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Power to the people: l’attivismo politico di John & Yoko

Se già con Revolution, nel 1968, John Lennon, insieme ai Beatles, aveva voluto dire la sua sulla piega violenta che alcune frange del movimento giovanile stavano prendendo in quegli anni, esprimendo il proprio dissenso (“You say you want a revolution/Well, you know/We all want to change the world/But when you talk about destruction/Don’t you know that you can count me out”), è dopo l’unione con Yoko Ono che assunse posizioni dichiaratamente pacifiste.

Sempre nel 1968, infatti, la coppia si rese protagonista di un’originale iniziativa, piantando due ghiande nei pressi della Coventry Cathedral a Londra, a voler simboleggiare la futura riconciliazione tra Ovest e dell’Est, divisi dalla cosiddetta “guerra fredda”.

John&Yoko convolarono poi a nozze a Gibilterra il 25 marzo 1969 e la campagna del “Bed-In for Peace”, vale a dire la luna di miele da loro trascorsa in una camera d’albergo di Amsterdam alla presenza di giornalisti e intellettuali, che venne poi ripetuta a Montreal, è uno degli esempi più eclatanti del loro attivismo.

I novelli sposi, circondati da cartelli che inneggiavano alla pace e alla cessazione dei conflitti, ricevettero per dodici ore al giorno, nella propria stanza da letto, giornalisti, intellettuali, conoscenti e amici, rilasciando dichiarazioni contro la guerra e trasformando un momento di intimità in una campagna mediatica di grande impatto.

Proprio durante il primo di questi due eventi venne registrata la canzone Give Peace a Chance, nella quale si unirono al coro anche Allen Ginsberg e Timothy Leary.

A partire dal mese di aprile e per i successivi otto mesi, John e Yoko inviarono poi una serie di pacchetti contenenti ghiande ad una cinquantina di leader mondiali, invitandoli a piantarle in segno di pace. Molti ignorarono l’invito, altri risposero cortesemente assicurando che lo avrebbero fatto, altri ancora si limitarono a ringraziare; solo Josip Broz Tito, presidente della Jugoslavia, accettò con piacere il dono e piantò le ghiande nel giardino del palazzo presidenziale.

Sempre in aprile, Lennon registrò il brano The Ballad of John e Yoko, che uscì come singolo, con la collaborazione del solo McCartney. Il testo della canzone è una sorta di cronaca degli eventi che caratterizzarono i primi mesi di matrimonio tra Lennon e Ono, inclusi il “Bed-In” e l’invio delle ghiande:

Drove from Paris to the Amsterdam Hilton

Talking in our beds for a week

The newspapers said, “Say what you doing in bed?”

I said, “We’re only trying to get us some peace”

Caught the early plane back to London

50 acorns tied in a sack

The men from the press said, “We wish you success

It’s good to have the both of you back”

Ma le iniziative di quello che si configurò come un anno cruciale per l’attivismo dei due non erano terminate. Il 25 novembre dello stesso anno Lennon decise infatti di restituire l’onorificenza, ricevuta insieme agli altri tre Beatles nel 1965, di Membro dell’Ordine dell’impero Britannico (MBE). Il gesto voleva rappresentare, da parte del musicista, una presa di posizione netta contro la violenta repressione da parte del governo britannico a danno del Biafra e la mancata condanna dello stesso nei confronti della guerra del Vietnam. John inviò pertanto due brevi telegrammi a Buckingham Palace e al numero 10 di Downing Street con questo breve e provocatorio messaggio: «Restituisco questo MBE per protesta contro il coinvolgimento britannico nell’affare in Nigeria-Biafra, contro il nostro sostegno all’America in Vietnam e contro la discesa di Cold Turkey nelle classifiche».

 

L’attività antimilitarista della coppia proseguì con la campagna mediatica “War Is Over”, in dicembre, in cui enormi cartelloni con la scritta “War Is Over (If You Want It) – Merry Christmas from John & Yoko” vennero affissi in 11 città in tutto il mondo. Fu però soprattutto con il trasferimento a New York che i due si lasciarono coinvolgere sempre di più in situazioni a sostegno di cause militanti. Una volta giunto nella Grande Mela, infatti, il cantautore strinse strette relazioni con diversi attivisti, divenendo subito una figura scomoda per l’ordine costituito e pertanto suscitando numerosi tentativi da parte dell’amministrazione Nixon e dell’FBI di metterlo a tacere e di espellerlo dal paese. Questa fase della vita del musicista è stata descritta da diversi documentari, come “The U.S. vs John Lennon” di David Leaf (2008) e “Lennon NYC” di Michael Epstein (2010).

Il riflesso di queste prese di posizione da parte di John è avvertibile, in maniera crescente, nella sua produzione discografica di quegli anni. Nel suo primo album da solista (non tenendo conto dei tre dischi sperimentali di “unfinished music”, tra i quali il più noto è “Two Virgins”, realizzati con Yoko tra il 1967 e il 1969) “John Lennon/Plastic Ono Band”, uscito nel dicembre 1970, è contenuta Working Class Hero, con la quale l’artista voleva configurarsi come punto di riferimento per la classe operaia, pur proveniendo, in realtà, da un background middleclass, a differenza di Harrison e Starr che provenivano da famiglie di estrazione più bassa. Il testo si scaglia contro l’omologazione voluta dall’establishment:

Keep you doped with religion and sex and TV

And you think you’re so clever and classless and free

But you’re still fucking peasants as far as I can see

A working class hero is something to be

 

Ma è sicuramente l’album Imagine, uscito l’anno successivo, a qualificare l’ex Beatle come icona del pacifismo, non solo con la title-track, divenuta inno alla pace e alla fratellanza universale, ma anche con brani come I Don’t Wanna Be a Soldier, Mama, I Don’t Wanna Die, dall’esplicito testo antimilitarista, e Gimme Some Truth, una violenta invettiva contro la presidenza Nixon:

I’ve had enough of reading things

By neurotic, psychotic, pig-headed politicians

All I want is the truth, now

Just give me some truth, now

 

Nel marzo 1971, Lennon pubblicò poi Power to the People, il quinto singolo della sua carriera solista. La canzone fu composta in seguito a un’intervista rilasciata a Tariq Ali e Robin Blackburn, due giornalisti radicali di sinistra, pubblicata su Red Mole, rivista britannica di ispirazione marxista che usci dal 1970 al 1973. Lo stesso John commentò in seguito al riguardo: «Mi sentii ispirato da quello che dissero, anche se molto era retorico. Così scrissi Power to the People nella stessa maniera in cui scrissi Give Peace a Chance, per dare qualcosa da cantare alla gente.»

A million workers working for nothing

You better give them what they really own

We got to put you down

When we come into town…

I got to ask you comrades and brothers

How do you treat your own woman back home

She got to be herself

So she can free herself…

Un’altra iniziativa a favore della controcultura fu la realizzazione del singolo God Save Oz, registrato da Lennon con la Elastic Oz Band e pubblicato nel mese di luglio, a sostegno del fondo di difesa durante il processo per oscenità della rivista “Oz”, un periodico underground britannico che veicolava contenuti basati su un misto di satira, umorismo, attualità e questioni politiche. Ma era giunto il momento per la coppia, data la crescente ostilità della stampa nei loro confronti e soprattutto nei riguardi di Yoko, di “cambiare aria” e di prendere dimora negli Stati Uniti, confidando di trovare un ambiente ed una mentalità più aperti e favorevoli. O, almeno, queste erano le loro aspettative.

John & Yoko si trasferirono a New York nel settembre di quell’anno, andando ad abitare nel Greenwich Village. Furono così contattati dagli attivisti politici Jerry Rubin e Abbie Hoffman e fecero un’apparizione al concerto in favore di John Sinclair, imprigionato per possesso di marijuana, il 10 dicembre dello stesso anno: il detenuto venne rilasciato tre giorni dopo l’evento. Si pronunciarono poi contro l’incarcerazione di Angela Davis, figura chiave del movimento per i diritti degli afroamericani, e contro la dura repressione attuata contro la rivolta dei detenuti nel carcere di Attica, che aveva avuto luogo il 9 settembre. Tra la fine del 1971 e i primi mesi del 1972 John e Yoko entrarono quindi in studio di registrazione per realizzare un album dai forti contenuti politici, con brani dedicati ai personaggi sopra menzionati e ad altri argomenti di attualità, per dare una forma artistica a tutte le loro esperienze di attivismo. Contemporaneamente l’FBI aprì un fascicolo d’indagine su Lennon, con l’espressa volontà di farlo espellere dal Paese. I coniugi vennero pedinati e il loro telefono fu messo sotto controllo per diverso tempo.

Abbie Hoffman, Angela Davis, John Sinclair

 

 

Abbie Hoffman, Angela Davis, John Sinclair

Dopo essersi esibita in un concerto a fianco di Frank Zappa e i Mothers of Invention in giugno, la coppia aveva ormai a disposizione il materiale per l’album più politicizzato della loro carriera, “Some Time in New York City” (parte del live fu infatti inclusa nel secondo disco del doppio LP). L’intento di prendere esplicitamente posizione nei confronti di una serie di cause è evidente fin dalla programmatica copertina del disco, concepita in forma di prima pagina di un quotidiano dove compaiono, al posto degli articoli, i testi delle canzoni, ognuna delle quali fa riferimento ad avvenimenti e personaggi dell’epoca, oltre che a tematiche quali l’oppressione delle donne, i diritti dei neri, la questione irlandese e le condizioni dei detenuti nelle carceri. Abituati a fare notizia e a finire sulle prime pagine dei giornali fin dagli inizi della loro unione, i due decisero di appropriarsi, ancora una volta, dei mezzi di comunicazione, creando un proprio “notiziario” in cui le canzoni potessero diventare veicoli delle loro opinioni e della loro protesta conto le ingiustizie che li circondavano.

Qualificandosi come “disco di protesta”, “Some Time in New York City” non ottenne riscontri favorevoli di critica e pubblico e negli anni è stato considerato uno dei lavori meno riusciti di Lennon, pur contenendo brani di spicco come le trascinanti New York City e Woman Is the Nigger of the World. In effetti alcuni pezzi, strettamente legati agli eventi del periodo, possono apparire come “instant songs”, che avevano senso in quel momento storico, ma sono significativi più come esempio dell’impegno politico e sociale di John e Yoko che per l’aspetto musicale vero e proprio. Inoltre i testi a volte ribadiscono il messaggio pacifista di Imagine, talvolta invitano alla disobbedienza civile o non lesinano termini offensivi, ad esempio “pigs” e “bastards” nei confronti degli inglesi.

La copertina del disco è una sorta di parodia del “New York Times”, tanto da riprodurne i caratteri di stampa gotici del titolo. Nella posizione dell’articolo di fondo compare la scritta “John & Yoko/Plastic Ono Band with Elephant’s Memory” (il gruppo che li accompagnò in sala di registrazione e in alcune esibizioni) con un’immagine della coppia. I vari “articoli” sono, come si è detto, le liriche delle canzoni: sul fronte, compaiono Sisters O Sisters, Angela, Woman is the Nigger of The World, inno contro l’oppressione delle donne, e We’re All Water. Sul retro, New York City, che descrive le loro vicissitudini dopo il trasferimento negli USA, con qualche analogia con The Ballad of John & Yoko. Seguono Attica State e John Sinclair, riferiti agli episodi precedentemente menzionati.  Born in a Prison di Yoko affronta invece il tema delle varie forme di prigionia che la società impone sugli individui. Un discorso a parte meritano The Luck of the Irish e Sunday Bloody Sunday (gli U2 riprenderanno questo titolo per il loro omonimo brano), che riguardano la questione irlandese ed in particolare l’episodio della “domenica di sangue” del 30 gennaio 1972, in cui a Derry la polizia sparò su 26 civili. Da segnalare il fatto che Paul McCartney, qualche mese prima l’uscita del disco di Lennon, aveva a sua volta pubblicato il singolo Give Ireland back to the Irish sullo stesso argomento e tale brano era stato censurato dalle stazioni radiofoniche per la sua esplicita presa di posizione nei confronti delle violenze subite dai manifestanti.

John e Yoko, visti i riscontri di critica e pubblico non particolarmente favorevoli, si resero conto del parziale successo dell’iniziativa. Il commento di Ono, a distanza di anni, fu comunque positivo: «Eravamo due ribelli ed eravamo orgogliosi di noi stessi. Realizzammo questo album ispirandoci a Kurt Weill e Bertolt Brecht. » Particolarmente significativa fu inoltre, quell’anno, la partecipazione dei due al programma televisivo “The Mike Douglas Show“, a cui la coppia invitò Bobby Seale, leader del “Black Panters Movement”, il movimento per l’emancipazione degli afroamericani, fornendo ulteriore visibilità alla loro causa, che avevano sostenuto anche finanziariamente. Un’altra apparizione importante fu al concerto di beneficenza per la fondazione benefica “One to One”, che si svolse il 30 agosto 1972 al Madison Square Garden di New York. A fine anno fu poi pubblicato il singolo Happy Xmas (War Is Over), che riprendeva il messaggio pacifista della campagna natalizia del 1969:

And so happy Christmas (war is over)

For black and for white (if you want it)

For yellow and red ones (war is over)

Let’s stop all the fight (now)

 

Dopo qualche mese, il 1 aprile 1973, John e Yoko introdussero il concetto della nazione immaginaria di Nutopia durante una conferenza stampa. Essi si proclamarono ambasciatori della nazione (che aveva anche una sua bandiera, completamente bianca) e chiesero lo status di immunità diplomatica, naturalmente senza successo, per porre fine ai problemi con l’ufficio immigrazione che affliggevano Lennon stesso. John presentò la nazione immaginaria leggendo la seguente dichiarazione: «Annunciamo la nascita della nazione concettuale di NUTOPIA. La cittadinanza del Paese può essere ottenuta semplicemente proclamando la propria adesione ad esso. NUTOPIA non ha territorio, confini o passaporti, solo persone. NUTOPIA non ha altre leggi che quelle cosmiche. Tutti gli abitanti di NUTOPIA sono ambasciatori del Paese. Come ambasciatori di NUTOPIA, noi due richiediamo l’immunità diplomatica e il riconoscimento ufficiale da parte delle Nazioni Unite della nostra nazione e del suo popolo». L’inno della nazione (6 secondi di silenzio) venne poi incluso dell’album “Mind Games”, che uscì a ottobre 1973 negli USA e il mese seguente nel Regno Unito; il disco, però, segnò un deciso allontanamento dalle posizioni radicali dell’album precedente. L’unico brano, infatti, che veicolava un preciso messaggio “politico” era infatti Bring on the Lucie (Freeda Peeple):

We understand your paranoia

But we don’t want to play your game

You think you’re cool and know what you are doing

666 is your name

So while you’re jerking off each other

You better bear this thought in mind

Your time is up you better know it

But maybe you don’t read the signs

Il numero “666”, solitamente associato al demonio, simboleggia qui Richard Nixon, che era stato rieletto nel 1972; Lennon aveva apertamente sostenuto la candidatura del suo avversario, il liberal-democratico George McGovern. Soltanto un anno dopo però Nixon, nel pieno di una grave crisi economica internazionale (derivante dalla guerra arabo-israeliana del Kippur) e con la guerra in Vietnam che stava devastando l’economia americana, fu accusato da due giornalisti del “Washington Post” di spionaggio.

Era lo “scandalo Watergate”, che portò alla destituzione del Presidente stesso. Lennon accolse molto positivamente la notizia, anche perché gli ambienti repubblicani erano quelli che più osteggiavano il suo soggiorno americano, considerandolo un sovversivo potenzialmente pericoloso.

L’uscita di “Mind Games” coincise con l’allontanamento di John da Yoko e con un periodo di separazione durato diciotto mesi, il cosiddetto “Lost Weekend”, in cui Lennon si recò a vivere a Los Angeles con l’assistente personale May Pang, con il benestare della moglie. L

’attivismo militante del musicista, durante questa parentesi, venne meno e non si manifestò neppure in seguito, quando la coppia si riunì nel 1975 e nacque il loro figlio Sean. Come è noto, l’artista si estraniò dallo show business durante i primi cinque anni di vita del bambino, per poi tornare a registrare musica nel 1980 con “Double Fantasy”.

L’ultima fase della produzione di Lennon non contiene esplicite dichiarazioni di contenuto politico; alcuni accenni alla fase “impegnata” compaiono però nella lunga intervista rilasciata a “Playboy” poche settimane prima della sua tragica scomparsa. Così si espresse Yoko in quel frangente, a proposito del contrasto tra le posizioni degli anni precedenti e la loro posizione economica privilegiata:

«Non si può negare che viviamo ancora in un mondo capitalista. Penso che per sopravvivere e cambiare il mondo, devi prima prenderti cura di te stesso… Mi dicevo, sono l’unica ‘socialista’ che vive qui. Non ho un centesimo. È tutto di John, quindi sono ‘pulita’. Ma stavo usando i suoi soldi e ho dovuto affrontare quell’ipocrisia. Pensavo che il denaro fosse osceno, che gli artisti non dovessero pensare al denaro.

Ma per cambiare la società, ci sono due strade da percorrere: attraverso la violenza o il potere monetario all’interno del sistema. Molte persone negli anni Sessanta sono entrate in clandestinità e sono state coinvolte in attentati e altre violenze. Ma non è questo il modo, sicuramente non per me. Quindi per cambiare il sistema – anche se stai per diventare un sindaco o qualcosa del genere – hai bisogno di soldi».

L’attività a carattere pacifista e ambientalista di Yoko nei decenni successivi, e fino ad oggi, è stata caratterizzata da proprio da questa filosofia: Ono ha infatti realizzato opere d’arte e campagne mediatiche di notevole impatto, ma ha curato molto anche la gestione del proprio patrimonio.

Al di là delle valutazioni che potrebbero essere fatte in questo senso, resta il fatto che l’impegno sociale di John Lennon tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta fu autentico, sincero, appassionato, a tratti ingenuo, ma sicuramente un aspetto significativo della sua poliedrica e complessa attività musicale ed artistica.

Parte di questo scritto rielabora il contenuto di un articolo pubblicato dalla sottoscritta sul sito artovercovers.com il 9 ottobre 2020:

https://www.artovercovers.com/2020/10/09/john-lennon-vs-the-us-some-time-in-new-york-city/

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