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La Chimera e il ruolo degli intellettuali

La Chimera di Alice Rohrwacher è un film italiano del 2023, premiato al Festival di Cannes dall’AFCAE (Association française des cinémas d’art et d’essai) e distribuito in poche (solo 76) sale cinematografiche a partire dal 23 novembre.

La pellicola è ambientata nella Tuscia e racconta, nella vecchia e trasandata cittadina di Riparbella degli anni 80, di un gruppo di poveri tombaroli che tirano a campare dando vita a degli abusivi e improvvisati scavi archeologici nelle antiche tombe etrusche della zona, per ritrovare oggetti e cimeli preziosi da rivendere poi al mercato nero.

Mercato che, nell’area in questione, è monopolizzato dalla figura, in un primo momento misteriosa, di Spartaco, il quale gestisce il suo traffico di reperti da un freddo ed elegante centro veterinario, come un grande fratello che sta dietro le quinte e che gestisce tutto dall’alto della sua posizione di privilegio.

Tra i tombaroli emerge la figura di Arthur, un inglese cultore dell’arte che possiede il dono di individuare, con le sue sole percezioni, le tombe nascoste sottoterra. Siamo davanti, probabilmente, a uno studente di beni culturali caduto in disgrazia, che, nonostante possa abbandonare la vita precaria e movimentata del tombarolo a favore di un’occupazione più sicura e stabile, preferisce continuare questa attività, mosso probabilmente da un’attrazione spontanea, naturale, verso il bello in sé e per sé che solo l’arte può offrirgli.

Questo suo amore sconfinato e incondizionato per la purezza del bello, rappresentata nel film dall’arte etrusca e, nello specifico, da una statua di una dea antica trovata in una tomba in spiaggia, lo conduce prendere una decisione forte su cui è necessario riflettere.

Quando infatti trovano la statua, i tombaroli, nonostante il parere contrario di Arthur, le tagliano immediatamente la testa, con l’obiettivo di smontarla pezzo dopo pezzo per poterla poi rivendere. I protagonisti però non riescono nell’impresa, ingannati da un altro gruppo concorrente che vende la parte restante della statua a Spartaco.

Nel momento in cui i tombaroli scoprono l’inganno, si recano sulla barca dal trafficante di arte, costretto a rivelare la sua identità, con la testa della dea e tentano di vendergliela ad una cifra altissima, una cifra che potrebbe finalmente farli uscire dalla situazione precaria e di profonda indigenza in cui vivono.

Arthur infatti quando vede i suoi “colleghi” e Spartaco litigare sul prezzo della testa, come due branchi di lupi di fronte alla stessa preda morente, osserva la bellezza del manufatto prezioso che ha in mano e decide di ergersi, dopo anni di traffici illegali di preziosi cimeli, a campione della purezza dell’arte e di buttare così il capo della dea in mare.

Con questo gesto Arthur esercita a pieno titolo il suo ruolo di intellettuale puro, cultore del valore del bello artistico in quanto tale, di un bello che nessuna cifra può comprare, di un bello che non merita di essere visto dall’occhio umano ma solamente dalle anime dei defunti a cui però è stato strappato via per meri motivi di profitto.

Arthur incarna qui il ruolo, descritto dal filosofo francese Julien Benda, di intellettuale, anzi di chierico, di monaco medievale dedito allo studio e alla riflessione, che non si lascia corrompere dalla materialità e dal desiderio di ricchezza del mondo dei laici, degli uomini d’azione.

Il ragazzo inglese è quindi il custode della purezza dei valori, di una cultura elitaria e raffinata che non si lascia corrompere dalle passioni materiali e dal desiderio di ricchezza individualista ed egoista che muove la nostra società contemporanea.

Compiendo questa scelta Arthur però costringe gli altri tombaroli, figure moralmente discutibili che certamente approfittano delle capacità del loro collega, a continuare a vivere nella povertà e nelle difficoltà materiali di ogni giorno, togliendo loro la possibilità di emanciparsi dal loro stato di minorità mentre Spartaco, in possesso di una statua deturpata ma dal valore comunque inestimabile, con tutta probabilità continuerà ad arricchirsi con il traffico dell’arte etrusca, mantenendo, in ogni caso, la sua posizione di privilegio.

Tra un gruppo di persone affamate, stanche e desiderose di riscatto e un ricco personaggio che si approfitta, nella totale illegalità, degli individui più deboli ed esclusi dalla società, il giovane inglese non percepisce alcuna differenza. Arthur perde di vista insomma la prospettiva di classe, agendo appunto da chierico, da intellettuale puro, e non, come vorrebbe Gramsci, da intellettuale organico.

Il ragazzo infatti dovrebbe riconoscere la sua classe di appartenenza (vive in un casa abusiva fuori dalle mura della cittadina) e porre la sua cultura, le sue abilità e, perché no, la sua sensibilità al servizio del gruppo sociale di cui fa parte in vista di una sua emancipazione.

Il ragazzo invece preferisce, fino alla fine, seguire la sua chimera, la sua utopia, il suo sogno, e quindi la sua inclinazione più profonda e autentica, mettendosi alla ricerca di altri beni preziosi da poter contemplare ma dimenticando così la sua responsabilità sociale, il suo ruolo di intellettuale che si impegna a lottare insieme alla sua classe, sfruttata e oppressa, in vista di un suo futuro riscatto.

In conclusione, la pellicola di Alice Rohrwacher propone una visione di intellettuale distante da quella gramsciana ma merita assolutamente di essere vista al cinema e di essere sostenuta e pubblicizzata il più possibile, per la sua bellezza, per la sua profondità, per le riflessioni che suscita e per i numerosi temi cruciali e tipici dell’esistenza umana che vengono trattati e di cui non si è ovviamente parlato in queste poche righe.

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15 Commenti


  • Silvia

    Ma è uno spoiler!!


  • Antonella Scroppo

    film bellissimo
    da vedere


  • Cinzia Dal Brolo

    Bellissimo e profondo. Film da vedere!


  • Carlo Pasquini

    😛 recensione ridicola


  • Fabrizio Leandri

    un film che ha di bello solamente la fotografia, sceneggiatura insignificante, insomma per quanto reclamato, a me non è piaciuto. di intellettuale non ha niente a parte riprendere strali di memoria felliniana o di vecchie copie di personaggi alla ettore scola.. Rimandata!!


  • Francesca

    A me il film è piaciuto molto e data la sua profondità e la sua ricchezza mi è spiaciuto tanto che sia stato distribuito in pochissime sale italiane. Apprezzo lo spunto di riflessione dell’articolo, è un modo per apprezzare ancora di più questo film.


  • Paola Laura Tenca

    Film stupendo, poetico e sognante, ma anche politico e sociale; la regista tocca tanti aspetti del problema e lo fa in punta di piedi, accennando al baratro culturale in cui la classe politica italiana ha di fatto sprofondato il nostro Paese non sostenendo, incentivando ed elevando la ricerca dell’immenso patrimonio artistico sepolto sotto i nostri piedi. Un De profundis lirico e struggente…. grazie 🙏👏


  • Gian

    …. mi chiedo il motivo di aver spoilerato completamente il film… senza peraltro un briciolo di analisi ed eventuale critica… mah…


  • Maurizi

    Ma il ruolo degli intellettuali di cosa. Un tombarolo rabdomante pentito che si scopre purista solo alla fine. Ne abbiamo visti molti di pentiti dopo aver fatto danni infiniti.


  • Almerinda

    sinceramente a me non è piaciuto


  • Titti

    la trama poteva essere interessante ma l’andamento del film è lento ed estenuante. due ore di lentezza gratuita.


  • Tina

    Poteva essere interessante, ma la sceneggiatura e l’andamento del film sono lenti e confusi. Manca un minimo di e poesia, i poveri di Pasolini erano autentici e emotivamente coinvolgenti, questi sono grezzi e poco credibili.


  • Alessia

    film lento noioso freddo e scopiazzante Fellini…la stessa storia poteva dare luogo a un’opera ricca di sentimento, di bellezza e di spunti di riflessione che non ho, ahimè, potuto riscontrare assolutamente


  • Carlo Velenosi

    Esperienza frustrante e penosa. Preso già dai primi minuti dalla tentazione di abbandonare la sala ho resistito rimanendo al mio posto solo perché in compagnia. Film noioso, lento, pretenzioso e ridicolo. Sceneggiatura inconsistente e mal scritta. Sembra un corto (durasse mezz’ora rivedrei in parte il mio giudizio), rivelando la nota formazione di regista di cortometraggi
    della Rohrwacher. Di durata però eccessiva e quindi insopportabile. Li sconsiglio di tutto cuore.


  • Alpro

    Sottoscrivo in pieno.

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