Le esplosioni, le più forti udite finora nella capitale, hanno fatto tremare anche l’hotel dove risiedono i giornalisti della stampa estera, non lontano dal centro. Le detonazioni sono state sentite a cavallo della mezzanotte in diversi quartieri della città, presa di mira dallo scorso venerdì sera di intensi raid aerei.
Ancora una volta è stato colpito il complesso di Bab al-Aziziyah, usato da Muammar Gheddafi per le sue riunioni. Almeno 45 persone sarebbero rimaste ferite, 15 delle quali in modo grave, mentre altre risulterebbero disperse. L’ufficio stampa del governo libico ha condotto giornalisti sul luogo dell’attacco, dove erano al lavoro squadre di vigili del fuoco.
Le tre reti televisive di stato libiche – Libyan Tv, Jamahiriya e Shababiya – sono rimaste oscurate per circa mezz’ora dopo che alcune potenti esplosioni sono state udite nel centro di Tripoli a cavallo della mezzanotte.
Sembra abbastanza chiaro, e dovrebbe esserlo anche ai ciechi di casa nostra, che la motivazione ufficiale di questa guerra (“proteggere la popolazione civile”) è stata dimenticata strada facendo. Ora l’obiettivo esplicito degli attacchi è il regime change. Ove non si dimostrasse praticabile, visto che solo ora anche i media mainstream si accorgono che la “società civile libica” è invece a struttura tribale (alemno 100 tribù, ha scoperto Repubblica dopo oltre un mese di guerra), resta sempre la subordinata della divisione del paese in due o più parti. Divide et impera, secondo un comandamento millenario di ogni potere. Con buona pace delle “popolazioni civili” e del loro diritto all’autodeterminazione.
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