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No all’embargo culturale

In tre mesi dall’inasprimento del conflitto fra la Russia e l’Ucraina, culminato con l’invasione di quest’ultima da parte della prima, l’Occidente in generale e l’Italia in particolare hanno adottato una politica non volta a cercare a tutti i costi una soluzione diplomatica per arrivare il prima possibile ad un accordo di pace ma, al contrario, una politica belligerante.

In questo clima di guerra si è cercato in tutti i modi di tracciare una linea fra buoni e cattivi, secondo la quale tutti i russi sono i cattivi. Si dice che le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli, però, a quanto pare, quelli dei governanti possono ricadere sulla popolazione e sulla sua cultura.

Stiamo assistendo infatti ad una inesorabile cancellazione della cultura russa, sia quella contemporanea che quella passata. Non risulta chiaro di quali colpe si possano essere macchiati in questa circostanza i vari Puskin, Cechov, Cajkovskij, Dostoevskij, Tolstoj.

Semplicemente nessuna e infatti le motivazioni addotte sono delle più fantasiose, come per la cancellazione del corso su Dostoevskij alla Bicocca, poi rettificata, poiché mancava il contraddittorio! Sarebbe interessante sapere chi sarebbe dovuto essere mandato a sostenere tale contraddittorio.

Alcuni teatri hanno cancellato le rappresentazioni del Lago dei Cigni che dovevano essere messe in scena da ballerine e ballerini ucraini, adducendo come motivazione quella di voler “tutelare” gli/le artisti/e che avrebbero avuto non pochi problemi al rientro in Patria avendo il governo di Kiev imposto il divieto di interpretare autori russi.

Ma gli stessi problemi non li avrebbero le artiste e gli artisti russi a cui si chiede di prendere parola sulla guerra, pena l’esclusione dalle varie kermesse?

Poco importa: ormai, che siano filo-Putin o oppositori, pro-guerra o contrari ad essa, sono stati messi aprioristicamente dalla parte del torto.

Ecco quindi che il Dublin International Piano Competition ha annullato la partecipazione dei musicisti russi; che nessun film russo potrà gareggiare alla prossima edizione degli Europen Film Award; che Netflix ha cancellato Anna Karenina; che la Philharmonie Haarlem ha cancellato le opere di Ciajkovskij e Stravinsky; che la Biennale di Venezia ha messo al bando le e gli artisti russi, salvo che non siano apertamente oppositori politici; che la Fiera del Libro di Torino ha deciso di boicottare scrittori e scrittrici russe; che la Siae non verserà alla consorella della Federazione Russa il pagamento dei diritti d’autore delle associate e associati russi; dal comitato del Premio Strega è stato escluso, sotto indicazione della Farnesina, Solonovich (esclusione poi rientrata, anche se la vergogna rimane).

E questi sono solo alcuni dei casi più famosi e più eclatanti perché poi esiste tutta la galassia delle piccole etichette discografiche, piccole case di produzione, piccole case editrici che non possono più operare.

Questo non vuol dire che non si possa contestare un artista, cosa che abbiamo anche fatto quando all’Arena di Verona si esibì Polunin (in un evento di ballo extra Arena, nonostante fosse stato dismesso il corpo stabile di ballo proseguendo così nella linea della privatizzazione e precarizzazione del lavoro culturale), lui – sì – così talmente filoputiniano da avere tatuato sul petto la faccia del Presidente della Federazione Russa, oltre che essere omofobo e sessista. Ma allora questi problemi non vi erano.

Questa deriva di totale cancellazione e censura della cultura russa non è un atto volto alla pace, bensì destinato a incrementare una russofobia che nulla gioverà né alla fine del conflitto né alla popolazione ucraina che vive lo scontro armato sul proprio territorio, nelle proprie case.

Se avessimo dovuto seguire questo modus operandi sarebbero innumerevoli le opere. ,le autrici e gli autori di cui non avremmo potuto fruire in questi anni: quelle provenienti dagli Stati Uniti che hanno fatto innumerevoli guerre invadendo paesi sovrani, quelle di Israele che occupa i territori palestinesi massacrandone la popolazione, quelle della Turchia che perseguita i curdi…

Così facendo non avremmo più cultura di cui godere.

Ci sarebbe poi da chiedersi a chi appartiene la cultura. La cultura è universale, e la cultura russa, oltretutto, è parte integrante della cosiddetta cultura europea.

Se veramente si volesse favorire la pace non si escluderebbero le artiste e gli artisti russi, poiché lo scambio culturale è uno strumento fondamentale per prevenire “guerre di civiltà” di cui fanno le spese solamente le classi popolari. La cultura è l’unica arma che andrebbe finanziata.

Pertanto ci opponiamo a questa censura e all’embargo culturale nei confronti di un intero popolo, di una intera storia.

Fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtute e canoscenza”

NOI NON CI ARRUOLIAMO! NOI NON CENSURIAMO!

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1 Commento


  • Giovanna Tripodi

    Con tassi di analfabetismo e di analfabetismo funzionale elevatissimi in Italia, cosa aspettarsi?
    Sarebbe l’ora di porsi qualche domanda.

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