In programmail tentativo di «coordinare le loro posizioni sui principali problemi internazionali ed economici». Si dovrebbe dunque parlare di riforma del sistema monetario internazionale, squilibri commerciali e soprattutto Libia. Al summit, presieduto dal leader cinese Hu Jintao, partecipano la brasiliana Dilma Roussef. il russo Dimitri Medvedev, l’indiano Manmohan Singh e, per la prima volta, il presidente sudafricano Jacob Zuma.
Ed è arrivata subito la prima presa di posizione comune. I cinque (ormai oltre il 20% del prodotto interno lordo globale, ma già ora con la maggior parte della produzione manifatturiera) si sono dichiarati contrari all’«uso della forza» per risolvere la crisi in Libia e hanno criticato, insieme ad altri paesi in via di sviluppo, i bombardamenti della Nato.
In una bozza della dichiarazione che concluderà il vertice, i cinque hanno affermato di essere «seriamente preoccupati» per i recenti avvenimenti nel Medio Oriente e nel nord Africa, dove si sono sviluppati movimenti popolari contro i locali regimi autoritari, invitando invece al dialogo e al non intervento. Russia e Cina si sono in effetti astenute nel voto del Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha autorizzato l’intervento militare contro il colonnello Gheddafi. Il Sudafrica ha invece votato a favore ma domenica scorsa, nel corso di una visita a Tripoli, il presidente Jacob Zuma ha chiesto la fine dei raid aerei e avviato un tentativo di mediazione, una “road map” per il casate il fuoco.
I cinque «condividono i principio secondo il quale l’uso della forza deve essere evitato» per risolvere la crisi in corso. Quattro di questi paesi sono ormai democrazie riconosciute sul piano internazionale.
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