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Palestina Israele: il falso mito degli zeloti

La violenza prevaricatrice del governo razzista dello Stato d’Israele non si impone solo con la forza militare e il bullismo dei coloni, ma si impone anche con la propaganda e i falsi miti che sono riaffermati dai governi, dai politici occidentali e dai loro mass-media.

Che questa propaganda sia introiettata come vera o una copertura del servilismo verso il dominus yankee conta poco, il risultato è che di fronte a un fatto assolutamente evidente, come il genocidio in atto a Gaza, c’è un continuo “fuoco di sbarramento” mediatico e di negazione della realtà.

Questa propaganda è evidente dopo i fatti del 7 ottobre scorso per cui gli zeloti propongono continuamente “verità” precostituite trasformando le vittime palestinesi, sottoposte a genocidio, in carnefici e da qui alcuni “tormentoni”.

I razzisti israeliani affermano di essere stati vittime di genocidio il 7 ottobre quando vi è stata una (violenta) risposta al colonialismo israeliano, tesi fasulla quella degli zeloti perché non c’è stato alcun olocausto contro gli ebrei in quanto tali ma la risposta palestinese alla continua brutalità degli israeliani, e la violenza, come è noto, chiama sempre violenza.

Era falsa e smentita la notizia di 40 bambini israeliani assassinati e bruciati, è ancora senza prove la notizia di una decina di operatori Unwra (su oltre diecimila) complici di Hamas e ora si insiste, facendo vittimismo, di un gran numero di stupri, ma anche in questo caso le prove sono dubbie se non assenti, chiedendo solidarietà alle donne per l’8 marzo, ma anche per questa notizia si sa per certo che ci sono stati notori “sionisti messianici” che hanno manipolato la news, e quando tra l’altro, vi sono notizie di stupri e violenze contro le donne palestinesi.

E’ perciò necessario contrastare i miti (e la propaganda che ne deriva) in maniera che nel dibattito pubblico, dove è possibile parlare senza censure, siano messi alla “berlina” e svelati.

I miei vari interventi dal titolo “Palestina-Israele” servono proprio a questo, svelare i miti su cui si fondano le pretese zelote, il primo di tutti la pretesa della “terra promessa”.

Tale pretesa, la promessa divina della terra al popolo ebraico, si fonda tra l’altro sull’idea che esso sia composto dai discendenti di quelli andati esuli duemila anni fa, ma gli attuali israeliti sono i discendenti di molte genti  ed eventi diversi.

L’impero romano sicuramente spopolò la Giudea dopo le guerre del 70 e del 134 d.C. perché tali guerre servivano anche per deportare e acquisire schiavi e perciò in Giudea rimase solo una piccola parte della popolazione ebraica, probabilmente gli antenati degli israeliti residenti in Palestina in età moderna prima del XIX secolo, mentre la diaspora ebraica si era formata già anticamente (VIII-VII secolo a.C.) in Media (Kurdistan), Caldea (Iraq) ed Egitto, in seguito si aggiunsero successive deportazioni e migrazioni durante l’impero romano (Paolo di Tarso era probabilmente figlio di deportati giudei), ma anche di popolazioni che si convertirono all’ebraismo come i kazari turcofoni del Caucaso e i falascia etiopi, comunque tutte popolazioni che nel tempo si imparentarono con quelle dei paesi in cui risedevano e di cui sono discendenti.

La diaspora ebraica è perciò solo in minima parte discendente degli antichi ebrei di Canaan, e anche questi erano imparentati strettamente con i gruppi “non ebraici” come i filistei/pelistim/palestinesi e gli stessi palestinesi moderni sono anche loro discendenti delle popolazioni filistee, cananee ed ebraiche, perché sicuramente con l’avvento del cristianesimo nel IV secolo e poi con l’Islam nel VII secolo, parte dei giudei rimasti sul posto si convertirono a queste religioni.

Per smitizzare le pretese zelote è perciò necessario chiarire come si sono formati i libri sacri su cui si fondano gli zeloti, distorcendo il messaggio teologico in essi contenuti, usando in più gli “occhiali di Marx” che consentono di andare molto oltre l’esegesi testuale che cerca di estrarre il significato teologico sotto inteso.

Lo storico Ilan Pappè ha permesso, con un grande e attento lavoro di ricerca documentale, lo svelamento dei falsi miti del sionismo, che io definisco, con un termine diverso, assunti dagli zeloti (che ha lo stesso significato della parola “hamas”), perché esiste da sempre un “sionismo” religioso, che menziona anche lo storico israeliano, sentimento legato all’aspetto confessionale e spirituale dell’ebraismo, e per questa ragione vi sono settori rabbinici ortodossi che si oppongono agli zeloti, i quali invece esprimono quell’ebraismo “messianico” e integralista (per esempio Gush Emunim) fino al punto di diventare razzisti e genocidi.

Ilan Pappè indaga il sionismo storico degli ultimi tre secoli, io invece, avendo una buona conoscenza del testo Biblico, ritengo fondamentale smantellare i miti da cui traggono ideologia gli zeloti.

Una prima necessaria premessa.

Molti storici tendono a negare al testo biblico valore storico, perché alcuni libri sono relativamente tardi (dopo il VI secolo a.C) ma una attenta lettura dimostra che esso è fondato su ricordi antichi, spesso alterati ma veri, di eventi avvenuti in Canaan (Israele/Palestina), per cui troviamo registrati nella Bibbia personaggi di quell’area geografica come Shishak faraone egizio che assalì i due regni ebraici intorno al 925 a.C., re egizio esistito realmente chiamato Sheshonq I, che registrò sulle pareti dei templi egizi questa guerra.

Il problema è che anche i testi scoperti dagli archeologi sono problematici, perché i sovrani, fossero egizi, assiri, caldei, persiani o altro ancora, scrissero i loro testi con intento ideologico per cui per gli storici è sempre necessario confrontare e valutare tutte le fonti e i documenti/monumenti archeologici, e il testo biblico è un documento di confronto importantissimo.

L’Antico Testamento è l’insieme di molti libri, i più antichi sono quello dei “Giudici” (alcune parti) e quelli dei “Profeti” integratati e modificati nei tempi successivi, mentre il Pentateuco (dalla Genesi a Deuteronomio), attribuito nell’antichità a Mosè, è stato redato più recentemente, tra la l’inizio del VII secolo a.C. e l’epoca esiliaca (VI-V secolo a.C.), come prima menzionato.

Miti, storie e personaggi, all’inizio, sono entrati in questi racconti  con altri intenti, poi modificati a “nuove visioni” e solo alla fine ebbero una “veste” teologica diversa dal contesto iniziale.

Per capire la “promessa” agli ebrei di quel territorio, allora chiamato Canaan, è perciò necessario analizzare come è sorto il mito di Abramo, a cui quel territorio era stato promesso nella Bibbia.

Come già ho spiegato in un precedente intervento (“Palestina-Israele tra origine mito e realtà”), e Sigmund Freud meglio di me, i leviti erano inizialmente dei fuoriusciti egizi appartenenti alla riforma monoteista del dio Aton, che arrivati in Canaan si unirono con una tribù filistea emarginata nel lato orientale del mar Morto, gli hiviti-gabaoniti-israeliti (nome quest’ultimo che significa “combattente di Dio” in lingua semita-occidentale, lo stesso significato di filisteo/palestim, quest’ultimo in lingua greco-micenea).

Per alcuni secoli (dal XIII alla fine del XI secolo a.C.) tali gruppi umani furono capeggiati dai “giudici”, gruppo di sacerdoti eloisti con funzioni militari in tempo di guerra, ma con il sorgere della monarchia (regni di Saul e Davide) furono estromessi dal potere civile ed emarginati nei santuari detti “alti luoghi”, per cui operarono con ostinazione perché tali re, dopo Salomone che abbracciò il politeismo cananeo, non potendo riprendere il potere “civile”, tornassero almeno alla fede eloista.

Il nome di Dio  in Israele era El, il toro, successivamente ricordato al plurale, Elohim (i tori), fede di cui non sappiamo bene quanto mantenesse del principio originale monoteista.

Dopo una prima dinastia eloista (Geroboamo) e dopo varie vicissitudini dovute a una dinastia politeista (la dinastia di Achab), il regno del nord (Israele) per un secolo ebbe una dinastia eloista, ma questo regno fu devastato e conquistato dagli assiri, per cui una massa enorme dei suoi abitanti si riversò nel regno meridionale di Giuda, poco popolato e che era sostanzialmente pagano tranne la piccola tribù di Beniamino di fede eloista.

I re di Giuda, da Ezechia in poi (fine VIII secolo a.C.), aderirono alla fede eloista avendo però un problema: la popolazione del regno era composta da una maggioranza di immigrati israeliti-eloisti e una minoranza di giudei: come fare a farli convivere insieme?

La convivenza fu costruita inventando un mitico progenitore di entrambi i popoli, Abramo (nome che non a caso contiene la parola “padre”), personaggio che non a caso è quasi assente nei libri dei “giudici” e dei “profeti”, dove è invece spesso citato il patriarca Giacobbe, dal secondo nome, non a caso, di Israele.

Attorno alla figura mitica di Abramo fu costruita una storia che fondasse l’origine comune dei due popoli, la promessa della terra di Canaan, integrandola con i ricordi mitizzati dell’origine dei leviti “atoniani” fuoriusciti dall’Egitto.

In seguito, in epoca esiliaca (periodo caldeo) e post-esiliaco (periodo persiano), i racconti vennero ulteriormente sviluppati introducendo la figura di Mosè, attribuendo anche a lui la promessa della “terra di Canaan”.

La figura di Mosè è altrettanto assente nei libri dei “profeti”, ricordato solo raramente come “profeta” (nel senso del più grande, libro di Osea, metà VIII secolo a.C.) mentre sono presenti gli elementi sacri trasportati dall’Egitto: Arca dell’alleanza, tavola delle offerte, eccetera, perché di quella storia c’era stata una rimozione dei ricordi, probabilmente conservati solo in gruppi sacerdotali ristretti.

Mosè fu “riscoperto” solo con uno degli ultimi re di Giuda, Giosia (fine VII secolo a.C.), per cui fu ritrovato un libro nel Tempio di Gerusalemme che permise di accedere a ricordi antichissimi della fede originale e della figura di Mosè (come direbbe Freud: ritorno del rimosso).

E’ perciò chiaro che la promessa della “terra di Canaan” è il risultato di una serie di vicissitudini e di intenti ideologici diversi e sovrapposti (Mosè e i leviti volevano solo mantenere la loro fede monoteista fuori dall’Egitto, Abramo è personaggio “inventato” per cementare l’unità di due popoli diversi e la promessa della terra è solo in funzione di rendere credibile tale mito).

Concludo questa analisi dei fatti biblici ricordando, come già detto nell’intervento ricordato precedentemente, che il Tempio di Gerusalemme fu voluto da Salomone (circa 950 a.C.)  che aveva aderito alla religione cananea (Astarte, Baal, eccetera), tempio espressamente ideato per il pantheon politeista e che per costruirlo Salomone utilizzò, non a caso, maestranze fenicie; solo con il re Ezechia (forse) e il re Giosia (sicuramente), trecento anni dopo, il tempio venne purificato e dedicato al dio El (Elohim) detto anche Adonay (in origine Aton), mentre i veri luoghi di culto di Elohim furono gli Alti Luoghi, evoluti in seguito nelle sinagoghe.

Spero di avere chiarito, anche se troppo brevemente, come la “terra promessa” è una illusione letteraria, come Abramo, mentre i veri luoghi di culto israeliti monoteisti sono le sinagoghe e non il Tempio che gli zeloti vorrebbero riedificare a tutti i costi al posto di due moschee.

La Bibbia e la fede che essa propone non sono una cosa “vana” come propongono molti pensatori atei, ma sono all’interno del pensiero umano che nei secoli ha costruito la civiltà materiale, con ricadute sorprendenti in aspetti inaspettati, ma di questo scriverò in un momento successivo.

Quello che non va fatto è trasformare la religione in uno strumento di oppressione, come fanno gli zeloti.

* Anpi Trullo-Magliana

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3 Commenti


  • Stefano

    Illuminante!Grazie De Prai!


  • Francesco Codecasa

    Insomma, come sostiene Julian Assange, quasi tutte le guerre degli ultimi 50 anni nascono da bugie.


  • Flavia

    Interessantissimo. Ero rimasta alla critica biblica di Mauro Biglino e al relativo discorso sugli eloim, ma senza la costruzione di un quadro storico, che qui c’è e dà chiarezza anche ai tanti interrogativi su quelle che srmbrano incongruenze senza la prospettiva temporale della storia. Grazie davvero!

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