“Un errore sommato a un altro errore non dà il risultato giusto; e se le cose fossero così, allora quello che è successo a Efrat e Miriam ad Auschwitz sarebbe stato giusto? Quando la smetteremo di approfittare delle debolezze e degli errori degli altri?
Queste vecchie parole sono già logore, queste equazioni cariche di inganni. Una volta dite che i nostri errori giustificano i vostri, un’altra che all’ingiustizia non i pone rimedio con una nuova ingiustizia.
Vi servite del primo ragionamento per giustificare la vostra presenza qui, e del secondo per evitare le conseguenze di ciò che avete fatto. Mi pare che ve la spassiate un mondo con questo gioco divertente, ed ecco che anche tu cerchi di nuovo di fare della nostra debolezza il tuo cavallo di battaglia.
No, non ti voglio parlare come se tu fossi arabo, ora più che mai so che l’uomo vive per la propria causa, e non per il sangue e la carne ereditati da generazione in generazione, non è come la carne in scatola, comprata in un negozio.
No, ti parlo perché penso che in fin dei conti sei un essere umano; sei un ebreo o quello che vuoi, ma devi capire come stanno le cose. Io so che un giorno capirai queste cose, e ti renderai conto che il delitto più grande che possa commettere un uomo, chiunque esso sia, è quello di credere anche per un solo istante che la debolezza e gli errori degli altri gli diano il diritto di esistere a spese loro e di giustificare i propri errori e i propri crimini.”
Ghassan Kanafani, “Ritorno a Haifa”, a cura di Isabella Camera d’Afflitto, Edizioni Lavoro, 2023, pag. 53, prima edizione in lingua araba 1969).
Ghassan Kanafani (1936-1972), poeta, romanziere, giornalista palestinese, le sue opere sono state tradotte e pubblicate in moltissimi paesi. Portavoce del FPLP, fu assassinato l’8 luglio del 1972 a Beirut.
Fu ucciso in un attentato con un’autobomba piazzata dal Mossad, i servizi segreti israeliani. La bomba esplose non appena lui si mise in moto, uccidendo sul colpo Kanafani e sua nipote Lamis Najim, di soli 17 anni, che si trovava con lui.
Considerata una autorevole voce di spicco anche sul piano culturale e diplomatico, Israele lo riteneva molto pericoloso, le sue opere erano seguite dai palestinesi della diaspora. L’attentato fu parte della campagna israeliana di eliminazione mirata contro dirigenti e intellettuali palestinesi considerati influenti nella resistenza.
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