La Nato ha reso noto di aver affondato otto navi da guerra delle forze di Muammar Gheddafi, in Libia. Gli obiettivi sono stati centrati in una serie di raid questa notte sui porti di Tripoli, Homs e Sirte. L’ammiraglio Russell Harding, il vice comandante della missione Nato Unified Protector, ha ripetuto la litanìa che sta coprendo tutti i bombardamenti a tappeto lontani dal fronte di guerra: “tutti gli obiettivi della Nato sono di natura militare e direttamente legati ai sistematici attacchi del regime del Raìs contro i civili”: le otto navi affondate rientravano tra questi obiettivi. “In considerazione dell’escalation nell’uso della forza navale – ha continuato Harding – la Nato non ha avuto altra scelta che agire con decisione per proteggere la popolazione civile della Libia e le proprie forze marittime”. Gli attacchi aerei della Nato, oltre ad aver colpito il porto, secondo quanto ha riferito il regime, all’alba si sono concentrati anche su un’accademia della polizia nel sobborgo di Tajoura, nei pressi della capitale Tripoli già bombardato duramente nei giorni scorsi. L’ammiraglio Giampaolo Di Paola, presidente della Nato Military Commitee, in una conferenza stampa dopo cerimonia per 60esimo anniversario del Nato Defence College, ha parlato anche delle otto navi da guerra libiche affondate dalla Nato nelle ore scorse, precisando che si è trattato di “bersagli più che legittimi” che “stavano diventando una minaccia per la sicurezza”. Questa affermazione dell’ammiraglio Di Paola, è emblematica perché rivela la totale innocuità delle navi militari libiche che non erano ma “stavano” diventando una minaccia per la sicurezza (di chi non è dato saperlo). Ma le dichiarazioni della Nato, contrastano apertamente con quanto scriveva il Corriere della Sera due giorni fa relativamente alla marina militare libica. Secondo il Corriere infatti “Solo la marina sarebbe rimasta relativamente indenne ma non rappresenterebbe un rischio, tanto più che le unità sono per la maggior parte rimaste nei porti libici”, in pratica le navi militari libiche (ben poca cosa) non sono mai uscite dai loro porti e non hanno avuto alcun ruolo attivo nella guerra.
Osservando la dinamica dei bombardamenti della Nato in queste settimane, si ha la netta impressione che il loro obiettivo reale sia sempre più distante da quello dichiarato (la protezione civili) e sempre più attento a distruggere infrastrutture lontane al fronte di guerra (impianti petroliferi, centrali di telecomunicazioni, installazioni portuali, televisioni, uffici etc.). Qualora Gheddafi venga allontanato dal potere e un nuovo governo venga impiantato in Libia grazie alla Nato, il nuovo esecutivo si vedrà costretto a ricomperare e ricostruire un sacco di cose e dunque a tirare fuori un bel po’ di quei 120 miliardi di dollari dei fondi sovrani libici sul quale le banche inglesi, francesi, statunitensi ed anche italiane, hanno messo gli occhi e le mani essendo conservati nei loro caveu, attualmente sequestrati grazie alle sanzioni più veloci della storia dell’Onu e destinati ad andare e tornare rapidamente dalle casse pubbliche libiche in Europa e negli Usa. I maligni dicono che il riconoscimento politico e diplomatico così veloce del Cnt di Bengasi da parte di Francia, Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti sia stato funzionale a questa vera e propria rapina a mano armata. Per prendere i soldi di uno Stato (la Libia) questa volta hanno distrutto uno Stato e ne stanno costruendo uno del tutto nuovo e funzionale ai propri interessi. Non si può certo dire che le banche e le potenze imperialiste manchino di fantasia.
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