C’è un saggio sociologico-ermeneutico (gli amici e i compagni più vintage e avveduti lo ricorderanno) del 1961, scritto da Umberto Eco, che s’intitolava “Fenomenologia di Mike Bongiorno”.
In quello scritto Eco, con non poca arroganza intellettuale ma con altrettanta spietatezza veritiera, delineava un ritratto del personaggio televisivo Mike Bongiorno, analizzandone le ragioni del successo nel contesto economico, politico e culturale dell’Italia del boom.
Rileggendone alcuni passi, tuttavia non si può fare a meno di riflettere su quanto quell’impietosa indagine semiotico-culturale non solo fosse adiacente alle declinazioni dell’incipiente società dei consumi mediatico-televisivi italiani, ma tratteggiasse in realtà – con ben più ampia visione rispetto alla postura morale, ideologica, intellettuale degli italiani stessi – l’essenza di un popolo votato sinceramente alla mediocrità e al conformismo.
Quella mediocrità e quel conformismo che oggi risplendono in tutta la loro fulgidezza e che fanno degli abitanti le sponde della serva Italia imbordellata un conglomerato di passivi telespettatori soggiogati dal mercato e senza coscienza alcuna.
Pavidi fedeli della più seducente delle religioni. L’ottusità.
Non è un caso, d’altronde, che il sovrano degli imbonitori – quello scaltro figlio di una Milano putrida che rispondeva al nome di Silvio Berlusconi, grazie al quale il processo di rincoglionimento italico è stato finalmente compiuto – abbia fatto di Bongiorno il Vicepresidente di Mediaset.
Di seguito dunque alcuni stralci dalla “Fenomenologia di Mike” che ben esemplificano la linea di continuità involutiva dei “discendenti della romanità”, giunta oggi a vette indicibili.
E grazie alla quale possiamo gridare, fieri e impettiti: “Presente. Siamo tutti Mike Bongiorno!”
Scrive Eco:
«Il successo di questo personaggio è la sua mediocrità assoluta, grazie alla quale lo spettatore vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti».
E ancora: «Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti».
Proseguendo: «[…] Ora, nel campo dei fenomeni quantitativi, la media rappresenta appunto un termine di mezzo, e per chi non vi si è ancora uniformato, essa rappresenta un traguardo. […] Invece, nel campo dei fenomeni qualitativi, il livellamento alla media corrisponde al livellamento a zero. Un uomo che possieda tutte le virtù morali e intellettuali in grado medio si trova immediatamente a un livello minimale di evoluzione. La medietà aristotelica è equilibrio nell’esercizio delle proprie passioni, retto dalla virtù discernitrice della prudenza; mentre nutrire passioni in grado medio e aver una media prudenza significa essere un povero campione di umanità».
Per concludere: «[…] In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quando la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provocazione; la gaffe (in cui Bongiorno eccelle, a detta dei critici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza. Quanto più è mediocre, l’uomo mediocre è maldestro. Mike Bongiorno lo conforta elevando la gaffe a dignità di figura retorica, nell’ambito di una etichetta omologata dall’ente trasmittente e dalla nazione in ascolto».
Feroce, lapidario, impietoso specchio dell’italica mediocrità culturale!
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Paolo
che Mike la salma fosse un idiota e ne rappresentasse molti di idioti è certo, che fosse “uno di noi” pure. ma compagni il PCI dell’epoca era una macchina produttrice di cultura? era vicino al cuore delle masse? se l’italiano medio è diventato così stupido e bestiale dai tempi dei culi del drive in, in fondo si deve anche al PCI. non dimentichiamo tangentopoli e il compagno primo Greganti, la spocchia del neonato partito del pds,
l’insipienza e l’incapacità di Occhetto e di D’Alema, l’incapacità di coinvolgere le persone negli anni 90. non ci dimentichiamo delle cooperative rosse che offrivano lavoro clientelare, non scordiamo i mediocri giornali come l’unità e lo spocchiosissimo manifesto. vogliamo parlare poi del silenzio, anzi della complicità, sulla guerra nei balcani, il cermis, Ocalan, la paura di massimo di vedere assaltati i titoli di stato italiani (basta eliminare le operazioni allo scoperto). insomma compagni era destino finisse così. c’è un filo che unisce l’inciucio storico PCI/DC e Renzi/bonaccini/schlein: la consapevolezza che tenere un popolo nell’ignoranza rende più facile il governarlo
Sergio Binazzi
che tenere un popolo nell’ignoranza frutti ai governanti non è una novità ed è una cosa che hanno adottato tutti, chi più chi meno, non credo proprio che sia frutto del pci. io caro Paolo ne ho fatto parte fino alla Bolognina e ti assicuro che tanta ignoranza in gioventù me la sono scrollata di dosso ma sento che c’è ne ‘ ancora tanta in giro , ne è prova gli interventi come il tuo. cresci caro compagno penso tu ne abbia bisogno. un saluto comunista.
giorgino
Pensiamo a Giorgio Napolitano, e la sua spochia intellettuale da storicista crociano piu che da marxista, culturalmente il pci era soprattutto questo, e quindi il suo esito e’ stato quello che Napolitano ha rappresentato prima ed in maniera piu completa. Dacchè e’ stata scritta quella di Mike Buongiorno, qualcuno dovrebbe scrivere la fenomenologia di Giorgio Napolitano, compendio della prima. Senza nulla togliere ai tanti compagni del Pci seri e generosi, alle loro importanti lotte, è un fatto che quel corpo sociale radicato e fortissimo non ha lasciato alcuna permanenza teorica o pratica negli anni successivi alla sua scomparsa, nulla, neanche di residuale o come minoranza culturale e politica, per cui c’è davvero da chiedersi se fu vera cultura. Che ne pensano i compagni di Contropiano ? Elaborate voi una risposta per i vostri lettori, ce ne è bisogno, ed io al momento non so avere le idee chiare, pur ritenendo solitamente di averle massimamente chiare
ANNA
Come compagna “vintage” ricordo benissimo il saggio di Eco, e altrettanto bene la guerra in Jugoslavia, il caso Ocalan e il Cermis. Aggiunderei anche i ragazzi e le ragazze di Salò del ” compagno” Violante
Matteo
Credo che @Paolo abbia affermato una scomoda (per qualcuno) ma altrettanto sacrosanta verità!
Matteo
E aggiungo che già Nanni Moretti, in un suo film degli anni ’70, ironizzava sugli esponenti della FGCI romana che guardavano “Happy Days”. La traiettoria imboccata successivamente daMoretti (ovvero Pds/Ds/Pd) non mi piace per nulla, ma quella provocazione da lui affermata tanti anni or sono rimane intatta, ed è stata senz’altro una spia del degrado culturale di quella galassia che gravitava attorno al PCI.
Matteo
errata corrige: il film in questione di N. Moretti era “Aprile” (del 1998).
Manlio Padovan
Vi ringrazio per l’articolo perché non conoscevo il saggio di U. Eco.
Non mi meraviglia che il nostro abbia scritto cose intelligenti e condivisibili sugli italiani.
Desidero però far notare che E. Rea, nel suo “La fabbrica dell’obbedienza/Il lato oscuro e complice degli italiani” ha ben delineato il carattere di noi italiani facendo notare che siamo incapaci di “ragionare in proprio”; ma ciò che più mi preme di sottolineare è il fatto che E. Rea nel suo scritto evidenzia senza remora alcuna il motivo di fondo che ci conduce a quella condizione. Quel motivo di fondo che sempre, dico sempre, anche a sinistra, viene trascurato e mai criticamente indicato.
Chi ha avuto il coraggio di criticare il papa per il suo ipocrita comportamento quando inviò a RAI Radio 1 quel messaggio, letto con enfasi durante il giornale radio, che appoggiava la campagna contro la violenza sulle donne? Nessuno, dico nessuno, che ebbe il coraggio di far notare che il papa e la sua criminale religione sono responsabili di 2000 anni di violenza sulle donne a partire dai discorsi di quel delinquente misogino che fu Paolo di Tarso.
Chi ebbe il coraggio di attaccare frontalmente quel Giorgio Napolitano, che a mio avviso fu il politico più ipocrita tra quelli noti, quando il 20 settembre 2010 zittì il Paese e fece parlare a Porta Pia solo il cardinal Bertone e con toni da vincitore?
Chi ebbe il coraggio di darci nome e cognome di quel giudice, che definire imbecille è fargli un complimento, che mandò in prescrizione il processo contro la Bibbia che la CEI aveva stampato pe gli studenti italiani e che conteneva almeno 100 posizioni di incostituzionalità…della nostra Costituzione, oltre a contenuti misogini e sessuofobici? Un processo che durò 10 anni, dal 2006 al 2016, e che andò in prescrizione e negò un dibattito sulla incostituzionalità del testo CEI perché quel giudice sentenziò di trasmettere gli atti al TAR ipocritamente dimenticando che il TAR ha un periodo, detto termine decadenziale in gergo, di 60 giorni. Nessuno agì in modo che quel giudice fosse affidato al ludibrio del popolo. Sempre tutti zitti, quando c’è di mezzo quella organizzazione criminale internazionale che va sotto il nome di CCAR!
Nessuno che si metta di buzzo buono per far crescere questo popolo di cialtroni di un paese servo di una teocrazia straniera e reso vile dalla politica.
Mai che si attacchino seriamente quelle religioni rivelate che sono meri strumenti politici. Da cosa credete che dipenda il carattere di falsità e di ipocrisia dell’occidente, se non dalle sue radici ebraico-cristiane che ne hanno rafforzato quel carattere?
Il resto sono chiacchiere e le chiacchiere mai hanno dato frutti graditi…se non al potere…di qualsiasi colore!
Ed è colpevole ed imperdonabile posizione che il motivo di fondo della nostra incapacità allo spirito critico venga trascurato a sinistra dato che il fascismo ha sempre trovato appoggi sostanziosi tra le gerarchie ecclesiastiche. Oppure ciò che conta è solo raggiungere il potere?