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Alcune osservazioni su “Il Giardino e la Jungla”

In un volume ben articolato sono stati raccolti gli Atti degli incontri del forum della Rete dei Comunisti del marzo 2023 che mise a confronto 20 studiosi, militanti e ricercatori, sull’interpretazione marxista della fase in corso, mirata verso le dinamiche politico-economiche del capitalismo corrente che come sappiamo con la diaspora comunista incrementata dal 1973 con il noto compromesso storico di Enrico Berlinguer e lo scioglimento del Pci del 1991, l’aumento progressivo dell’egemonia degli USA acceleratosi negli anni ’90 grazie al crollo dell’URSS (1991), ci ha consegnato nei decenni successivi un’Europa obiettivamente più unita a livello delle borghesie economiche-finanziarie soprattutto europee anche per l’allargamento dell’Unione Europea e della Nato ai paesi dell’ex URSS.

Ma per le classi subalterne abbiamo in corso processi in progressione di miserie materiali e morali davvero inedite se li mettiamo in relazione con i progressi delle scienze in generale e soprattutto quelle mediche e delle innovazioni tecnologiche, nella pratica politica rappresentano contraddizioni sociali e non s’intravvedono soluzioni al riguardo anche perché sono in corso nel mondo circa 60 guerre e non soltanto regionali.

L’opera si presenta agevole con un linguaggio accessibile e questo facilita molto i giovani e chi vuole comprendere dove sta andando il capitalismo ma non ha una preparazione di base adeguata, l’insieme delle tematiche sono state ben esposte al di là ovviamente delle osservazioni che presento con questa recensione che sono personali.

La pubblicazione è a cura delle attività editoriali della Rete dei Comunisti e si presenta con un formato 22,5 x 16 in 342 pagine ed offre una panoramica ben delineata mirata sul tema, Il Giardino e la Giungla, che è il titolo del libro ma c’è il sottotitolo, Modo di produzione capitalistica e frammentazione del mercato mondiale, che rappresenta l’oggetto di ricerca degli incontri del forum. Le sezioni sono quattro: Introduzione, Rottura del mercato mondiale e crisi sistematica, Lo scontro tra blocchi come necessità, la guerra come possibilità, Le crisi che logorano la supremazia di Stati Uniti e Unione Europea.

La prima sezione, Introduzione, inizia con la presentazione di Mauro Casadio della Rete dei comunisti che apre il volume e la parte dell’Introduzione del libro delineando i fenomeni che maggiormente hanno caratterizzato questa fase che apertasi all’inizio degli anni Novanta è ancora in corso e presenta oggi come lui indica “un nuovo tornante storico dell’attuale modello di sviluppo (p. 3)”.

La sua relazione è la chiave di lettura del tema, oggetto della pubblicazione, ecco i titoli che sono, Il MPC come chiave di lettura fondamentale, Dalla generalizzazione alla crisi, Ma il nuovo sta nascendo! La rivoluzione in Occidente? Questa relazione è imporatante e secondo me, ha un obbiettivo preciso così espresso: «… per cominciare a “scavare” sugli scenari futuri che condizioneranno le prospettive generali ma anche l’azione dei comunisti, delle forze di classe e democratiche che verranno investite e modificate esse stesse dalle evoluzioni che qui cerchiamo di interpretare (p.25)».

Il ruolo dei comunisti è decisivo e l’assenza di un partito comunista unificante delle classi lavoratrici aiuta i processi di evoluzione del capitalismo azzerando i progressi sociali e aumentando soltanto i profitti, i comunisti oggi sono però divisi ma bisogna fare tutti uno sforzo per convergere su un quadro di riferimenti condiviso al di là delle interpretazioni ideologiche e posizioni politiche.

La seconda relazione della parte dell’Introduzione è di Roberto Fineschi, Dominio senza direzione? Egemonia reale e guerra nel capitalismo crepuscolare, che pone il tema della guerra, la sua relazione si articola in 5 parti: 1.Geopolitiche astratte? Una risposta inadeguata; 2.Geopolitica o riproduzione sociale complessiva in forma capitalistica?; 3.Che centra la guerra?; 4. Dominio senza direzione? Forza senza egemonia? 5. Conclusioni quanto mai provvisorie. L’itinerario che presenta si articola in vari livelli di analisi che fanno perno sull’interpretazione della geopolitica corrente che non tiene conto della realtà e questo passo che segue invita a delle osservazioni: «Le ultime vicende hanno rilanciato sicuramente approcci realistici o neorealistici: il sistema instabile in cui ci troviamo dalla fine prima del bipolarismo della guerra fredda e poi con la crisi di un potenziale unipolarismo degli Stati Uniti come potenza egemone mondiale costituiscono un sistema dell’equilibrio instabile in cui varie forze cercano i propri spazi di una possibile ricomposizione generale; qui l’elemento della guerra è drammaticamente una carata da giocare, una carta che è stata giocata non solo in Ucraina ma anche in varie altre parti del mondo. Questo non significa ridurre tutte le guerre a tattica geopolitica; esistono motivazioni interne e specifiche di crisi della società ucraina che preesistono sicuramente alla guerra attuale che anzi l’hanno preparata; su di esse però insistono anche interessi più generali che tuttavia hanno peso notevole anche nelle dinamiche interne (p.28)».

I riferimenti al conflitto Russia-Ucraina necessitano osservazioni perché è vero che gli Usa hanno, come dire, preparato il terreno di scontro provocando il golpe di Piazza Maidan passato alla storia come rivoluzione ucraina del 2014 ( in realtà è stato totalmente gestito dagli Usa). Gli Usa hanno fornito armi e quant’altro a Kiev e a favore dell’Ucraina si è schierato mezzo mondo e forse anche di più, e il quadro del conflitto rappresenta un insieme di processi d’investimenti che le centrali finanziarie del capitalismo corrente hanno messo in moto e quindi non si tratta di geopolitiche astratte ma d’investimenti calcolati soprattutto dalle multinazionali che producono armi.

La seconda sezione, Rottura del mercato mondiale e crisi sistematica, inizia con una relazione di Leonardo Bargigli, Lo stallo del mercato mondiale tra integrazione e scenari di rottura, che mette in evidenza che le statistiche per il periodo post pandemico presentano una forte ripresa del commercio internazionale e pone (p.40) l’interrogativo: Qual è quindi lo stato odierno del mercato mondiale? Come io ho interpretato in queste righe c’è una risposta:

«Se la “rottura del mercato mondiale” è, allo stato dei fatti, uno scenario potenziale e non una realtà conclamata, dato che il livello degli scambi resta elevato e non si assiste ad una ondata generalizzata di politiche protezionistiche, come possiamo definire la situazione attuale?

A mio parere, è opportuno definirla come una rottura “nel” mercato mondiale, determinata dallo sforzo aggressivo dei Paesi imperialisti per mantenere la propria egemonia sul sistema degli scambi internazionali (p.43)».

Interessante e da approfondire soprattutto il fatto che è in corso una «“crisi della globalizzazione”, ma non, allo stato dei fatti, di “deglobalizzazione (p.43)”». Colgo quindi che sono in corso evoluzioni che sono in formazione per nuove articolazioni del capitalismo a livello mondiale e non ed è da considerare il ruolo dei paesi del Brics che comunque rappresentano un’area finanziaria-economica che si contrappone agli Usa. In questa sezione seguono altre quattro relazioni, è interessante, La Giungla contro il giardino, di Giorgio Gattei che alla sua relazione antepone una breve dichiarazione del 14 ottobre 2022 di Josep Borrel, rappresentante Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, alla quale segue una replica obiettivamente dell’Autore della relazione “Ma io sto con la giungla” (Tarzan, in data incerta). Eccola:

«Si, l’Europa è un giardino, ma la maggior parte del resto del mondo è una giungla che potrebbe invadere il giardino (p.47)».

L’insieme non è affatto chiaro, ma non è questo il punto. Citare Borrell che è conclamato che è impegnato nell’economia di guerra dell’Ue è stata una scelta che non condivido perché Borrell vuole aumentare le spese militari nei paesi Ue e, secondo me, aver dato titolo a questo volume con una sua dichiarazione non è stato bello, ma è un mio giudizio. Leggendo la relazione, non condivido «che la Russia di Putin, nell’immaginario occidentale, altro non è se non la prosecuzione di quella Unione Sovietica che aveva dato del filo da torcere agli stati Uniti lungo tutto il periodo della guerra fredda».

Premesso che Putin è anticomunista conclamato e, ricordiamolo, che Gorbaciov, penultimo segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica dal 1985 al 1991, ha avuto con gli Stati Uniti ottime relazioni non solo diplomatiche ma anche di economia e di finanza nonché per business vari e “l’immaginario collettivo”, che io però non colgo pienamente che sia tale, è comunque vuoto anche perché il grande pubblico sa bene che di Gorbaciov tutto si può dire ma non che sia stato un comunista bensì un infiltrato nell’ex partito comunista russo.

La terza sezione, Lo scontro tra blocchi come necessità – la guerra come possibilità, presenta sette relazioni ed è molto interessante, La guerra d’Ucraina come guerra d’egemonia imperiale, di Ernesto Screpanti, ecco alcune righe sulle quali è bene riflettere:

«Quanto alla funzione di sceriffo globale, è vero che gli Stati Uniti hanno ancora le più potenti forze armate del mondo e sono il paese che investe di più nella spesa militare, però questo vantaggio riguarda in primis l’armamento atomico. Il quale vale soltanto come deterrente, e non può essere usato né nelle guerre tra grandi imperi, né per mettere in riga gli Stati canaglia. Non è un caso che, a partire almeno da quella del Vietnam, gli Stati Uniti hanno perso quasi tutte le guerre. Bisogna riflettere su questo fatto. Pur avendo le più potenti forze armate del mondo, gli americani e i loro alleati non sono riusciti a vincere in Vietnam, ad esempio, né in Afghanistan, né sembra che stiano vincendo nella guerra che stanno combattendo per interposta Nazione in Ucraina. Insomma, stanno dimostrando in misura crescente l’incapacità di svolgere bene la funzione di sceriffo globale (p.231)».

Ho scelto su queste poche righe per presentare qualche osservazione sul tema che è importante. Gli Stati Uniti sono perdenti, ma hanno prodotto in questi decenni centinaia di migliaia di vittime con le loro guerre e la pace nel mondo è oggi obiettivamente un orizzonte non raggiungibile, ciò nonostante, la ricerca non si deve fermare mai e quindi vanno analizzati i contesti di guerra compreso quello corrente che presenta l’Ue come uno strumento di economia di guerra. Per gli Stati Uniti avere armamenti atomici potrebbe essere forse non decisivo ma un conflitto atomico potrebbe essere la fine di tutti noi anche se questo ai grandi del mondo non interessa.

La quarta sezione, l’ultima, Le crisi che logorano la supremazia di Stati Uniti e Unione Europea, presenta 6 relazioni e quella, Dove sta andando l’Unione Europea? di Marcella Grasso presenta un’ottima delineazione del contesto dell’Ue:

«Se si osserva l’attuale livello di contraddizione che sta attraversando l’area euroatlantica e le soluzioni che questa sta cercando di esprimere, sembra emergere una gestione complessivamente emergenziale e improvvisata che suggerisce una difficoltà di individuazione di una chiara e solida strategia per il futuro. Sembrerebbe, infatti, che quest’area si stia interrogando sulle problematiche strategiche che stanno emergendo, producendo un continuo di tentativi scoordinati che non lasciano (almeno per il momento) prefigurare un progetto strategico. Questi tentativi sembrano poi produrre per lo più ipotesi di soluzione che, lungi dal proporre una seria messa in discussione sistematica, si presentano sostanzialmente in continuità con le scelte che hanno portato alla condizione attuale. In questa situazione, l’Unione Europea è forse quella che più di tutti ha la necessità di interrogarsi su una strategia di medio e lungo periodo, in considerazione del suo stato attuale e degli input e delle minacce che provengono dall’esterno: in tal senso, nell’analisi sul “dove sta andando l’UE”, il punto di domanda finale è attualmente d’obbligo” (p.247) ».

Ottimo quadro della fase in corso, ma è da dire subito che è da tempo che l’Ue ha messo in archivio le epocali motivazioni della sua nascita e della sua formazione per essere oggi esclusivamente uno strumento operativo delle multinazionali che guarda caso hanno quasi tutte le loro sedi a Bruxelles dove ha sede la Commissione Ue ed è qui che le multinazionali svolgono con le loro relazioni ordinarie i vari business con le agenzie Ue.

Si ricorda che grazie all’Ue le multinazionali fino ad oggi alla grande, hanno beneficiato delle privatizzazione delle aziende statali e di quelle a partecipazioni statale, ma oggi questi processi economici-finanziari si sono quasi conclusi e l’Ue, istituzionalmente ha scelto da alcuni anni di mettere in corso processi sistemici di economia di guerra obbligando gli Stati membri ad aumentare le spese militari e nell’insieme sta rilanciando quei focolari di guerre conclamate come il conflitto Ucraina-Russia e, ricordiamolo, niente ha fatto sul genocidio di Gaza da parte di Israele.

Se vogliamo essere di contrasto alle guerre che comunque sono alle porte dell’Europa o vicine, oggi si deve contrastare l’Ue., cosa non impossibile ma non lo si vuole fare da parte dei partiti borghesi come Pd, Verdi e per certi aspetti anche formazioni di Sinistra che siedono nel parlamento europeo come il The Left anche se ha votato contro Ursula Von der Leyen come Presidente della Commissione europea.

In finale uno sguardo complessivo per cogliere le osservazioni presentate in una prospettiva generale. Essere comunisti oggi, è davvero difficile soprattutto per avere informazioni non filtrate dai media ordinari almeno per chi non fa parte di collettivi e/o movimenti/partiti.

Come ho detto all’inizio la diaspora comunista è in corso e non si esaurisce ma s’ingrossa sempre di più almeno come colgo io, ma questo non è l’unico problema, perché il problema più grande e che non ha soluzioni ma soltanto delle opportunità che si presentano di tanto in tanto, è la comunicazione tra comunisti e tra comunisti e l’insieme della società e quest’ultima presenta percorsi politici in generale accidentali e soprattutto minati con trappole piazzate, come dire, idealmente dal capitalismo corrente.

Ecco allora che la Rete dei comunisti con le sue attività editoriali rappresenta una spiaggia per incontri e confronti che sono importanti anche perché il comunismo in sé è un insieme di quadri teorici-ideologici indistruttibili e questo libro con tutta la sua maglia di temi rilancia ricerche e approfondimenti e richiede nuovi contributi al di là naturalmente di queste mie umili osservazioni che arricchiranno il quadro culturale comunista che c’è nella società anche se è continuamente ombreggiato.

Il sottotitolo del libro, Modo di produzione capitalistica e frammentazione del mercato mondiale, è un tema cruciale anche perché il lavoro tende ad essere sempre più “sfruttamento”, un esempio è che non si è voluto fare in Italia una legge che stabilisca che con meno di € 9 all’ora non è lavoro legale ed è soltanto sfruttamento della forza lavoro fuori dai contratti collettivi.

Come leggiamo, le relazioni al di là dei vari distinguo come le “statistiche” delle quali ho già detto, c’è una frammentazione del mercato mondiale che è obiettivamente anche alimentata dai paesi facenti parte del Brics che rilanciano mercati paralleli che aiutano la formazione di nuove crisi. Gli Stati non intervengono più nelle loro economie e quindi servizi e produzioni sono sempre realizzati con organizzazione di aziende private gestite e controllate dai mercati finanziari. Ciò nonostante, penso che i comunisti se s’impadronissero degli Stati l’economia cambierebbe. Ovviamente è tutto da organizzare ma intanto è bene sapere come il capitalismo si sta evolvendo e questo libro aiuta a capire i processi in corso.

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