Le idee iniziali di Lenin coincidevano con quelle di Marx ed Engels. Ma le disastrose condizioni economiche generate dalla guerra civile e dall’intervento straniero costrinsero una politica di comunismo di guerra, in cui i rapporti commerciali erano ridotti al minimo, soppiantati dalla confisca e consegna diretta di prodotti e altri rifornimenti per la città e l’esercito russo.
Si creò così l’illusione che nel breve periodo si potesse fare a meno delle attività commerciali e si eliminasse il denaro. Il consolidamento del potere sovietico, insieme alla situazione generale di disastro economico e alle mobilitazioni e proteste iniziate contro questa politica, portarono i leader russi a introdurre nel 1921 la cosiddetta Nuova Politica Economica (NEP), che Lenin concepì come un inevitabile battuta d’arresto per salvare il paese in circostanze eccezionali. Riconobbe anche la natura transitoria di questi concetti di “capitalismo di stato”.
Ma Lenin pensava di vedere in un futuro non troppo lontano la possibilità concreta di passare alla proprietà sociale dei mezzi di produzione.
A partire dalla seconda guerra mondiale, le potenze capitaliste si appropriarono dello strumento più importante – i metodi di pianificazione socialista – fornito dai sovietici senza chiedere nulla in cambio.
Ciò ha significato un aiuto straordinario allo sviluppo economico capitalista che dura fino ad oggi; un capitalismo che ha lanciato questo strumento contro il paese che lo ha fornito e poi contro altri paesi socialisti. Come Cuba, ad esempio, che subisce un brutale blocco economico imposto da più di 60 anni dalla potenza economica più forte del mondo.
Si può dedurre l’importanza che è stata data a questa forma di gestione fin dagli anni Quaranta, una volta riconosciuto l’effetto prodotto dalla sua applicazione in Unione Sovietica.
Alla fine degli anni ’70, la Central Intelligence Agency degli Stati Uniti stimò che l’URSS fosse cresciuta del 2,1%, un po’ meno degli Stati Uniti. Nel 1986, il tasso era del 4,1%, senza apparente indicazione della prossima sconfitta. C’era, quindi, un motivo per cui Reagan si stava preparando per “Star Wars”.
Fu durante il periodo Gorbaciov che si manifestarono al mondo gravi problemi economici. E una volta che Gorbaciov ha aperto la porta a grandi concessioni, non ha più potuto chiuderla perché nessuno ha accettato di seguirlo in quella partita. Quando la coscienza non si è sviluppata e i leader hanno torto, i cambiamenti regressivi diventano evidenti.
Durante un’intera fase storica, insomma, il capitalismo è stato guidato, oggettivamente, dal grado di sviluppo delle forze produttive e dal quadro dei rapporti di potere tra le classi e a livello internazionale – favorevole come mai prima alla classe operaia con la presenza dell’Unione Sovietica, per utilizzare pienamente la modalità di pianificazione come strumento per gestire lo sviluppo economico, ma il capitalismo non può nel lungo periodo gestire strategicamente i processi di pianificazione e invece per far questo che ha bisogno di momenti rivoluzionari di svolta attraverso la transizione al socialismo.
Crediamo che un’analisi delle esperienze concrete di transizione e di pianificazione per la costruzione del socialismo a Cuba, Venezuela, Bolivia, Cina e Vietnam, possa illustrare le difficoltà di un tale compito storico e mostrare come i contesti locali e le relazioni di potere giochino sempre un ruolo fondamentale, nel determinare le caratteristiche specifiche di un processo che i governi rivoluzionari intendono comunque gestire razionalmente.
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E Sem
Non parlerei di guerra civile, trovo piu’ appropriato: aggressione militare di paesi stranieri, italia compresa, terrorizzati dalla possibilità’ concreta di moti rivoluzionari interni. Esaurita sul nascere la spinta rivoluzionaria si passo’ dal feudalesimo al capitalismo burocratico. Lo stesso stalin venne rapidamente neutralizzato e sostituito dalla burocrazia militare quando cerco’ di attuare si attuare “riforme dovute” di stampo comunista. Sulla svendita dello stato perpetuata da alcuni bizzarri personaggi, per decenza e’ meglio tacere.