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La Resa di Roma, settembre 1943

La resa di Roma nel 1943 avvenne fra il 10 settembre, con l’accordo che prevedeva che Roma restasse “città aperta“, e il 23 settembre, quando – dopo che la città fu occupata dalle truppe tedesche e le unità del regio esercito nella zona furono disarmate e sciolte – Roma fu annessa alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini.

Figura [1]. Situazione militare intorno a Roma, la sera dell’8 settembre.
I nostri prodi militari badogliani dovettero cedere alle soverchianti forze germaniche? No: in figura [1] vedete la situazione militare la sera dell’otto settembre: quelli grigi sono i nostri, i neri sono i tedeschi: eravamo tanti (noi) a pochi (loro).

Se gli Italiani fossero riusciti a “tenere” Roma, impedendo per qualche giorno l’invasione nazista, gli Alleati sarebbero poi stati pronti a prenderne il controllo. Non erano pronti a una battaglia, perché erano impegnati al fronte a sud di Napoli e soprattutto stavano già per sbarcare a Salerno e in Puglia.

I tedeschi invece poterono assicurarsi insperatamente il controllo di Roma, essenziale snodo per le loro retrovie; travolti di lì a poco a Napoli, riuscirono a ritirarsi con ordine sulla linea Gustav: Roma dovette attendere altri nove mesi per essere liberata, mentre gli Alleati, indeboliti su quel fronte dai preparativi per il D-Day in Normandia, davano inutilmente di cozzo a Montecassino, per mesi.

Se Roma fosse stata liberata a settembre ’43, la ritirata tedesca sarebbe stata ben più rovinosa, non ci sarebbe stata nessuna Montecassino, l’Italia centrosettentrionale non avrebbe subito due anni di occupazione.

Non è solo un nostra “opinione”, lo chiarirono gli stessi vertici militari germanici. Senza addentrarci nei particolari, bastava che le truppe italiane, alla sera dell’8 settembre assai superiori a quelle tedesche attorno a Roma, avessero ricevuto ordini decenti e tali da permettere loro di impedire la presa di Roma ai tedeschi per tre miseri giorni: TRE GIORNI.

Leningrado ha resistito tre anni, Roma – secondo gli imbelli generali Roatta e Ambrosio – non poteva resistere più di poche ore.

Gli Alleati sarebbero intervenuti a Roma mediante l’operazione “Giant Two”, che invece dovette essere annullata. Questa avrebbe avuto non soltanto un ovvio peso militare, ma avrebbe anche ridato morale ad altri reparti del nostro Esercito.

Il generale tedesco Siegfried Westphal, Capo di Stato Maggiore del comando del feldmaresciallo Albert Kesselring, asserì che l’esercito tedesco sarebbe stato costretto a ripiegare profondamente verso nord, seguendo quello che era il convincimento iniziale del generale Rommel (che mutò opinione solo a fine settembre), con il risultato di accorciare i tempi della Campagna d’Italia e di anticipare la vittoria anglo-americana, con notevole risparmio di vite umane e di danni materiali all’Italia.

Non era quindi impensabile avere gli Alleati alle soglie della Pianura Padana prima dell’inverno: la stessa intera guerra in Europa avrebbe forse avuto uno sviluppo diverso, il D-Day sarebbe stato dal Sud della Francia, probabilmente.

La guerra, per il territorio italiano a sud della linea gotica, sarebbe davvero finita nel settembre 1943; se poi almeno un decimo delle nostre forze armate di terra fosse riuscito a non sbandarsi ed a passare le linee unendosi agli Alleati, anche il ruolo del “Regno del Sud” sarebbe stato diverso, più dignitoso della “cobelligeranza” che ottenne dagli Alleati.

Il governo italiano, invece, abbandonò la sua stessa nazione e il suo popolo all’invasione tedesca. L’uscita dalla guerra avvenne purtroppo come sappiamo: dopo un lungo traccheggiare, l’Armistizio fu firmato a Cassibile il 3 settembre.

Il “nostro” Governo però continuò a tentennare nel rendere pubblico il cambio di campo dell’Italia, mentre gli Alleati spazientiti forzarono gli eventi, prima con pesanti bombardamenti, poi rendendo pubblica la notizia dell’Armistizio, da Radio Algeri, l’8 settembre alle 18:30.

Badoglio allora corse ai ripari con un annuncio per radio alle 19:45, dove non si chiariva cosa intendesse fare l’Italia del suo territorio, invaso da due eserciti stranieri contrapposti, e quale condotta dovessero tenere le sue forze armate: “esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza” era una frase indegna di un Maresciallo d’Italia, a capo dell’esercito nazionale.

Reagiranno come? Per ottenere cosa? Per andare dove? Immaginiamo lo sconcerto in tutta la Nazione.

Seguirono, il giorno successivo, la fuga da Roma a Brindisi di Badoglio, di tutto il governo, del Re e di Umberto Savoia, causando un vuoto di potere che infiniti danni addusse all’Italia; i nostri vertici militari, in fuga, tentennarono a dar ordine di attaccare i tedeschi, sperando che questi si ritirassero spontaneamente (sic!).

L’esercito tedesco procedette risolutamente e con abili colpi di mano successivi: in pochi giorni, vi fu la dissoluzione totale delle nostre forze armate, la presa di Roma da parte dei tedeschi, quasi increduli di tanta manna.

Il comportamento ambiguo nei giorni precedenti, e quello disastroso e codardo nei giorni successivi l’8 settembre – del governo italiano, della casa Savoia e dei vertici militari – ebbero conseguenze tragiche.

L’esercito italiano, pur con l’attenuante della mancanza di direttive precise e salvo alcune eccezioni, diede una prova sconfortante, dovuta soprattutto alla penosa inadeguatezza dei suoi vertici: in pochi giorni, in Italia, decine di divisioni si dissolsero e quasi tutti i nostri soldati vennero catturati o si diedero alla fuga, abbandonando Roma e l’Italia centrosettentrionale in mano ai tedeschi.

L’esercito italiano presente nel territorio metropolitano al settembre 1943 era senza dubbio fortemente indebolito: tuttavia, le condizioni non erano tali da giustificare una immediata e totale dissoluzione.

Ora, è forse facile giudicare, qui dalla nostra comoda poltrona nel 2023. Però una nazione ed un esercito che crollarono così vergognosamente, come l’Italia nel settembre 1943, non si erano mai viste nella storia militare contemporanea, né si vedranno più in futuro.

Al di là di tutte le ragioni e le circostanze, militarmente parlando, fu una figura davvero meschina.

Da: Francesco Mattesini, L’armistizio e la Mancata Difesa di Roma. I combattimenti di Monterosi, lago di Bracciano, Monterotondo e Porta San Paolo, Roma, novembre 2020, https://www.academia.edu/44548668/L_ARMISTIZIO_E_LA_MANCATA_DIFESA_DI_ROMA_I_combattimenti_di_Monterosi_lago_di_Bracciano_Monterotondo_e_Porta_San_Paolo

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