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Buonanotte Washington!

Questo è il caso della potenza indiana, che sebbene non fosse un’alleanza d’acciaio, aveva negli anni mantenuto una forte collaborazione con gli Stati Uniti sia nel carattere economico che in quello militare, una partnership soft basata sul reciproco interesse e sul ruolo di neutralità e autonomia che l’India giocava nell’area. La sua entrata nell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai cambia e spariglia le carte nel continente asiatico. Nuova Deli si aggiunge all’asse Mosca – Pekino, e lo fa a ragion veduta, non è casuale che questa scelta avvenga a fronte di un consolidamento senza precedenti negli interscambi commerciali con la Cina.

Nel 2000 il volume degli interscambi commerciali con Pechino ammontava a 3 miliardi di dollari, nel 2010 è arrivato a 60 mld. e per il 2015 si prevede di sforare i 100 mld. D’altro canto i rapporti con Mosca sono cresciuti in questi anni arrivando a un livello di cooperazione in campo militare senza precedenti. Cito come esempio il fiore all’occhiello dell’aviazione russa, il caccia di quinta generazione che vedrà la luce come prototipo entro la fine del 2011: verrà costruito da un consorzio misto russo indiano e rappresenterà la più importante cooperazione militare nella storia dei due paesi che ammonterà a un valore di 12 mld. di dollari…

L’intesa sui temi economici e finanziari tra i tre paesi si era palesato agli occhi dell’opinione pubblica con la costituzione del gruppo Bric (Brasile, Russia, India e Cina), recentemente allargato al Sudafrica; il gruppo Bric ufficialmente non ha mai trattato temi politici, è nato come tavolo di confronto tra paesi emergenti sulle riforme dell’impianto finanziario globale, l’azione politica del Bric era il riflesso dell’elaborazione di un nuovo sistema economico basato sul superamento dell’egemonia del dollaro come moneta di riserva e di riferimento nelle transazioni internazionali. Ora però tutto diviene molto più nitido e pericoloso, gli assetti economici assumono valori materiali, geopolitici, concrete minacce di trasformazioni che sono già in atto. La stampa internazionale tace, forse è rimasta basita o teme le ire di chi sta pregando e non vuole essere disturbato.

Ricordiamo per completezza del’attuale scenario che va conformandosi che nell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai, che comprende le sopracitate potenze e ed è formato anche da paesi asiatici ex Urss quali Kazakistan, Kirgikistan, Uzbekistan e Tagikistan, l’aspetto di cooperazione militare è ben più strategico di quanto non venga palesato. L’OCS nacque non casualmente come risposta alle crociate neocons dell’imperialismo nordamericano in Afghanistan e Iraq e il suo sviluppo nel suo impianto legislativo e statutario riflette la risposta all’espansionismo della Nato e al proliferare delle Rivoluzioni colorate in campo ex Urss oramai peraltro assai sbiadite.

L’entrata dell’India nell’OCS rappresenta pertanto una scelta di campo che avrà ripercussioni nel breve e medio periodo su tutta l’area asiatica. Solo oggi comprendiamo il perché della discesa a Nuova Deli di Obama nel mese di novembre al cui seguito 215 imprenditori hanno lasciato sul selciato contratti per 10 mld di dollari, e la conseguente visita di Wen Jaobao al cui seguito 400 impresari hanno controfirmato accordi per ben 16 mld, chiudendo così anche formalmente la partita dell’asta pubblica…

L’amministrazione Obama a questo punto rischia di essere definitivamente allontanata dallo scacchiere eurasiatico, dove già molte pedine, storicamente alleate, mostravano insofferenza e senso di inquietudine verso un’alleanza divenuta più un peso che un’opportunità, è il caso ad esempio della Turchia, che guarda con interesse a un proprio ruolo nell’area mediorientale e all’alleanza con Mosca che sta conducendo benefici sul piano energetico e strategico del Caucaso; è anche il caso dello stesso Pakistan il cui status di paese osservatore nell’OCS è destinato a rimanere tale salvo un capovolgimento nel suo eterno rapporto di forza con Washington fatto di sotterfugi e inganni ma funzionale al mantenimento di uno status quo del ceto militare che vive sull’inganno e nelle contraddizioni dell’imperialismo.

Ciò che ora ci aspettiamo dall’Amministrazione Obama è una risposta sul piano militare, ammesso e concesso che sia in condizione di farlo; le provocazioni funzionali a fare salire la tensione nel continente, come accaduto recentemente nella penisola coreana fanno parte dell’artigianato locale di Washington, ma anche questa sarebbe una mossa scontata.

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