo – troppo poco dopo perché fosse casuale – dichiarò la Repubblica Bolivariana del Venezuela una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Con tutto quello che disse e fece da quel momento in poi, mostrò chiaramente che si trattava di un cambio di tattica e continuò con la premessa immutata di sgretolare la base che sostiene il socialismo cubano dal suo interno. A questo fine risultava vitale liquidare la Rivoluzione bolivariana; mentre lavoravano a progetti eversivi per il Cono Sud attraverso l’Alleanza del Pacifico, che avrebbe avuto la funzione di rilanciare la destra neoliberista e rimetterla al potere.

Diversi settori della società statunitense erano a favore – e lo sono ancora – al compiere passi avanti verso una relazione mutua con l’eliminazione del bloqueo (blocco) al fine di incorporare il capitale nordamericano alle dinamiche di sviluppo dell’Isola. D’altro canto nell’establishment si manteneva il rifiuto del sistema politico cubano; la scommessa era demolirlo per implosione.

Il nostro precedente approccio nelle relazioni con Cuba, da più di mezzo secolo, per quanto radicato sulla base delle migliori intenzioni, è stato un fallimento nel non riuscire a dare potere al popolo cubano e ci ha isolati dai nostri partner democratici in questo continente e nel mondo […]”, questa fu la dichiarazione, il 3 febbraio 2015, della Segretaria di Stato Aggiunta per l’Emisfero Occidentale Roberta S. Jacobson di fronte alla Commissione delle Relazioni Estere del Senato. “Le iniziative del presidente guardano al futuro e sono disegnate per dare impulso a cambiamenti […] che a loro volta diano impulso ai nostri interessi nazionali” (Jacobson, 2015).

A tre settimane da quando John Kerry aveva presieduto la cerimonia ufficiale d’inaugurazione dell’ambasciata, a Madrid il Sottosegretario di Stato Anthony Blinken – attualmente nominato da Biden Segretario di Stato – fu ancora più esplicito: L’embargo aveva una buona intenzione. […]. Però non è stato efficace nel raggiungere gli  obiettivi che si proponeva. La cosa più logica è provare con qualcosa di differente. Crediamo che stabilire relazioni sia la forma migliore di raggiungere gli stessi obiettivi che avevano quelli che appoggiarono l’embargo. Questo permetterebbe al popolo cubano, alla sua classe media, di avere maggiori contatti con il mondo e con gli Stati Uniti. E questo permetterebbe a noi di estendere i nostri contatti all’interno della società cubana (Blinken, 2015).

L’avvio di un cammino tendente alla normalizzazione delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti generò una grande accoglienza a Cuba, giustificata nella pratica dalla direttiva presidenziale promulgata da Obama durante questo processo (PPD-43).

Per la prima volta un documento ufficiale della Casa Bianca riconobbe l’indipendenza, la sovranità e l’autodeterminazione di Cuba, e la legittimità del suo governo; allo stesso tempo reputò il blocco come uno strumento obsoleto e difese l’idea di una maggiore interconnessione economica che permettesse alle imprese nordamericane di accedere ai mercati cubani.

La PPD-43 istituì gli accordi non vincolanti che si erano raggiunti – in un clima di rispetto ed eguaglianza di condizioni – da parte della Commissione Bilaterale che lavorò sui temi: ambiente naturale, aree marine protette, sanità e ricerca biomedica, agricoltura, idrografia, lotta al narcotraffico, sicurezza dei viaggi e del commercio, aviazione civile e trasporto diretto della posta, i cui risultati riempirono di ottimismo anche il più scettico degli analisti politici.

“L’avvio di un cammino tendente alla normalizzazione delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti generò una grande accoglienza sull’Isola”.

La  PPD-43, nonostante ciò, non eluse il carattere di ingerenza che comunque la condizionava.

Con Obama si stabilirono i primi accordi commerciali dopo più di cinquant’anni, tuttavia la sua direttiva interpretava le trasformazioni promosse da Cuba, per il perfezionamento del modello economico socialista, come un opportunità per far avanzare gli interessi egemonici degli Stati Uniti.

Nel conseguimento di questo proposito mise in pratica un programma di regime change che scommise sul miglioramento delle comunicazioni e l’accesso a internet – sotto il controllo delle multinazionali nordamericane – con la manipolazione del cosiddetto programma “people to people”[7]; mentre lavorava alla formazione e strutturazione di un settore neoplattista [8] nell’ambito degli intellettuali e progettava la crescita, come classe media – e alleato tattico – di un’imprenditoria privata.

Questi erano due degli assi essenziali del cavallo di Troia che provarono a impiantare nel seno della Rivoluzione per sgretolare il suo ordinamento politico, economico e sociale.

Durante la sua visita all’Avana, Obama cancellò qualsiasi dubbio che poteva rimanere sul tema: esortò a dimenticare la storia e scommise su un nuovo corso contraddistinto dal confronto delle idee, che opera nel campo della lotta ideologica – l’“abbraccio della morte” –; mentre le istituzioni preposte all’eversione già proiettavano operazioni di influenza su alcuni settori del paese, che considerarono fossero capaci di mobilitarsi a favore degli interessi politici degli Stati Uniti.

Questo nuovo contesto ebbe il significato di una sfida cruciale, nel corso della storia non pochi cubani guardarono verso il Nord al fine di rendere concrete le proprie aspirazioni individuali, e l’annessionismo, -sconfitto come corrente ideologica nel diciannovesimo secolo- sempre ha contato con adepti. E non mi riferisco a chi porta la bandiera degli Stati Uniti o alcuni dei suoi simboli su indumenti o nella propria automobile, ma invece ad altri che nascondono il loro volto dietro una maschera, e esibiscono il ritratto dell’Apostolo[9] dipinto durante la Repubblica borghese da una élite antinazionale che in realtà non onorò mai la sua memoria.

Non hanno riserve nel decontestualizzare il pensiero dell’uomo che unì la sua sorte a quella dei poveri della terra e fece professione di fede dell’antimperialismo, come confessò al suo amico Manuel Mercado alla vigilia della sua morte in combattimento.

“Durante la sua visita all’Avana, Obama cancellò qualsiasi dubbio che poteva rimanere sul tema: esortò a dimenticare la storia e scommise su un nuovo corso contraddistinto dal confronto delle idee”.

A quel punto perse prevalenza l’opposizione interna organizzata in gruppuscoli, perché era carente di rilievo e di sostegno popolare.

Il 15 aprile del 2009 Jonathan D. Farrar, responsabile della Sezione di Interessi degli Stati Uniti a l’Avana (2008-2011) si lamentava presso il Dipartimento di Stato del mercenarismo e delle prevalenti divisioni al suo interno: “Con la ricerca di risorse economiche come principale preoccupazione, la sua successiva priorità sembra limitarsi a emarginare dalle attività i suoi antichi alleati, al fine di preservare il potere e le scarse risorse economiche”.

Che soluzione presentava in questo memorandum inviato in varie copie alla CIA, il Comando Sud, al Consiglio per la Sicurezza Nazionale, e l’Ufficio dell’Intelligence della Marina nella base di Guantanamo? “…dovremo cercare in altri luoghi, incluso all’interno dello stesso governo, per identificare i successori maggiormente probabili del regime di Castro” (Farra, 2009).

Non era una novità per l’artefice intellettuale del nuovo disegno: Ricardo Zúñiga, un diplomatico di carriera nato in Honduras che aveva lavorato nella Sezione di Interessi dell’Avana (2002-2004) e che Obama designò come Consigliere per l’America Latina del Consiglio per la Sicurezza Nazionale.

Per Zúñiga l’elemento più importante era mostrare che l’amministrazione Obama era concentrata sul benessere del cubano comune, e non, invece, completamente concentrata nel punire il suo governo. E, in quella che fu indiscutibilmente una mossa di riduzione dei danni, rimosse Rajiv Shah, amministratore generale dell’USAID tra il 2009 e il 2015, come anticipò alla stampa lo stesso 17 dicembre dopo l’annuncio di Obama sul cambio di politica.

Come affrontare il problema del finanziamento? Perfino nel Comitato per il Budget della Camera dei Rappresentanti si suggerì trasferire alla NED la maggior parte dei fondi destinati ai programmi di regime change.

Vale la pena sottolineare che molte delle figure dell’apparato clandestino della CIA, in qualche momento, hanno formato parte del Consiglio di Amministrazione o di qualche apparato di direzione della NED. Si richiedeva questa abilità nel lavoro sotto copertura, mentre le istituzioni coinvolte con la NED nelle operazioni di influenza già avevano più che sufficiente esperienza in scenari di destabilizzazione.

Quello che si sperimentò in Jugoslavia lasciò loro una metodologia. La NATO combatteva per i Balcani e nel 2000 gli Stati Uniti valutarono che l’impatto del blocco e della propaganda aveva messo alle corde il presidente Slobodan Milosevic.

Come fuoco di sbarramento preparatorio decisero di applicare la concezione della soft war raccolta nel manuale di Gene Sharp. Come cavallo di Troia fu utilizzata Otpor (“resistenza”), un’organizzazione costituita spontaneamente nel 1998 da studenti universitari, che dopo un incidente dovuto a un episodio di brutalità della polizia infiammò una parte della massa di giovani contrari al governo.

La NED insieme a Open Society, Freedom House, l’Istituto Nazionale Democratico, l’Istituto Nazionale Repubblicano e il Committee on the Present Danger (legato a José María Aznar e Vaclav Havel), incanalarono più di tre miliardi di dollari per scatenare il caos.

L’ambasciatore Juan Sánchez Monroe narra di come questi fondi furono impiegati per mobilitare e addestrare in centri clandestini una massa di giovani e adolescenti poveri – che non avevano la possibilità di studiare o erano disoccupati –.

E quando, dopo i bombardamenti della NATO, cadde Milosevic, Otpor diede assistenza alla creazione di “Pora” in Ucraina, “Kmara” in Georgia e “Zubr” in Bielorussia. Successivamente tutto ciò si estese allo Zimbabwe e al Venezuela dove nel 2002 – anno del colpo di Stato contro Chávez – organizzò il movimento JAVU dal quale proviene Juan Guaidó. Quale fu il risultato di questa metodologia?

La Jugoslavia dove nacque Otpor non esiste più: il Montenegro si separò dalla Serbia e a questa fu strappato il Kosovo, culla della sua identità. Non esiste più nemmeno l’Ucraina di “Pora”, divorata dai conflitti etnici perse la Crimea ed è ancora in guerra con le sue regioni dell’est.

Stessa sorte tocco alla Georgia di “Kmar”, la guerra del 2008 la separò dall’Abkhazia e dall’Ossezia del Nord. In nessuno dei luoghi dove trionfarono le cosiddette rivoluzioni colorate è tornata a regnare la pace e la stabilità (Monroe, 2020).

Ci sembra utile riconoscere che il dialogo governativo tra Cuba e gli Stati Uniti fu caratterizzato dal rispetto reciproco, e che si affrontarono da ambo le parti i più diversi temi, riconoscendo la reciproca sovranità.

Questo clima bilaterale condizionò il fatto che questa combinazione di risorse a favore del regime change, dovesse essere sommerso in una narrativa meno belligerante, assieme all’utilizzo di metodi più  creativi. “Le misure che stiamo prendendo rafforzeranno la classe media a Cuba. Questo è il migliore strumento per ottenere quello che tutti vogliamo […]” confessò nell’intervista precedentemente citata a Madrid il sottosegretario di Stato Anthony Blinken (Blinken, 2015).

Continua….

La prima parte del saggio è stata pubblicata su Contropiano il 1 marzo 2021

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Bibliografía:

BBC News: “Yoani Sánchez visita la Torre de la Libertad de Miami”, 1 de abril de 2013. Disponibleen:https://www.bbc.com/mundo/ultimas_noticias/2013/04/130401_ultnot_yoani_sanchez_miami_en (https://www.bbc.com/mundo/ultimas_noticias/2013/04/130401_ultnot_yoani_sanchez_miami_en).(Consultado: 25.12.2020).

Blinken, Anthony: “Entrevista a El País”, Madrid, 27 de julio de 2015. Disponible en: http://internacional.elpais.com/internacional/2015/07/27/actualidad/1438021772_833235.html(http://internacional.elpais.com/internacional/2015/07/27/actualidad/1438021772_833235.html)(Consultado: 27.7.2015).

Capote, Raúl Antonio: Enemigo, La Habana, Editorial José Martí, 2011.

Castro Ruz, Fidel: Reflexiones, La Habana, Oficina de Publicaciones del Consejo de Estado, 2013.Development Alternatives, Inc. (DAI): “Meeting Notes from USAID CDCPP” (CONFIDENTIAL), RonaldReagan Building, Tuesday, August 26, 2008. Case 1:12-cv-01860-JEB, Document 10-7 Filed 01/15/13.Disponible en: https://drive.google.com/file/d/0B6Mo1c2bIFLWc2NRTlo1dDdKUmM/view?usp=drivesdk (https://drive.google.com/file/d/0B6Mo1c2bIFLWc2NRTlo1dDdKUmM/view?usp=drivesdk).(Consultado: 22.12.2020).

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[1]    La legge Helms-Burton fu varata durante la presidenza di Bill Clinton ed è uno degli innumerevoli crimini “giuridici” di cui è composto il bloqueo (blocco), vera e propria arma della guerra economica che tutte le amministrazioni statunitensi negli ultimi sessant’anni hanno perpetrato contro Cuba, il suo popolo, la sua Rivoluzione. Per maggiori informazioni si possono consultare i numerosi articoli pubblicati su it.cubadebate.cu e su it.granma.cu.

[2]    Progetto teatrale infantile e giovanile che integra tra i suoi partecipanti bambini con handicap; nel suo repertorio sono presenti fiabe e racconti sulla storia di Cuba; gode di enorme riconoscimento e sostegno sull’Isola e in molti altri paesi, in particolare dell’America Latina (n.d.t.).

[3]    Personaggi, alcuni di loro parlamentari, dell’estrema destra e della mafia controrivoluzionaria di Miami (n.d.t.).

[4]    Fondazione Nazionale Cubano Americana, una delle organizzazioni più potenti della controrivoluzione di Miami, responsabile del finanziamento di innumerevoli attentati terroristici sull’isola contro la popolazione cubana, oltre che di spartirsi una lauta fetta degli ingenti fondi federali stanziati con il fine di abbattere la Rivoluzione.

[5]    Brigata di mercenari finanziati, addestrati ed equipaggiati dalla CIA per l’invasione di Cuba, appoggiata dalle forze statunitensi; era composta da ex sgherri della dittatura, rampolli dell’aristocrazia latifondista e seguaci batistiani; fu sconfitta in 72 ore dalle forze rivoluzionarie nel 1961 a Playa Giròn (n.d.t.).

[6]    Backyard in inglese, patio trasero in spagnolo, è il modo in cui nella storia politica degli Stati Uniti, anche quella attuale, ci si riferisce in modo sfacciatamente colonialista al continente Latino Americano come area di dominio esclusivo degli USA (n.d.t.).

[7]    Il programma “people to people” del governo di Washington permetteva ad alcune categorie specifiche di cittadini statunitensi, religiosi, scienziati, atleti, artisti ecc., di viaggiare a Cuba, cosa vietata alla stragrande maggioranza della popolazione. La finalità del programma era quella che dette figure dovessero agire come “ambasciatori della democrazia” a stelle e strisce. Una valutazione empirica ci fa dire che fu vero il contrario, molte di queste persone sono ritornate nel loro paese con un immagine positiva della realtà cubana, e con l’idea precedente che avevano di Cuba, spesso basata su stereotipi, preconcetti e disinformazione, completamente in frantumi. Durante la presidenza Trump la possibilità per i cittadini statunitensi di viaggiare sull’Isola è stata pressoché azzerata (n.d.t.).

[8]    Si intende un soggetto o organizzazione che ha come aspirazione l’annessione di Cuba, direttamente o indirettamente, al potere egemonico degli Stati Uniti. Il termine ha origine dall’emendamento che fu imposto alla costituzione cubana del 1902, emendamento che porta il nome del senatore statunitense Platt, che prevedeva la prerogativa del governo USA di poter invadere l’Isola qualora ritenesse minacciati i suoi interessi a Cuba (n.d.t.).

[9]    Si riferisce a José Martí (n.d..t.).

 * da La Jiribilla

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