Gli spazi di concertazione multilaterale nel Terzo Mondo durante gli anni ’60 e i primi anni ’70 costituirono una minaccia alla transnazionalizzazione del capitale. I circoli finanziari avevano bisogno di fabbricare simboli e codificarli per attirare l’attenzione dei circuiti accademici; i due paradigmi della dottrina neoliberista ricevettero il Premio Nobel per l’Economia: Friedrich A. Hayek, nel 1974, e Milton Friedman, nel 1976.
Con l’assalto al potere da parte di generali sanguinari, la privatizzazione estrema delle ricchezze dei nostri popoli si estese a tutto il Cono Sud sotto l’egida dell’Operazione Condor che, con il protagonismo regionale di Augusto Pinochet e la supervisione della Central Intelligence Agency (CIA), fece sparire decine di migliaia di giovani di sinistra. Cominciava una nuova era che avrebbe impiegato appena un decennio per compiersi: il neoliberismo.
Negli Stati Uniti il neoconservatore Ronald Reagan salì alla Casa Bianca nel 1981. La sua alleanza con Margaret Thatcher, che per un anno aveva applicato ricette neoliberiste in Gran Bretagna, seppellì l’idea dello Stato sociale propugnata da John Maynard Keynes dopo la Grande Depressione del 1929.
Reagan definì l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) come l’impero del male, e nel 1983 implementò il Progetto Democrazia, progettato per minare il socialismo. Il suo maggior risultato fu la creazione della National Endowment for Democracy (NED, Fondazione Nazionale per la Democrazia), alla quale la CIA – senza tralasciare le sue altre responsabilità – garantì attenzione pubblica e finanziamenti di partiti, sindacati, gruppi di affari, agenzie di stampa e organizzazioni non governative affini agli interessi statunitensi.
I suoi programmi furono concepiti lungo due linee: la sovversione politica e la garanzia dei processi di transizione – cioè di cambio di regime.
La NED permise loro di evitare lo stigma delle operazioni di “influenza” precedentemente eseguite dalla CIA e il ben noto principio della negazione plausibile. Solo nei suoi primi dieci anni distribuì più di duecento milioni di dollari in America Latina; una parte di essi fu fornita da Langley senza la supervisione del Congresso.
Il cambiamento concettuale nel lavoro di eversione diede maggiore risalto all’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), che insieme alla NED si incaricò di coprire le operazioni di “influenza”. USAID prese in mano l’addestramento delle forze di pubblica sicurezza e i programmi di scambio tra gli organi di polizia statunitensi e quelli latinoamericani. I beneficiari dei fondi non avrebbero più avuto bisogno di mascherarsi…
Reagan abbandonò forse la corsa agli armamenti? Al contrario, associò la questione della democrazia alle concezioni di sicurezza nazionale degli Stati Uniti e rinnovò la visione geopolitica della guerra fredda.
Con la valigetta nucleare nella mano sinistra e il libro Capitalismo e Libertà di Milton Friedman nella destra, comandò una crociata senza quartiere contro l’URSS e il blocco socialista. La battaglia si estese a tutto il pianeta e arrivò fino allo spazio celeste con l’Iniziativa di Difesa Strategica, un programma multimilionario che prevedeva di creare uno scudo spaziale per distruggere i missili strategici sovietici in aria.
Consapevole che questa nuova corsa implicava spese che l’URSS non poteva permettersi, lanciò una campagna che persuase il suo avversario che ciò che era stato progettato avesse una reale base scientifica, e mise a tacere le critiche interne sollevate da queste “Guerre Stellari”.
In questa crociata trascinò la sinistra dell’Europa occidentale, usando come cavallo di Troia un giovane politico che la CIA e i servizi segreti di Franco aiutarono a salire al potere durante la transizione spagnola: il socialdemocratico Felipe González, un uomo falso che fece parte della manovra di annientamento della sinistra radicale e che nel 1979, durante il XXVIII Congresso del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) – fondato nel XIX secolo da Paul Lafargue -, come segretario generale impose di togliere il termine “marxismo” dagli statuti.
Nel 1983, durante la sua prima visita a Bonn, González si dichiarò solidale con la strategia di Reagan di installare missili in Europa; tre anni dopo tradì la promessa elettorale che lo aveva portato alla presidenza nel 1982 e mobilitò l’opinione pubblica per garantire la permanenza della Spagna nell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO).
Mikhail S. Gorbaciov, segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) e presidente del Soviet Supremo dell’URSS, sembrava disorientato: la stampa occidentale non smetteva di lodarlo, ma alla Casa Bianca lo ignoravano. Era scioccato dal fatto che mentre lo scambio culturale con l’URSS generava una magnifica reazione negli Stati Uniti, il Federal Bureau of Investigation (FBI) continuava la sua implacabile persecuzione contro gli abbonati alla Sovietskaya Zhizn.
È difficile valutare il suo comportamento. Non si sa se sia stato solo un uomo malato di vanità, uno schizofrenico che ha avuto un’allucinazione, un imbroglione senza vergogna che ha trascinato il suo popolo nell’abisso – come ha affermato più tardi – o semplicemente tutte e tre le cose.
Parlava guardando a sinistra, ma sia in politica estera che in politica interna, camminava a destra senza che nessuno lo trattenesse per la confusione che generava. Tali erano l’eloquenza delle sue espressioni e la sua apparente ingenuità, che tutti erano perplessi, non sapendo cosa pensare.
Reagan e il primo ministro britannico Margaret Thatcher lo percepirono e, sapendo come ispirarlo, lo indirizzarono verso le posizioni di loro interesse.
Nel 1987 nominò Yegor T. Gaidar caporedattore della sezione economica della rivista Kommunist, uno degli organi ufficiali del PCUS, e divenne chiara la traiettoria che voleva seguire. Laureato in economia all’Università Statale di Mosca e dottorato alla Lomonosov nel 1980, Gaidar è stato tra i fondatori del club Amici della Perestroika, composto da accademici e intellettuali di diverse discipline.
Si autoproclamarono rivoluzionari e bollarono come ortodosso chiunque rifiutasse di prendere come paradigmi Friedrich A. Hayek, Karl Popper e Milton Friedman, i cui testi divennero la base teorica dei cambiamenti economici; dapprima tra i loro studenti, fino a posizionarsi gradualmente in posti chiave per riprodurre l’ideologia neoliberista.
Nel 1987 la rivista Time presentò Gorbaciov come uomo dell’anno e gli dedicò la copertina del numero del 4 gennaio 1988. Con il Progetto Democrazia vennero alla ribalta altri attori, poiché venne concepita una linea di lavoro di “influenza” attraverso organizzazioni non governative incaricate di promuovere l’alternativa privata al socialismo senza alcun legame apparente con i servizi segreti.
Si trattava di approfittare della filantropia, e della buona volontà che questa suscitava, e a questo scopo le fondazioni dei partiti politici della Germania occidentale avrebbero giocato un ruolo di primo piano. Philip B. Agee, un ufficiale che ha servito nella CIA tra il 1957 e il 1968, dichiarò nel 1987:
All’interno del Programma per la Democrazia, elaborato dall’Agenzia, un’attenzione particolare è rivolta alle fondazioni dei partiti politici tedeschi, principalmente la Friedrich Ebert Stiftung, del Partito Socialdemocratico, e la Konrad Adenauer Stiftung, dei Cristiano Democratici.
Queste fondazioni erano state create dai partiti tedeschi negli anni Cinquanta e sono state utilizzate per incanalare il denaro della CIA verso queste organizzazioni come parte delle operazioni di “costruzione della democrazia” dopo la seconda guerra mondiale. (…) Nel 1980 (…) hanno programmi in funzione in circa sessanta paesi e spendono circa 150 milioni di dollari (Grimaldos, 2007: 150).
Dietro il nome della Fondazione Friedrich Ebert si nasconde il culto del politico socialdemocratico che quando divenne presidente della Germania diede il via libera all’assassinio senza pietà – furono picchiati a morte – delle due figure principali della Lega Spartachista e icone storiche della rivoluzione tedesca del 1918-1919: Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht.
Un altro “filantropo” è stato George Soros, un ungherese nato a Budapest nel 1930 come Gyorgy Schwartz.
Alla fine della seconda guerra mondiale suo padre collaborò con l’intelligence statunitense e nel 1947 gli procurò una borsa di studio alla London School of Economics and Political Science, dove ebbe come precettore Karl R. Popper, un filosofo austriaco legato a Friedrich A. Hayek poiché entrambi erano membri del Circolo di Vienna, nel quale si riuniva un’élite intellettuale ancora risentita per la disintegrazione dell’Impero Austro-ungarico, che aveva fatto causa comune con il clero per realizzare il colpo di Stato contro la Repubblica e promulgare la costituzione fascista in Austria.
Popper finì di scrivere in Inghilterra la sua opera più importante, La società aperta e i suoi nemici, un testo pieno di falsità che pubblicò in due volumi nel 1944, in cui – come Hayek con La via della schiavitù, pubblicata lo stesso anno a Londra – prese le mosse dal rifiuto del nazionalsocialismo hitleriano per equiparare il fascismo al socialismo e al marxismo.
Nella sua prima parte Popper se la prende con Platone e la sua tesi contenuta nella Repubblica per cui la vera felicità può essere raggiunta solo attraverso la giustizia; lo accusa per questo di essere un “totalitario”. Ma è nel decimo capitolo che presenta la sua tesi centrale: l’idea di una “società aperta” in opposizione alla “società chiusa”, “collettivista”. Lanciò accuse contro Aristotele, Hegel e Marx – il vero obiettivo del suo attacco.
Secondo lui, il marxismo sostiene l’uguaglianza e limita le libertà, e le società aperte ritengono la libertà individuale superiore all’uguaglianza; la discussione tra uguaglianza e libertà ha un filtro: i diritti. E quando si dà la priorità a un sistema di diritti uguali per tutti, la libertà e le opportunità individuali vengono ristrette.
Questo sarebbe il fondamento filosofico della dottrina neoliberista, basata sulla preponderanza dell’individualismo estremo – e sul fare appello agli istinti primordiali della natura umana – in un ambito di intervento sociale deregolato.
L’anno in cui Soros arrivò nella classe di Popper, il suo maestro fondò con Hayek e Friedman la Mont Pelerin Society, una società finanziata da banche svizzere e americane per propagare la dottrina neoliberista. Furono bollati come pazzi perché lavoravano per sottomettere l’Europa al capitale finanziario.
Durante la loro riunione di fondazione Hayek avvertì che la battaglia di idee sarebbe stata decisiva e avrebbe richiesto almeno una generazione per essere vinta. Non era sufficiente produrre libri in un momento in cui avevano Keynes come avversario.
Per propagare le loro concezioni avevano bisogno di individuare buoni comunicatori tra la stampa, l’accademia e l’università. Scelsero due istituzioni come piattaforma: la London School of Economics and Political Science e la School of Political Science dell’Università di Chicago.
Soros si laureò alla London School of Economics and Political Science nel 1952 e si inserì nel settore finanziario negli Stati Uniti, dove diventò un milionario di successo. Nel 1984 creò la Open Society Foundation, che si unì alla CIA e alla NED nel finanziamento dell’opposizione antisocialista in Europa orientale.
Nei cinque anni successivi contribuì con trenta milioni di dollari ai programmi per sostenere i gruppi di opposizione e formare i leader del settore intellettuale in Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia e URSS.
Con forza schiacciante l’ideologia neoliberista si diffuse in tutti i paesi del Patto di Varsavia. Nell’agosto 1989 l’opposizione riuscì a raggiungere il governo in Polonia; in ottobre, in Ungheria; in novembre, in Cecoslovacchia. Nello stesso mese fu abbattuto il Muro di Berlino.
A dicembre l’opposizione rumena prelevò con la forza il presidente Nicolae Çeauçescu e sua moglie dalla loro casa e li giustiziò in strada in pieno giorno. La proclamazione dell’indipendenza lituana, sempre in dicembre, segnò l’inizio della fine dell’URSS.
Il 3 ottobre 1990 la Germania fu riunificata e nell’agosto 1991 un fallito tentativo di colpo di Stato a Mosca diede il colpo di grazia all’esistenza sovietica. Il 25 dicembre Gorbaciov si dimise davanti alle telecamere. Quel giorno la bandiera rossa fu ammainata dal Cremlino. Il popolo sovietico era allarmato, ma si comportò pacificamente; la gente era esausta di tante chiacchiere vuote.
Il crollo del campo socialista mise fine al confronto Est-Ovest nei termini della guerra fredda. A distanza di quasi 30 anni si può concludere che, al di là dell’innegabile impatto della sovversione ideologica e delle politiche di destabilizzazione, l’effetto domino del crollo fu segnato dalla corruzione, dalla burocratizzazione del lavoro politico e dalla mancanza di onestà, un germe che si diffuse in tutti gli strati sociali.
L’ombra dello stalinismo contribuì essenzialmente al fatto che i quadri e i funzionari del partito e del governo non avessero capito le basi della democrazia socialista. E di fronte alla trappola tesa dagli Stati Uniti, il deterioramento dell’autorità morale della sua leadership dato l’allontanamento dalla base popolare, permise agli opportunisti di farsi strada, articolati intorno agli interessi dell’Occidente.
Come ministro dell’Economia nel nuovo governo russo, il dottor Yegor Gaidar diventò il leader intellettuale della transizione fulminea verso un’economia di mercato. Quasi tutto lo spazio post-sovietico imitò Gaidar. La frase “terapia d’urto” fu venduta dai guru della comunicazione politica occidentale come sinonimo di efficienza e progresso. Pochi sono sfuggiti all’incantesimo…
Sostenitore come il suo maestro del mettere le scienze sociali al servizio della globalizzazione neoliberista, Soros stanziò 300 milioni di dollari in investimenti educativi, scientifici e di comunicazione politica come motore per la trasformazione delle società post-sovietiche.
Secondo l’eredità da lui rivendicata, l’ingegneria sociale neoliberista richiede una trasformazione progressiva nel campo della coscienza, affinché le misure economiche e finanziarie promulgate nell’ambito delle terapie d’urto facciano la loro parte senza malcontenti popolari.
Era un imperativo di prim’ordine superare la tradizione marxista della lotta di classe a favore di un riformismo tecnocratico; allo stesso tempo smantellarono dall’immaginario popolare l’idea dello Stato come fonte di legittimità istituzionale – cioè, prima spogliarono lo Stato dei suoi beni; poi lo Stato stesso.
“Il problema fondamentale nascosto in tutte queste iniziative filantropiche è che svanisce la politica, se la si intende come espressione della volontà popolare. Il concetto di democrazia si diluisce nel tempo mentre viene rivendicato da manager privati che cercano solo di portare avanti gli interessi di una classe globale sempre più ridotta”, avverte il giornalista spagnolo Ekaitz Cancela (Cancela, 2018).
Open Society ha contribuito a spianare la strada al capitale transnazionale tanto nell’Europa dell’Est quanto nelle ex repubbliche sovietiche, ha circondato economicamente la Russia e ha avvicinato la NATO ai suoi confini.
Fino a quel momento, gli Stati Uniti avevano giustificato la loro belligeranza contro Cuba con la sua presenza in Africa, il suo sostegno ai movimenti rivoluzionari del Terzo Mondo, la sua relazione con l’URSS e la presunta violazione dei diritti umani.
Nel 1988 fu firmata una pace che preservò l’indipendenza dell’Angola, conquistò quella della Namibia e portò al crollo dell’apartheid in Sudafrica; Cuba non era più coinvolta nel sostegno a nessun movimento di guerriglia; l’URSS era sull’orlo del collasso e il suo leader era in luna di miele con il presidente George H.W. Bush.
In termini di diritti umani, il governo cubano aveva rilasciato la maggior parte dei prigionieri controrivoluzionari, aperto le sue prigioni alla Croce Rossa Internazionale e migliorato le relazioni con la gerarchia della Chiesa Cattolica. Il Dipartimento di Stato registrò nel suo rapporto sui diritti umani del 1988 che la situazione sull’isola era migliorata.
A Bush questo non bastò e promulgò la Legge Torricelli per proibire il commercio con Cuba alle filiali in paesi terzi dei consorzi statunitensi – vendevano 700 milioni di dollari in alimenti e medicinali all’isola – e l’ingresso nei suoi porti per 180 giorni alle navi di passaggio per l’Isola per scopi commerciali. Nacque così il “rischio Cuba”, con maggiorazioni fino al 22% sui tassi d’interesse e sui prezzi nel mercato mondiale.
Cinque anni dopo che Reagan ebbe lasciato la Casa Bianca, il democratico William J. Clinton smantellò gli ultimi meccanismi di regolamentazione finanziaria e lasciò il pianeta sotto il dominio assoluto delle grandi multinazionali. Questo accentuò le caratteristiche predatorie di un capitalismo le cui regole di redditività impongono il supersfruttamento del lavoro e delle risorse naturali, e generò una crisi di legittimità della democrazia rappresentativa.
Le grandi multinazionali si diedero il compito di perfezionare gli strumenti di dominio culturale. Tra le loro priorità c’erano la privatizzazione dell’educazione e i programmi esportati dalle università e dalle accademie degli Stati Uniti, mentre una campagna progettata sulla base del marketing, delle neuroscienze e dei metodi di guerra psicologica cercava di far credere alla gente che le alternative erano finite e che la globalizzazione neoliberista non aveva via di ritorno; non c’era altra opzione che venire a patto con la sua ideologia.
La socialdemocrazia – che insisteva tanto su una terza via – condivise la dottrina neoliberista e facilitò lo smantellamento nel Vecchio continente dello Stato sociale, una vecchia rivincita dei discepoli di Hayek, Friedman e Popper contro l’eredità di Keynes. Emerse la corrente “socialiberale” – un fenomeno che ha rovesciato le fondamenta ideologiche dell’Europa quando socialdemocratici e neoliberisti si sono fusi anima e corpo.
Il pessimismo si impadronì della sinistra. Hollywood, le compagnie pubblicitarie, la stampa, gli intellettuali organici del capitale e la sinistra pentita si allearono per seppellire lo spirito rivoluzionario. Il progresso delle comunicazioni aprì loro un’opportunità, dato il raggio d’azione in tempo reale dei media di oggi su un consumatore prigioniero.
Dopo aver polverizzato i sindacati iniziò lo smantellamento degli Stati sociali. Parole come “dignità” e “sovranità” furono presentate come superate; “diritti umani”, “democrazia” e “libertà” erano state prostituite. “Marx è stato definito come l’ispiratore del terrore e del Gulag, e i comunisti fondamentalmente come difensori, se non partecipi, al terrore e al KGB” (Hobsbawn, 2015: 404).
L’apoteosi della ragione inaugurata dall’Illuminismo nel XVIII secolo entrò in crisi. Le terapie d’urto si diffusero in tutto il mondo. I governi gestivano l’economia come i conducenti di un treno deragliato, senza sapere fino a che punto sarebbero arrivati e come sarebbe finita. La crisi dell’etica nell’esercizio della politica si accentuò.
Fu proprio a Clinton che toccò orchestrare la Legge Torricelli, che fu concepita per seguire due binari: uno di rafforzamento del blocco; l’altro di scambio “popolo a popolo”[1], con il quale aspirarono a diffondere gli ideali democratici definiti da Samuel P. Huntington, uno degli artefici teorici del Progetto Democrazia.
“Il capitalismo di libero mercato, basato sul modello neoliberista, è un prerequisito della democrazia, e mettere in discussione il modello neoliberista significa mettere in discussione la democrazia stessa” (Robinson, 1996: 23).
Verso il 1995, all’estrema destra sembrò che questo non fosse sufficiente. Il senatore Jesse Helms e il parlamentare Dan Burton introdussero una nuova iniziativa, che passò al Congresso il 1 marzo 1996. Dodici giorni dopo Clinton firmò la legge Helms-Burton.
Al di là del suo carattere extraterritoriale – rese possibile ai cittadini e alle imprese citare in giudizio nei tribunali degli Stati Uniti le imprese di paesi terzi che hanno investito in proprietà confiscate dalla Rivoluzione – dà alla Casa Bianca il potere di decidere quale ordine politico si debba dare ai cubani. Secondo la sua lettera (sezione 203, sottosezione c), spetta al presidente decidere se esiste un governo democratico a Cuba.
Un’altra sezione (sezione 206, sottosezione c) stabilisce che per avere la certificazione di ciò, Cuba, deve prima fare progressi significativi verso la restituzione delle proprietà espropriate dal 1 gennaio 1959, o fornire un risarcimento totale. Q
uest’ultima misura – violando i precetti sanciti dalla pratica giuridica internazionale in materia di nazionalizzazione per pubblica utilità e interesse sociale – non solo beneficia i 5911 proprietari che fino alla legge Helms-Burton costituivano i soggetti reclamanti.
La nuova legge aggiunse tutti i cittadini statunitensi, indipendentemente dal fatto che fossero o meno cittadini al momento in cui le loro proprietà furono espropriate dalla Rivoluzione, con l’evidente intenzione di beneficiare i figli e i nipoti dei malversatori e macellai del regime di Batista, e tutta quella prima ondata di immigrati che, sotto gli ordini della CIA, si unirono in massa alla crociata contro il socialismo e i movimenti di liberazione nazionale, e oggi detengono il potere nell’enclave di Miami.
La sezione 109 (a e b), volta a promuovere una quinta colonna al servizio degli Stati Uniti e a stabilire con l’Organizzazione degli Stati Americani un fondo di emergenza per la sua partecipazione come garante delle elezioni se fossero riusciti a rovesciare la Rivoluzione, autorizzò il presidente a creare il Programma Cuba dell’USAID, che ebbe come prima beneficiaria Freedom House (775.000 dollari), un’istituzione ultra-conservatrice a cui si è unito Frank Calzon, un cubano reclutato dalla CIA mentre studiava alla Georgetown University, poi legato alle organizzazioni terroristiche Alpha-66 e Abdala, e co-fondatore della Fondazione Nazionale Cubano-Americana (FNCA), di cui è stato segretario esecutivo fino a quando è entrato in Freedom House come direttore del Progetto Transizione.
Un anno dopo Calzon creò il Centro per una Cuba Libera, beneficiario di 900.000 dollari da USAID con la finalità di operare per il discredito internazionale della Rivoluzione.
USAID aumentò a diciotto il numero dei suoi partner per i programmi di cambio di regime (quindici organizzazioni non governative e tre università), ai quali assegnò undici milioni di dollari fino alla fine del mandato di Clinton nel 2000. George W. Bush arrivò alla Casa Bianca nel 2001.
Nel mezzo della sua crociata antiterrorista, annunciò che le forze armate statunitensi erano in grado di attaccare sessanta o più “angoli bui” del pianeta, e dall’enclave di Miami si tentò di ottenere una dichiarazione che avrebbe inserito l’Isola maggiore delle Antille in quella lista. Fidel gli intimò di pronunciarsi in merito, lui preferì rimanere in silenzio; la sua squadra di politica estera stava già progettando un piano per rovesciare la Rivoluzione.
Nel 2002 Bush nominò il cubano Adolfo Franco come assistente amministratore dell’Ufficio dell’America Latina e dei Caraibi di USAID, e moltiplicò i fondi a sedici milioni di dollari tra il 2001 e il 2003; istituì poi la Commissione per l’assistenza a una Cuba Libera, che nel 2005 creò la figura del “coordinatore per la transizione a Cuba” e nominò per questo incarico Caleb McCarry, ex coordinatore di progetti dell’USAID.
Il Piano Bush implicava un inasprimento del blocco, l’intensificazione della sovversione ideologica e un rafforzamento dell’offensiva della diplomazia pubblica. L’annuncio che conteneva un allegato segreto rendeva chiaro che, nel disegno del piano, poteva essere in fase di organizzazione un’operazione militare.
Durante il 2005, USAID pianificò il suo lavoro per il periodo 2006-2008 e dedicò un punto all’influenza sulla gioventù cubana. Il documento approvato stabilì che le persone incaricate di lavorare ai progetti dovessero sottoporsi a un controllo di sicurezza, una condizione richiesta per le istituzioni con accesso a informazioni sensibili e per il personale di intelligence.
“Il controllo di sicurezza sarà coordinato dall’ufficio di sicurezza di USAID con il servizio di sicurezza della difesa” (García, 2009: 104).
Due anni dopo, nell’agosto 2007, la dottoressa Elaine Grigsby, un’economista con un dottorato all’Università della Florida, entrata nell’USAID durante l’amministrazione Reagan per centralizzare i programmi contro il Nicaragua tra il 1988 e il 1993, fu nominata capo del Programma Cuba. Dal 1997 al 2001 aveva diretto l’ufficio di politica economica di USAID in Russia e nel 2005 era stata mandata a formarsi al National War College di Washington, dove si laureò nel 2007; dopo un mese di vacanza si unì alla nuova missione.
Bush divenne ossessionato dal distruggere la Rivoluzione prima della fine del suo mandato e militarizzò il lavoro di USAID; allo stesso tempo quasi quadruplicò i fondi per il Programma Cuba da 13,3 milioni di dollari nel 2007 a 45 milioni nel 2008.
Dopo uno scandalo per l’appropriazione indebita di 65,4 milioni di dollari di fondi USAID a Miami, Adolfo Franco dovette dimettersi e fu sostituito ad interim dal colombiano José R. Cárdenas, un ex direttore della FNCA che dal suo posto nel Consiglio di Sicurezza Nazionale fu tra i redattori del Piano Bush.
Il 14 maggio 2008, Cárdenas ed Elaine Grigsby convocarono una riunione presso la sede di USAID con gli appaltatori interessati a richiedere i fondi del 2008. Grigsby sottolineò la natura segreta dei progetti: di fronte a un’eventuale declassificazione dei documenti si sarebbe mantenuta la riservatezza.
Non concretizzarono il più rilevante: il Programma di Pianificazione di Circostanze per la Democrazia a Cuba (CDCPP), volto a stabilire sull’Isola tre terminali portatili di comunicazione satellitare, noti come BGAN. Avrebbero funzionato come un hotspot wi-fi per l’accesso wireless a Internet per bypassare i server cubani. Il 14 agosto, Cardenas e Grigsby convocarono i direttori di Development Alternatives, Inc. (DAI) – contractor operativo di USAID dal 2005.
Offrirono loro 4,5 milioni di dollari per implementare il CDCPP, solo che dovevano sviluppare un piano di implementazione con risultati immediati. Furono esortati a rafforzare le misure di sicurezza: “Il CDCPP non è un progetto analitico, è un’attività operativa. Serve l’approvazione di USAID per tutto. Non possiamo lavorare da soli”, fu detto loro (DAI, 2008: 1).
DAI subappaltò per 590.608 dollari ad Alan P. Gross, un ebreo del Maryland che possedeva la JBDC Inc. – una ditta specializzata in connessioni Internet nei teatri di operazioni con presenza dell’esercito statunitense, come l’Iraq e l’Afghanistan.
Gross pianificò di reclutare ebrei per viaggiare a Cuba sotto qualifica di gruppi umanitari per portare l’equipaggiamento necessario pezzo per pezzo: computer, dischi rigidi e apparecchiature di telecomunicazione; il più compromettente, un chip non in commercio fornito alla CIA, al Pentagono e al Dipartimento di Stato per aggirare il tracciamento dei segnali satellitari.
Mentre negli Stati Uniti si mettevano a punto i preparativi per la realizzazione di questo progetto, nonostante gli enormi pregiudizi razziali della società statunitense, il 4 novembre il senatore democratico Barack H. Obama vinse le elezioni presidenziali. Il candidato repubblicano, John McCain, dovette pagare le conseguenze del fallimento della “guerra al terrorismo” e la gestione disastrosa di Bush del devastante uragano Katrina.
Continua…
Bibliografia:
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Dávalos Fernández, Rodolfo: ¿Embargo o bloqueo? La instrumentación de un crimen, Editorial Capitán San Luis, La Habana, 2012.
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Reyes Martín, Hayled Martín: “La Sociedad Abierta y sus enemigos de Karl Popper”, Dialektika, 6 de enero de 2021. Disponible en: https://dialektika.org/2021/01/06/la-sociedad-abierta-y-sus-enemigos-karl-popper/.
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Traub, James: “Is (His) Biography (Our) Destiny?”, The New York Times Magazine, 4 de noviembre de 2007. Disponible en: https://www.nytimes.com/2007/11/04/magazine/04obama-t.html
Weiner, Tim: Legado de cenizas. La historia de la CIA, Random House Mondadori, S. A., Barcelona, 2008.
[1] Il programma “people to people” del governo di Washington permetteva ad alcune categorie specifiche di cittadini statunitensi: religiosi, scienziati, atleti, artisti ecc… di viaggiare a Cuba, cosa vietata alla stragrande maggioranza della popolazione. La finalità del programma era quella che dette figure dovessero agire come “ambasciatori della democrazia” a stelle e strisce. Una valutazione empirica ci fa dire che fu vero il contrario, molte di queste persone sono ritornate nel loro paese con un immagine positiva della realtà Cubana, e con la idea precedente che avevano di Cuba, spesso basata su stereotipi, preconcetti e disinformazione, completamente in frantumi. Durante la presidenza Trump la possibilità per i cittadini statunitensi di viaggiare sull’Isola e stata pressoché azzerata, (n.d.t.).
*da La Jiribilla – Rivista di cultura cubana, www.lajiribilla.cu
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