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C’era una volta la disuguaglianza. La notizia è che c’è ancora

La scala sociale non conosce a Fontamara che due piuoli: la condizione dei cafoni, raso terra, e, un pochino più su, quella dei piccoli proprietari. Su questi due piuoli si spartiscono anche gli artigiani: un pochino più su i meno poveri, quelli che hanno una botteguccia e qualche rudimentale utensile; per strada, gli altri.

Durante varie generazioni i cafoni, i braccianti, i manovali, gli artigiani poveri si piegano a sforzi, a privazioni, a sacrifici inauditi per salire quel gradino infimo della scala sociale; ma raramente vi riescono.

La consacrazione dei fortunati è il matrimonio con una figlia di piccoli proprietari.

Ma se si tiene conto che vi sono terre attorno a Fontamara dove chi semina un quintale di grano, talvolta non ne raccoglie che un quintale, si capisce come non sia raro che dalla condizione di piccolo proprietario, penosamente raggiunta, si ricada in quella del cafone.

(Io so bene che il nome cafone, nel linguaggio corrente del mio paese, sia della campagna che della città, è ora termine di offesa e dileggio; ma io l’adopero in questo libro nella certezza che quando nel mio paese il dolore non sarà più vergogna, esso diventerà nome di rispetto, e forse anche di onore.)

* da “Fontamara” – ripreso in Beh, Buona Giornata

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