Alle dichiarazioni di Sarkozy ha fatto eco il portavoce del governo francese, Francois Baroin, secondo il quale “Il presidente ha sottolineato il fatto che la Francia ha fatto il suo dovere per la democrazia e per la pace in Costa d’Avorio, un Paese al quale siamo profondamente legati dalla storia”. “Le forze francesi hanno agito su richiesta delle Nazioni Unite e hanno sostenuto i caschi blu nei termini del mandato stabilito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Hanno agito perchè era necessario proteggere i civili di fronte ad una situazione di sicurezza e umanitaria che non smetteva di aggravarsi”.
Ma le denunce della Ong EveryOne Group che arrivano dalla Costa d’Avorio, affermano invece che le truppe francesi hanno dato un contributo al “lavoro sporco” dentro la ex colonia francese.
Ad Abidjan – si legge nel rapporto dell’Ong – “nel quartiere popolare di Yapougon, legato a Laurent Gbabo, bande armate di sostenitori del nuovo presidente Alassane Ouattara imperversano, compiendo ogni genere di atrocità, anche nei confronti di bambini, donne e uomini innocenti”. Si racconta anche di esecuzioni sommarie, aggressioni, stupri e saccheggi, nella zona di Vridi Canal. E si riferisce “di famiglie intere ostaggio di bande armate, minacciate di essere bruciarle vive”.
Secondo numerosi testimoni, che affermano di disporre di prove video e fotografiche, i militari francesi hanno partecipato attivamente all’arresto dell’ex presidente Gbagbo, cosa questa che smentirebbero le dichiarazioni del governo francese e dell’Unoci (la missione Onu), secondo la quale le truppe francesi non avrebbero partecipato all’arresto di Gbabo. Il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha nominato tre ispettori per indagare sulle violazioni umanitarie in Costa d’Avorio dopo la guerra civile che ha fatto seguito alle discusse elezioni presidenziali di novembre.
Il gruppo EveryOne, presente con una propria equipe nel paese, denuncia come la Costa d’Avorio così come le altre ex colonie francesi in Africa, sin dalla sua indipendenza nel 1960 è stato sottoposto ad una vessazione, perché il Paese fu costretto a versare al tesoro della Francia una percentuale superiore al 50% dei proventi di tutte le esportazioni”. Gli accordi post-coloniali, costringono queste nazioni a consultare il governo di Parigi prima di sottoscrivere intese commerciali con l’estero. “La Francia – dice ancora EveryOne Group – nell’ambito dei programmi di sviluppo ai paesi del terzo mondo, accorda prestiti a 14 paesi africani, da rimborsare alla scadenza con gli interessi. Il denaro, però, viene attinto dal fondo costituito dagli stessi paesi africani, con versamenti al tesoro francese tramite l’export. Così la Costa d’Avorio e gli altri 13 Stati africani francofoni si indebitano attingendo al proprio denaro”.
L’ex presidente Laurent Gbabo si era battuto contro i patti stipulati con la Francia. Al di là delle numerose e pesanti responsabilità che Gbagbo ha sulla coscienza, anche dal punto di vista dei diritti umani – sostiene l’Ong – la sua politica avrebbe avuto, almeno in teoria, la funzione di restituire al popolo ivoriano le proprie ricchezze, in contrasto con gli interessi francesi e avrebbero rappresentato un ostacolo al controllo da parte della comunità internazionale sul fiorente mercato del cacao e del caffè. “Ouattara – conclude EveryOne Group – si è mostrato sicuramente più manipolabile di Gbagbo. Ecco perché il futuro della Costa d’Avorio si presenta oggi ancora più incerto”.
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