Ci lascia a 78 anni David Lynch. Genio visionario, prestigiatore dell’immagine e demiurgo del cinema contemporaneo.
I suoi film sembravano nascere dal linguaggio oscuro dell’inconscio. Mettevano in scena i nostri incubi e i nostri desideri più indicibili, quelli da cui spesso rifuggiamo.
Angoscia, claustrofobia, delirio, violenza, deformità fisica e morale. Ma anche ironia noir e leggerezza surreale.
Non disgiunte però da una critica durissima alla società americana, alle sue feroci derive, ai suoi eccessi psicotici.
Alle sue deturpazioni mercantili e alle perversioni di una spettacolarità ridotta ormai a flauto magico dello star-system.
Strepitoso il suo Eraserhead, che lui stesso definì «Un sogno di cose oscure e ingarbugliate». Uno dei suoi primi cortometraggi The Alphabet fu, per il mondo del cinema, ciò che era stata l’incursione della fissione nucleare nella fisica moderna.
La sua visionarietà in sospeso tra l’onirico, l’espressionistico e il grottesco ricorda i quadri di Francis Bacon.
Il suo stile unico sapeva sparigliare le carte del linguaggio cinematografico disseminando incertezze amletiche e inquietudini.
A volte irritando, come nel caso dell’ultimo Inland Empire. Il più delle volte sprofondando lo spettatore in una fascinazione malata.
Un contagio pestilenziale che faceva somigliare il suo mondo alla scena teatrale e crudele di Artaud. Per alcuni un mito. Per altri un contorto rimestatore di arzigogoli psichici.
Se ne va comunque un Maestro. Oggi, al Teatro del Club Silencio sulla Mulholland Drive piange la Llorona: “No hai banda. No hai orchestra”.
Da oggi siamo ancora più poveri.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
Giuseppe
Comunque sarebbe “Lynch”…
Vincenzo Morvillo
Mi pare evidente il refuso caro Giuseppe